A una giovane ricercatrice ticinese il premio Latsis
Il riconoscimento, consegnato giovedì a Berna, ricompensa la linguista Lorenza Mondada per i suoi studi sull'interazione verbale.
Dotato di 100’000 franchi, il premio Latsis è uno dei riconoscimenti più prestigiosi nel campo della ricerca scientifica, un premio che il Fondo nazionale svizzero assegna ogni anno a giovani ricercatori sotto i quarant’anni. E quest’anno, l’onore è toccato alla linguista ticinese Lorenza Mondada, per i suoi studi interdisciplinari sulle interazioni verbali e, in particolare, sulla creazione di sapere in seno a gruppi di ricerca plurilingui.
Docente di linguistica francese presso le università di Basilea e di Lione, la trentasettenne Lorenza Mondada non si interessa tanto della lingua come sistema formale. Pur parlandone correntemente parecchie – oltre all’italiano, che è la sua lingua materna, e al francese, lingua nella quale insegna, parla correntemente il tedesco, l’inglese, lo spagnolo e il portoghese – la ricercatrice rivolge piuttosto la sua attenzione al linguaggio come “sistema di risorse utilizzato per farsi capire”.
Ed è in quest’ottica che ha portato a termine il progetto del Fondo nazionale di ricerca “sulla costruzione interattiva del discorso scientifico in situazione plurilingue”. Progetto per il quale la dottoressa Mondada ha seguito, per oltre un anno, quattro gruppi di lavoro delle università di Basilea, Friburgo in Brisgovia e Strasburgo, registrando minuziosamente, e in parte filmando, tutto quanto è stato detto e fatto durante le riunioni e gli incontri informali dei vari gruppi. Inoltre, ha raccolto tutti i documenti scritti come annotazioni, descrittivi e lucidi utilizzati durante le sedute.
Come emerge il sapere scientifico
Tutte le informazioni sono state in seguito trascritte e analizzate sotto diversi aspetti, come quello della coordinazione della ricerca, della creazione di conoscenze scientifiche o della gestione delle interazioni plurilingui. Lo scopo dello studio era infatti quello di meglio conoscere i meccanismi dell’attività di ricerca nei gruppi internazionali, che sempre più spesso sono composti di persone di cultura e lingua diversa, per poter diagnosticare le difficoltà che ostacolano la collaborazione.
“L’osservazione empirica delle pratiche dei ricercatori mette in causa alcune immagini stereotipate della scienza” dice Lorenza Mondada. “Raramente il sapere nasce dal cervello di un genio individuale. Nella realtà, il sapere emerge quasi sempre dal collettivo, dall’interazione, dalla discussione, anche dalle divergenze e dagli scontri.” Le conoscenze scientifiche, insomma, prendono forma lentamente in seno ai gruppi di ricerca, attraverso molteplici interazioni come discussioni, esperimenti, redazione di testi e via dicendo.
Non esistono modelli generali
Ogni gruppo di ricerca ha una sua specifica connotazione, per cui non si possono dedurre dei modelli di comportamento adattabili in ogni occasione. Tuttavia, il progetto condotto da Lorenza Mondada ha già avuto delle ripercussioni dirette sui gruppi analizzati, che hanno imparato ad osservare meglio il proprio funzionamento e a gestire in modo più adeguato la comunicazione nei momenti di crisi e di incomprensione.
D’altro canto, dallo studio è risultato che ogni gruppo di lavoro elabora dei modelli specifici di gestione del plurilinguismo, a seconda delle competenze e degli orientamenti linguistici dei partecipanti. E in generale, contrariamente a quanto si potrebbe supporre, non viene privilegiato l’inglese come lingua franca: nei vari gruppi c’è piuttosto la tendenza a parlare ciascuno la propria lingua.
“Molti gruppi hanno adottato il modello svizzero” dice Lorenza Mondada, “per cui ogni partecipante parla la propria lingua. E ciò nonostante, riescono a condurre discussioni a ritmo serrato anche su argomenti tecnici”. Più che un’unica lingua imposta, sembra proprio che sia la mescolanza di idiomi a favorire la nascita delle conoscenze scientifiche.
Fabio Mariani
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