Alpi e guerra: immagini tra le righe
Regioni di frontiera a confronto per comprendere il diverso vissuto del periodo bellico. Attraverso i fatti, le idee, la simbologia alpina.
Un convegno internazionale per scoprire o riscoprire episodi meno noti della II guerra mondiale. E svelare pagine dimenticate
Denso di contenuti, il convegno di Lugano – organizzato dall’Istituto di Storia delle Alpi (ISAlp) nell’ambito del progetto Interreg IIIA Italia-Svizzera “Le Alpi e la memoria” – ha toccato diversi aspetti, ricordando anche il ruolo che Svizzera e Svizzera italiana hanno avuto nell’accogliere gli esuli e nel dare spazio ad importanti voci di libertà.
La frontiera e le armi
La frontiera – con i suoi molteplici volti e significati, luogo di incontro e di scontro – è stata evocata più volte come elemento fondamentale per comprendere il peso della storia e delle storie degli uomini. Che a volte, come ha suggerito lo storico torinese Gianni Perona, si rimuovono. Esattamente come l’Europa occidentale ha rimosso la sua identità di produttore di guerra.
La Fiat, che oggi tutti ricordiamo per l’industria automobilisitica, era produttrice di armi. E anche la Svizzera, pur nella sua dichiarata neutralità, era attiva nell’industria bellica.
La mitologia alpina al soccorso della memoria ufficiale
Ed è in questo contesto di neutralità mal capita o comunque giudicata parziale dagli alleati, che si inserisce l’originale intervento del professor Claude Hauser, dell’Università di Friborgo.
Il rischio di una Svizzera messa al bando nell’immediato Dopoguerra viene percepita dai diplomatici elvetici, che attivano una serie di canali culturali “per costruire – spiega Hauser – una visione positiva del Paese e della sua azione durante il conflitto”.
Ingredienti di questa ricostruzione i tratti identitari della mitologia alpina e la valorizzazione della ricchezza turistica delle Alpi in un periodo di vacche magre per il settore alberghiero svizzero.
Tra i migliori veicoli di propaganda, la letteratura per ragazzi occupa un posto rilevante. Non a caso Hauser cita il volume “Heidi grand’ mère”, pubblicato nel 1945 dall’editore Flammarion, nelle cui pagine si esaltano i valori svizzeri, l’accoglienza dei piccoli rifugiati francesi, una società sana e operosa. “Si sviluppa insomma una sorta di heidismo – osserva Hauser – come difesa spirituale del paese che erge la Svizzera a fortezza protettrice e materna”.
Heidi e i G.I.’s
Ma c`è di più. Nel libro si illustra l’immagine positiva della società americana e i potenziali punti i comuni con la Svizzera, che aspettano solo di essere sviluppati. Parallelamente, negli anni 1945-1948, più di 300 mila soldati americani posizionati in Europa scelgono la Svizzera per trascorrere uno dei loro permessi. Viaggiano attraverso il paese, occupano gli alberghi desolatamente vuoti, distribuiscono chewin-gum ai piccoli svizzeri ammirativi, esibiscono orologi svizzeri.
Il Dipartimento militare federale e la Centrale nazionale del turismo, ricorda Hauser, organizzano nei minimi dettagli il soggiorno dei G.I.’s. Viene addirittura stampato un quotidiano – “Hallo G.I.’s” – per tutta la durata del soggiorno. “La posta in gioco di questa Leave Action – spiega Hauser – è importante per i due paesi. La Svizzera ricorda ai suoi giovani che per i valori di libertà e di democrazia, a lei tanto cari, gli Stati Uniti hanno inviato al fronte i loro soldati”.
Cosa resta della neutralità
La mitologia alpina, dunque, in soccorso alla Svizzera per ridorare l’immagine della neutralità messa in discussione. E oggi che cosa rimane? “Oggi la neutralità svizzera – dice a swissinfo il professor Jean-François Bergier – non ha più lo stesso significato. Il mondo non è più lo stesso e quindi anche la neutralità deve essere ridefinita”.
“Credo tuttavia che abbia conservato lo stesso valore: non nel senso di rifugio, bensì come possibilità offerta al resto del mondo nel prestare i buoni uffici. Nell’essere insomma un territorio in cui parlare, confrontarsi, trovare delle soluzioni. Funzione che non è molto capita dai nostri compatrioti”.
“Il ruolo degli storici – conclude Bergier – è di cercare di capire come le immagini si sono formate e trasformate in funzione dei bisogni e delle aspirazioni. Delle paure e dei dubbi. Il passato rimane un punto di riferimento per cercare di camminare verso l’avvenire”.
swissinfo, Françoise Gehring, Lugano
Durante la II guerra mondiale le Alpi hanno avuto un ruolo geopolitico strategico
Svizzera, Italia, Francia confrontate con vissuti diversi, tentano una lettura comune del passato.
Il bisogno della Svizzera di ridare lustro alla propria neutralità attraverso l’esaltazione dei valori alpini.
Il colloquio internazionale “Le Alpi e la guerra: funzioni e immagini” si è tenuto nell’ambito di un progetto transfrontaliero di ampio respiro dedicato al recupero della memoria collettiva riferita al territorio delle Alpi.
L’obiettivo è quello di ripercorre le tracce dei sentieri della libertà e di articolare il patrimonio della memoria a partire dalle immagini, dai libri, dai testi, dalle testimonianze.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.