“Le considerazioni finanziarie non dovrebbero avere la priorità” nella crisi del coronavirus
Il Ticino pensa di aver raggiunto l'apice della crisi del coronavirus benché l'ondata non sia ancora finita, mentre nel resto della Svizzera il numero di nuove contaminazioni stagna. Le pressioni della lobby economica per allentare le restrizioni preoccupa il personale sanitario. Intervista all'infettivologo del Centro ospedaliero di Bienne, nel cantone di Berna.
“Finalmente ci sono più pazienti che tornano a casa che ricoveri in ospedale”: Charles BéguelinCollegamento esterno, infettivologo e capo reparto al Centro ospedaliero di BienneCollegamento esterno, non può invece ancora dire la stessa cosa dei suoi colleghi degli ospedali ticinesi.
L’ospedale regionale nel Seeland bernese è ancora pieno, ma non è sovraccarico, dice. Il dottor Béguelin è scettico sulle crescenti richieste della politica e dell’economia di un allentamento delle misure di emergenza.
swissinfo.ch: In Svizzera è stato raggiunto il picco delle infezioni?
Charles Béguelin: È difficile da valutare. Se le misure di protezione vengono allentate precocemente, c’è il rischio che il virus ricominci a circolare e che ci voglia ancora più tempo per ridurre il numero di infezioni.
swissinfo.ch: Giudica le nuove cifre non affidabili?
È evidente che con le misure adottate si sono potute contenere le infezioni. Tuttavia, noi e la maggior parte degli altri ospedali abbiamo ancora molti pazienti infettati dal coronavirus.
Desideriamo assolutamente impedire che ci sia una nuova ondata e che quindi si debbano ricoverare in ospedale ancora più pazienti contemporaneamente.
swissinfo.ch: Il danno economico causato dalla crisi è gigantesco. È proporzionato mantenere il blocco delle attività?
Le ripercussioni economiche colpiscono anche gli ospedali, che subiscono milioni di franchi di perdite finanziarie. Tutti gli interventi non urgenti o i controlli ambulatoriali sono stati sospesi da tre settimane. Ma in questa situazione, le considerazioni finanziarie non dovrebbero avere la priorità. Il nostro compito è di garantire l’assistenza sanitaria.
swissinfo.ch: Il Centro ospedaliero di Bienne è al limite delle capacità?
No, chiaramente no. Come gli altri ospedali, anche noi nelle ultime tre o quattro settimane abbiamo dovuto stravolgere tutta la gestione per poter offrire ai moltissimi pazienti affetti da Covid-19 sufficienti posti di cura e assistenza. Questo è stato uno dei fattori decisivi per il nostro successo nel tenere sotto controllo le infezioni e nel ridurre il numero di casi gravi.
In reparto abbiamo attualmente da 15 a 20 pazienti infettati dal coronavirus, oltre a sei pazienti sottoposti a terapie intensive. Normalmente questo corrisponde al limite per il nostro reparto di terapie intensive. L’ospedale ha però allestito altri tre posti supplementari, che non sono (ancora) occupati.
Il Cantone di Berna ha sviluppato un programma per coordinare l’offerta di posti di terapia intensiva negli ospedali. Finora, nessuno deve temere di non trovare posto in terapia intensiva se necessario. Ma in Ticino gli ospedali erano al limite per diversi giorni.
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Quanti letti d’ospedale ha la Svizzera nel confronto internazionale?
swissinfo.ch: Non si potrebbero autorizzare le aziende a riprendere le attività, a condizione che tutti i dipendenti indossino mascherine protettive?
Il maggior rischio di contagio è rappresentato dalle persone che tossiscono o starnutiscono: delle goccioline possono raggiungere direttamente o tramite contatti fisici – soprattutto strette di mani – la bocca o il naso o gli occhi di altre persone nelle vicinanze.
Chi si tiene a due metri di distanza e si pulisce regolarmente le mani, anche senza mascherina corre un rischio esiguo di essere infettato dai virus.
swissinfo.ch: Se le mascherine possono proteggere il personale curante, perché non proteggono il resto della popolazione?
