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Twitter molto in auge anche tra presidenti

Il presidente statunitense Barack Obama utilizza Twitter già da oltre due anni per comunicare con la popolazione. Keystone

Consacrato dalla rivoluzione tunisina e dall'attuale rivolta in Egitto, Twitter viene utilizzato sempre più anche dai governi. Una tendenza in crescita analizzata nel dettaglio dallo specialista Matthias Lüfkens durante la Conferenza Lift di Ginevra dedicata al mondo della rete.

La 6a edizione della Conferenza Lift incentrata sulle innovazioni digitali e il loro impatto sulle società non ha certo potuto evitare di parlare dei social network – le reti sociali – e il loro importante ruolo nelle rivolte che stanno attualmente scuotendo il mondo arabo.

Lo svizzero Matthias Lüfkens, ex giornalista e attuale responsabile del settore reti sociali in seno al Forum economico mondiale, ha illustrato come sempre più capi di stato utilizzino Twitter, la rete sociale più veloce, per seguire, comunicare o addirittura influenzare il corso di eventi come la rivoluzione tunisina o quella egiziana.

Swissinfo.ch lo ha intervistato.

swissinfo.ch: Come utilizzano Twitter i governi?

Matthias Lüfkens: Una sessantina di governi ricorre attualmente a questo social media con profili personali del loro presidente o del primo ministro. In Svizzera, però, nessun membro del governo (Consiglio federale) ne ha aperto uno su Twitter.

Per studiare questa tendenza emergente, mi sono concentrato sui paesi membri del G20. Tredici tra loro hanno capito l’utilità di Twitter per la comunicazione personalizzata.

Barack Obama era già attivo su questo mezzo di comunicazione durante la campagna presidenziale. Oggi 6 milioni di persone abbonate lo seguono regolarmente. Il presidente russo Dimitri Medvedev ha iniziato nel giugno del 2010, aprendo un profilo personale in inglese e uno in russo.

Uno degli ultimi profili Twitter aperti da presidenti è quello di Nicolas Sarkozy settimana scorsa. Il presidente e il suo staff hanno sicuramente compreso che un profilo personale è indispensabile almeno per rimanere in contatto con gli omologhi del G20, presiduto quest’anno proprio dalla Francia. Come qualsiasi altro utente della rete, circa 200 milioni in tutto il mondo, i capi di stato possono inviarsi dei messaggi che gli altri non possono leggere.

swissinfo.ch: I presidenti e i capi di stato occidentali sono aggiornati su come utilizzare questo mezzo di comunicazione istantanea?

M.L.: A livello continentale, i loro omologhi in America del Nord e del Sud sono tra i più attivi ed esperti utilizzatori di Twitter.

Sia Dilma Rousseff, presidente del Brasile, sia la sua omologa argentina Cristina Kirchner o il presidente cileno Sebastian Piñera utilizzano Twitter con un tono molto personale improntato sul codice della conversazione. E anche il presidente venezuelano Hugo Chavez risponde spesso ai messaggi dei suoi «followers», che sono più di un milione.

Anche se, come per gli altri presidenti, non è Hugo Chavez in persona a scrivere i messaggi. Ma il collaboratore incaricato deve essere molto vicino al presidente per poter trasmettere la sua personalità. È un osservazione che vale per tutti gli staff presidenziali che utilizzano questo social network.

swissinfo.ch: Questo nuovo mezzo di comunicazione enfatizza dunque il processo di personalizzazione dei governi già in atto.

M.L: Esattamente. È diventato necessario affinché i profili Twitter di questi presidenti vengano seguiti e il loro messaggio diffuso.

swissinfo.ch : Ma invece di favorire la democrazia, questi nuovi mezzi di comunicazione non sarebbero piuttosto uno strumento demagogico?

M. L : È effettivamente un rischio. I nuovi raggruppamenti su Facebook e Twitter permettono anche ai governi di individuare l’emergenza di un movimento contestatario. Proprio per questo i servizi di polizia controllano dettagliatamente le reti sociali.

Ma queste reti favoriscono soprattutto una grande trasparenza tra cittadini e governi. Grazie a tali mezzi, la popolazione ha trovato un canale per interpellare i governi in modo diretto e pubblico.

È un discorso che riguarda tutti, come l’hanno d’altronde già capito anche le grandi marche economiche e i media tradizionali. 

I tempi in cui i governi dominavano i mezzi di comunicazione e d’informazione appartengono decisamente al passato. I social network rappresentano uno spazio pubblico e un nuovo contropotere in mano ai cittadini a livello nazionale, e addirittura internazionale, ma anche, e forse soprattutto, a livello di quartieri e di città. Queste reti permettono infatti di istituire un sistema democratico molto più diretto e partecipativo.

Lift11 si è tenuta dal 2 al 4 febbraio al Centro Internazionale di Conferenze a Ginevra.

Il motto della 6a edizione era «Cosa può fare per voi il futuro?»

Tra i temi proposti: «come riconquistare la propria vita privata esponendola in internet» dell’artista Hasan Elahi, «la lotta Google contro Facebook», dell’architetto e imprenditore David Galbraith, «reinventare le frontiere sotto l’impulso del web» del giornalista e tecnologo Ben Hammersley.

Altri interventi si sono concentrati sui nuovi modelli innovativi, i modelli di business e di finanziamento, la riorganizzazione degli spazi lavorativi e delle organizzazioni sociali o le comunità invisibili.

(traduzione e adattamento, Michela Montalbetti)

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