Topi da laboratorio, dove sono le alternative?
Ogni anno milioni di animali vengono sacrificati nel mondo in nome della scienza. In Svizzera le alternative alla sperimentazione animale non mancano. Questi metodi sostitutivi, auspicati anche dall’industria farmaceutica, faticano però a imporsi. Come mai?
È una cavia da laboratorio un po’ particolare quella di Barbara Rothen-Rutishauser, esperta di nanoparticelle. Pesa pochi grammi, è lunga una quindicina di centimetri ed è fatta in gran parte di plastica. Quello che ci mostra nel suo ufficio è il risultato di una lunga ricerca: un modello di polmone umano in tre dimensioni.
In una vaschetta di plastica con sei recipienti circolari, la ricercatrice dell’Istituto Adolphe MerkleCollegamento esterno di Friburgo ha ricreato il tessuto polmonare disponendo dei micro strati di cellule su una membrana permeabile. Una prima mondiale.
Barbara Rothen-Rutishauser ha iniziato a studiare gli effetti delle particelle presenti nell’aria e nei gas di scarico una quindicina di anni fa. All’epoca non c’erano dei veri e propri modelli in vitro che riproducevano in modo soddisfacente il tessuto polmonare, ricorda. «Gran parte degli esperimenti veniva condotta su ratti e topi».
Con il modello in 3D, che combina tre tipi di cellule, è oggi possibile studiare alcune reazioni del polmone, come le infiammazioni acute, e determinare la tollerabilità di una sostanza inalata. Ad esempio di potenziali medicamenti contro l’asma. «La ricerca non può rinunciare completamente agli animali. Con quest’alternativa si potrebbe però evitare il sacrificio di migliaia di cavie, soprattutto nella sperimentazione preclinica», spiega l’esperta.
Siamo ovviamente lontani dal tessuto originale e per ora non è possibile riprodurre la circolazione sanguigna e linfatica, puntualizza Barbara Rothen-Rutishauser. «I test hanno però evidenziato che i risultati ottenuti sono molto vicini a quelli osservati sugli animali». Inoltre, prosegue, i modelli in vitro costano meno e permettono di ottenere risultati in tempi più brevi, ciò che è nell’interesse dell’industria farmaceutica.
Meno animali con le 3R
Negli ultimi 30 anni, il numero di animali utilizzati a scopi sperimentali in Svizzera è drasticamente diminuito. Il calo è dovuto principalmente alla legislazione sulla protezione degli animali, tra le più rigorose al mondo, introdotta negli anni Novanta, indica l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAVCollegamento esterno).
In Svizzera si possono effettuare esperimenti sugli animali soltanto se non esistono metodi alternativi riconosciuti. Il ricercatore deve poi dimostrare che l’utilità per la società è maggiore rispetto alla sofferenza degli animali. E come nei paesi dell’Unione europea è tenuto ad applicare il cosiddetto principio delle 3R: sostituzione degli esperimenti sugli animali con metodi alternativi (Replacement), riduzione del numero di animali (Reduction) e perfezionamento dei metodi di ricerca scientifica (Refinement).
Ciononostante, «la Svizzera dovrebbe fare molto di più», ritiene Ernst B. Hunziker, responsabile scientifico della Fondazione Ricerche 3RCollegamento esterno, un organo per la promozione di metodi alternativi alla sperimentazione animale. «Dal 1987 abbiamo finanziato circa 130 progetti. Le richieste che riceviamo dall’industria e dal mondo accademico sono in costante aumento, ma i mezzi finanziari di cui disponiamo non bastano. Possiamo sostenere soltanto un progetto su dieci», indica a swissinfo.ch.
Un’occasione persa
Professore dell’Istituto di ricerca clinica all’Università di Berna, Ernst B. Hunziker deplora soprattutto un’asimmetria nell’allocazione dei fondi pubblici per la ricerca. La Confederazione, tramite il Fondo nazionale, eroga ogni anno 118 milioni per la ricerca che prevede esperimenti sugli animali, rileva. «Per la promozione di metodi 3R disponiamo invece di un budget di 500’000 franchi, garantito in parti uguali dall’USAV e dall’industria farmaceutica».
Anche la parlamentare vodese Isabelle Chevalley, all’origine di due interpellanzeCollegamento esterno in merito, sottolinea che «solo lo 0,4% delle sovvenzioni è destinato allo sviluppo e alla messa in atto di procedure prive di sperimentazioni sugli animali».
Altri paesi, tra cui gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, sono più attivi su questo fronte, osserva il responsabile scientifico della Fondazione Ricerche 3R. «La “piccola” Danimarca mette a disposizione un budget quattro volte superiore alla Svizzera». Secondo Ernst B. Hunziker, un’occasione è stata persa lo scorso anno, quando una proposta per un Programma nazionale di ricerca sui metodi 3R è stata respinta.