Anche per il personale medico, il corretto uso del materiale protettivo non è così semplice. Lo si deve imparare e praticare. Chi non lo padroneggia, toglie la mascherina con mani contaminate, tocca l’interno e l’esterno e la rimette, esponendosi così a maggiori rischi.
swissinfo.ch: Lei indossa una mascherina protettiva fuori dall’ospedale, per esempio quando fa la spesa?
No.
Letteratura sull’uso della mascherina
Dopo aver analizzato la letteratura di ricerca, il quotidiano zurighese Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno è giunto alla seguente conclusione:
“In primo luogo, per gli operatori sanitari esposti dovrebbe essere utile indossare mascherine protettive.
In secondo luogo: non è chiaro quali sarebbero i vantaggi per il grande pubblico di indossare mascherine protettive, ma ciò potrebbe forse dare un contributo positivo se fossero disponibili in quantità sufficientemente e fossero utilizzate correttamente”.
swissinfo.ch: Un comitato di esperti dell’Accademia nazionale americana delle scienze la settimana scorsa, in una lettera, ha messo in guardia il governo degli Stati Uniti dalle infezioni causate dagli aerosol nell’aria che respiriamo. Dobbiamo temere anche questo?
Il problema degli aerosol che rimangono sospesi nell’aria per un certo tempo è noto in alcune altre malattie, come la tubercolosi.
Al momento non è possibile dire se il coronavirus può essere trasmesso in questo modo. Se fosse davvero così, una piccolissima parte delle infezioni potrebbe verificarsi in questo modo. Un pericolo del genere non esiste all’aperto.
swissinfo.ch: E negli spazi chiusi?
In ospedale quando intubiamo un paziente o trattiamo le vie respiratorie, oppure eseguiamo una gastroscopia, allora vengono diffusi aerosol, che si spandono nel locale. Il personale medico deve quindi proteggersi di conseguenza.
Ma per il resto non crediamo che gli aerosol siano un grosso rischio di infezione, né in ospedale né tanto meno all’esterno.
Come detto, chi si mantiene una distanza di due metri, non deve aver paura né delle goccioline né degli aerosol.
swissinfo.ch: E quale pericolo rappresenta il cibo? Posso contrarre un’infezione se consumo un peperone che un consumatore infetto ha precedentemente tenuto in mano e rimesso sullo scaffale?
Non posso dire che questo non sia assolutamente possibile. Ma il rischio è infimo.
Si sa che queste cosiddette infezioni da striscio esistono. Secondo studi recenti, il virus può anche rimanere su superfici piane per diverse ore, a seconda del materiale. Ma non si tratta di un virus vivente. Può essere rilevato soltanto il DNA e non si sa esattamente cosa questo significhi, se sia contagioso o meno.
“Da noi, il personale sanitario è esposto a meno rischi rispetto alle persone che non rispettano la regola della distanza in luoghi pubblici”. Charles Béguelin, infettivologo
swissinfo.ch: In diversi Paesi si è appreso che molti operatori sanitari hanno contratto il coronavirus? Qual è la situazione al Centro ospedaliero di Bienne?
Uno dei motivi degli alti tassi di infezione in certi ospedali è stato il fatto che il personale non si è protetto a sufficienza all’inizio. Un’altra causa è che il personale di cura si avvicina molto non solo ai pazienti, ma anche ai colleghi. Inoltre, i sanitari sono testati molto più frequentemente del resto della popolazione, dove molte infezioni non vengono mai rilevate.
Se lei tossisce un po’, le verrà detto di restare a casa. Se io tossisco in ospedale, devo fare subito il test per non rischiare di contagiare pazienti e colleghi.
Anche alcuni nostri collaboratori sono risultati positivi. Ma tutti sono stati infettati fuori dall’ospedale.
Da noi, il personale sanitario è esposto a meno rischi rispetto alle persone che non rispettano la regola della distanza in luoghi pubblici.
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(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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