Tamiflu tra salute, politica e soldoni
Il rimedio che dovrebbe salvare il mondo dalle pandemie di influenza equivarrebbe a poco più di un'aspirina? Questa almeno è la conclusione di un grande studio internazionale pubblicato il mese scorso. Il caso del Tamiflu appare fuori dall'ordinario, per le somme in gioco, e al contempo banale, per i legami tra chi produce i medicamenti e chi li prescrive.
Tredici miliardi di franchi svizzeri: è grosso modo il fatturato del Tamiflu dal suo lancio nel 1999 fino all’inizio di quest’anno. Ma è impossibile sapere quanto abbia effettivamente fruttato alla Roche. La società farmaceutica svizzera “non pubblica i costi di produzione e di sviluppo”, spiega Nicolas Dunant, responsabile della comunicazione della multinazionale. Quel che è invece certo è che parte dei proventi del farmaco va ancora alla società californiana che lo ha inventato.
Dal 2004, quando il Tamiflu diventa una gallina dalle uova d’oro, i media si interessano alla fortuna che il farmaco può fruttare a un certo Donald Rumsfeld, all’epoca segretario della Difesa di George W. Bush. Tra il 1997 e la sua nomina a capo del Pentagono, nel 2001, è stato presidente della Gilead. Quando arriva al governo degli Stati Uniti ricusa se stesso da qualsiasi decisione inerente la società californiana, mantenendo comunque un bel pacchetto di azioni. Tra 5 e 25 milioni di dollari, secondo la CNN, la quale nell’ottobre 2005 ha stimato che il Tamiflu avesse allora già gonfiato il patrimonio personale di Rumsfeld di almeno un milione. La rete televisiva americana ha anche rammentato che altri pesi massimi repubblicani hanno grossi interessi nella Gilead, qualificata da un analista di San Francisco come “biotech con le migliori connessioni politiche”.
Per Rumsfeld, che ha fatto parte del governo Ford negli anni ’70, non è una prima. Era lui che nel 1981 presiedeva il gruppo di Searle, produttore dell’aspartame, quando la FDA ha deciso di autorizzare il dolcificante molto controverso negli Stati Uniti. Un abile lavoro di lobby, ha premiato il gruppo Searle con 12 milioni di dollari, ha rivelato nel 1985 il Chicago Tribune.
Nel 1996, la Roche acquista dalla Gilead la licenza dell’oseltamivir fosfato, la molecola con proprietà antivirali ottenuta dall’anice stellato al termine di complesse reazioni chimiche. La Roche paga 50 milioni di dollari alla Gilead e si impegna a versarle tra il 14 e il 22% del ricavato netto delle vendite, in base al volume. Vendite che faticano a decollare, cosicché l’accordo degenera in un conflitto che durerà fino al 2005. Nicolas Dunant non vuole soffermarsi su “una questione legale alquanto complicata”, ma indica che “una delle ragioni del conflitto era che le vendite all’inizio erano basse”.
Gli allarmi di pandemia di influenza aviaria negli anni 2004-2007 e suina nel 2009-2010, la frenesia dei governi di immagazzinare scorte di Tamiflu, promosso come rimedio miracoloso e iscritto sulla lista dei farmaci essenziali dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), alimenteranno le teorie del complotto. I più paranoici parlano di pandemie inventate per gonfiare i profitti della Roche (e quelli della Gilead). Tanto più che alla fine, i cataclismi annunciati in realtà fanno qualche centinaio di morti, ossia molto meno di un’influenza stagionale.
Efficace?
“Eppure c’è veramente stato un principio di pandemia, ma semplicemente non si è diffusa. Siamo stati fortunati, osserva il dottor Bertrand Kiefer, caporedattore della Revue Médicale Suisse. Col senno di poi, si può dire che si è gridato al lupo per niente. Ma i virologi seri restano convinti che si tratta di un grave pericolo, che il rischio era molto difficile da valutare a quel momento e che è stato sfiorato”.
Ma in caso di pandemia, il Tamiflu sarebbe davvero stato utile? L’OMS è convinta di sì. “Abbiamo raccolto i risultati di 78 studi riguardanti più di 29mila pazienti di 38 paesi durante l’influenza suina, spiega Gregory Härtl, portavoce dell’organizzazione con sede a Ginevra. E abbiamo visto che il tasso di mortalità tra coloro che hanno preso un inibitore della neuraminidasi [classe alla quale appartengono il Tamiflu e il Relenza della GlaxoSmithKline] meno di 48 ore dopo l’infezione era inferiore del 25%. Ciò indica che questi medicinali sono molto efficaci contro le influenze non tipiche”.
Ammettendo di essere “stato il primo a credere che il Tamiflu fosse efficace, in particolare per prevenire le gravi complicanze dell’influenza”, Bertrand Kiefer giudica oggi, alla luce dei nuovi dati, che il medicamento della Roche “non è veramente utile, mentre ha parecchi effetti collaterali, che sono seri”.
Altri sviluppi
Invisibili
Guerra di dati
Il 10 aprile scorso, la Cochrane Collaboration (una rete indipendente di 24mila medici e professionisti sanitari ripartiti in più di 120 paesi), ha pubblicato sul British Medical Journal quella che chiama “la revisione sistematica più solida e più completa sugli inibitori della neuraminidasi”. Il suo verdetto è senza appello: “il Tamiflu riduce di mezza giornata la durata dei sintomi influenzali, ma non ci sono prove convincenti secondo cui permette di ridurre le ospedalizzazioni o le complicanze”.