«Questo tema era in concorrenza con molti altri. Abbiamo fatto una selezione», spiega Claudine Dolt della Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRICollegamento esterno). La promozione delle 3R, aggiunge, non è solo una questione di soldi. «Bisogna agire su più livelli, anche nella formazione dei ricercatori».
Chi lavora sui metodi sostitutivi fatica a ottenere dei finanziamenti pubblici, insiste Barbara Rothen-Rutishauser. Per poter validare il suo polmone artificiale, stima, ci vorranno ancora 3-5 anni. Il suo auspicio è una produzione su larga scala tramite una stampante in 3D (“bioprinting”), una tecnica utilizzata anche per ricreare parti del corpo umano.
Altri sviluppi
Ricreare parti del corpo umano con una stampante
L’esempio dei cosmetici
Un metodo alternativo non deve solo dimostrare la sua efficacia scientifica. Deve anche essere riconosciuto dalle autorità preposte alla regolamentazione dei farmaci e dall’industria, fa notare Barbara Rothen-Rutishauser. «Solo così potrà essere integrato nel processo di sviluppo di un medicamento o nella ricerca sui rischi».
La Svizzera adotta le linee guida internazionaliCollegamento esterno, rammenta l’Istituto elvetico per gli agenti terapeutici Swissmedic. I modelli alternativi, spiega il portavoce Peter Balzli, vengono discussi dalla comunità scientifica e dall’industria sulla base della letteratura esistente. Spetta però alle autorità internazionali, ad esempio all’Agenzia europea per i medicinali, decidere del loro utilizzo.
Nel caso di altre sostanze, come i cosmetici o i prodotti chimici industriali, la pressione per sviluppare alternative agli animali è più grande, riconosce Peter Balzli. E anche l’Associazione delle aziende farmaceutiche svizzere attive nella ricerca (InterpharmaCollegamento esterno) sottolinea che per migliorare la protezione degli animali ci vuole «un dialogo franco» che coinvolga pure i rappresentanti politici.
L’esempio da seguire è quello che ha portato al divieto europeo di vendere cosmetici testati sugli animali, ritiene Barbara Rothen-Rutishauser. «In passato i prodotti venivano testati anche sui conigli. Ma in seguito a una direttiva europea del 2013, le aziende devono ora usare, per determinati test, delle colture cellulari in 3D del tessuto cutaneo umano».
Centro di competenza 3R
Due recenti sviluppi potrebbero comunque dare una spinta decisiva ai metodi alternativi. In risposta a un’iniziativa sottoscritta da un milione di persone, la Commissione europeaCollegamento esterno ha comunicato quest’estate l’intenzione di sostenere ulteriormente il principio delle 3R. E soprattutto di vietare, progressivamente, il ricorso agli animali.
In Svizzera, il governo ha dal canto suo proposto una serie di misureCollegamento esterno per promuovere lo studio di metodi alternativi. Tra queste, la creazione di un centro nazionale di competenze 3R e una migliore integrazione di questo principio nell’insegnamento superiore in scienze naturali e in medicina.
Un centro di competenze «potrebbe essere un buon passo avanti», commenta il direttore scientifico della Fondazione Ricerche 3R. «I soldi investiti oggi nei metodi alternativi potranno essere risparmiati domani riducendo il numero di animali», osserva Ernst B. Hunziker.
Industria e università, due tendenze
Il calo degli animali da laboratorio osservato dalla metà degli anni Ottanta in Svizzera cela due tendenze contrapposte. Mentre nell’industria c’è stata una diminuzione, nella ricerca universitaria il ricorso alla sperimentazione animale è aumentato. Nel 2012, il numero di animali impiegato da scuole universitarie, politecnici e ospedali ha superato per la prima volta quello dell’industria.
«L’evoluzione non è legata all’aumento di studenti e ricercatori universitari, ma all’introduzione di nuove tecnologie, come ad esempio gli organismi geneticamente modificati», spiega Ernst B. Hunziker, direttore scientifico della Fondazione Ricerche 3R.
L’industria, dal canto suo, ha ridotto gli esperimenti su animali nel campo dello sviluppo, dell’autorizzazione e del controllo dell’efficacia e della qualità. «L’attività di routine in laboratorio si avvale di numerose tecnologie che rendono superfluo l’utilizzo di animali», indica Thomas Cueni, segretario generale dell’Associazione delle aziende farmaceutiche svizzere attive nella ricerca (Interpharma).
A questo si aggiunge il fatto che l’industria non svolge tutti i suoi progetti di ricerca in Svizzera e che alcuni esperimenti sugli animali sono stati esternalizzati nelle scuole universitarie, rileva un rapporto del governo svizzero.
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