Di conseguenza, il quotidiano The Guardian ha fatto dei calcoli riguardo agli effetti collaterali. “Se si dà il Tamiflu a un milione di persone, 45mila vomiteranno, 31mila avranno mal di testa e 11mila disturbi psichiatrici”, ha scritto il giornale britannico. “E ricordatevi, che ne avevamo immagazzinato per l’80 % della popolazione. Ciò che rappresenterebbe un bel po’ di vomito”, aggiunge con il tipico senso dello humor inglese.
Per raggiungere le proprie conclusioni, la Cochrane Collaboration ha esaminato tutti i dati accessibili sul Tamiflu, tra cui quelli che la Roche ha impiegato quattro anni per trasmetterglieli. Perché quattro anni? “Era una richiesta completamente inedita. Non si possono trasmettere queste informazioni a chiunque. Ci sono questioni di protezione dei dati”, spiega Nicolas Dunant , aggiungendo che il gruppo farmaceutico nel frattempo ha cambiato la sua politica di condivisione dati e ora affida questo tipo di domande a un comitato di esperti indipendenti.
Tuttavia, la Cochrane non ha incluso tutti i dati nella revisione. “Hanno scartato alcuni studi interamente finanziati dalla Roche”, dice Bertrand Kiefer. Studi che erano i più favorevoli al Tamiflu. “Non rispettavano gli standard, prosegue il medico. Ad esempio, si affermava che il medicamento migliora lo stato dei polmoni, semplicemente sulla base di un questionario riempito dal paziente, senza avergli fatto una radiografia. E in certi studi, Tamiflu e placebo avevano colori diversi, ciò che non è ammissibile”.
Per la Roche, la selezione operata dalla Cochrane è un argomento per respingere in blocco le conclusioni della rete indipendente. “Quello che è veramente rilevante per noi non è la Cochrane, è il verdetto di 100 autorità di omologazione dei medicamenti in tutto il mondo, come anche dell’OMS, che tutte raccomandano il Tamiflu”, riassume Nicolas Dunant.
Influssi
Bertrand Kiefer è di parere esattamente opposto. “La Cochrane Collaboration è una delle più serie autorità scientifiche al mondo. Dunque bisogna avere più fiducia in essa che nelle agenzie nazionali di omologazione dei medicamenti”, sostiene.
E l’OMS? È davvero così impermeabile agli influssi come dovrebbe essere l’istanza chiamata a vigilare sulla salute del mondo? Presso la sede dell’organizzazione si nega che la Roche abbia potuto esercitare una qualche forma di lobbying a favore del Tamiflu. E la multinazionale basilese lo refuta con la stessa fermezza.
“Penso che non ci sia alcuna prova che l’OMS sia stata oggetto di lobbying diretta da parte della Roche, dice Bertrand Kiefer. Il problema è che non ci sono abbastanza esperti completamente indipendenti, poiché tutti ricevono soldi dall’industria farmaceutica, personalmente o per le proprie ricerche. Per quanto riguarda l’OMS, non avevano trasparenza. Hanno detto di aver stilato l’elenco di tutti i conflitti di interesse dei loro esperti, le somme che hanno ricevuto, i congressi a cui hanno partecipato, eccetera. Ma si sono rifiutati di pubblicare quell’elenco”.
Il Tamiflu non sarebbe un caso isolato. I problemi di valutazione dell’efficacia dei farmaci sono comuni nell’ambiente. Quello che è eccezionale in questo caso, oltre alle colossali somme in gioco, è che “la maggior parte delle scorte di Tamiflu non è stata utilizzata. Quindi non si è potuto vedere cosa succede né fare un bilancio. E poi c’è stato anche un momento quasi di panico, in cui è stato detto ai governi: ‘se non lo comprate subito, non ce ne sarà più’. Ciò che non lascia veramente il tempo di valutare le cose con posatezza”.
Il tramonto
Tra il 2016 e il 2017, il brevetto del Tamiflu scadrà e si aprirà così la porta a potenziali generici. Preoccupante per la Roche? “Assolutamente no. È previsto da tempo e comunque l’anno scorso ha rappresentato solo l’1% delle nostre vendite totali”, rispose Nicolas Dunant.
Bertrand Kiefer, dal canto suo, non vede futuro per l’oseltamivir fosfato, indipendentemente dalla marca sotto la quale è venduto. Per contro, spera che “la ricerca avanzi, perché non c’è ragione per cui non si possa trovare un farmaco efficace contro l’influenza”.
Sindromi simil-influenzali possono essere causate da tutti i tipi di virus che danno febbre e altri sintomi che sono spesso scambiati per quelli dell’influenza, ma non lo sono.
L’influenza stagionale si verifica in inverno. È l’influenza “vera”, causata dal virus influenza, che muta spesso. Colpisce seriamente l’organismo per diversi giorni. Può portare alla morte bambini, anziani o persone debilitate.
La pandemia è caratterizzata dalla comparsa di un nuovo ceppo del virus, altamente contagioso, contro cui le persone non sono protette e che colpisce vaste aree del globo o perfino tutto il mondo. Ve ne sono state almeno tre nel 20° secolo: l’influenza spagnola (1918-19, da 50 a 100 milioni di morti), l’influenza asiatica (1957, da 1 a 4 milioni di morti ), l’influenza di Hong Kong (1968, da 1 a 2 milioni di morti).
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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