Anche Berna alla conquista di Mercurio?
Europei e giapponesi preparano l’invio di due sonde verso il pianeta Mercurio. La missione dovrebbe portare con sé della tecnologia bernese.
Per mettere a punto dei rilevatori di particelle, l’Università e la Scuola professionale della capitale svizzera si dotano di un super-ordinatore, formato da 200 normali computer.
A dire il vero, niente è stato ancora formalmente deciso. L’Agenzia spaziale europea (ESA) e quella giapponese (JAXA) sceglieranno definitivamente i propri partner per questa missione soltanto nel corso del prossimo mese di novembre.
Ma all’Università di Berna non mancano le buone ragioni per crederci. “Senza falsa modestia, il nostro istituto di fisica è riconosciuto come uno dei leader mondiali in quel che concerne gli strumenti per la rilevazione di particelle”, rileva Peter Wurz.
Con i suoi colleghi della Divisione per la ricerca spaziale e la planetologia, il professore bernese ha ad esempio già lavorato sullo spettrometro Rosina, imbarcato a bordo di una sonda europea lanciata verso la cometa Churyumov-Gerasimenko.
Al momento dell’incontro, previsto nel 2014, sarà poi proprio questo apparecchio a permettere agli studiosi di approfondire la conoscenza delle sostanze che fanno da contorno all’astro.
Una cintura invisibile
Primo pianeta del sistema solare, Mercurio condivide con la Terra la particolarità di generare un potente campo magnetico. Al contrario, Venere e Marte, gli altri due pianeti rocciosi, non ne hanno alcuno.
Uno dei compiti delle due sonde sarà quello di tracciare una mappa di questa cintura invisibile, composta da particelle estremamente cariche d’elettricità. “Per farcela, i nostri spettrometri dovranno determinare la natura, la direzione, la massa e l’energia delle particelle che riusciranno a catturare”, spiega Peter Wurz.
Nel caso in cui le Agenzie spaziali dovessero attribuire l’incarico agli svizzeri, l’istituto di fisica non realizzerà soltanto i due strumenti: sono infatti previste pure delle collaborazioni con partner italiani, svedesi o giapponesi.
200 computer privati delle vacanze
Nell’attesa occorre tuttavia affinare i calcoli. “Ci viene richiesto sempre di più con sempre meno mezzi”, riassume il professore.
Per riuscire a concepire lo strumento più piccolo, meno pesante, più efficace e più economico dal punto di vista energetico possibile, vanno letteralmente testate migliaia di combinazioni teoriche.
Da qui è nata l’idea di mettere a disposizione dell’istituto di fisica dell’Università tutti gli ordinatori della Scuola professionale artigianale ed industriale di Berna (GIBB).
Venerdì scorso, i responsabili delle due istituzioni hanno inaugurato la rete che collega i 200 ordinatori personali della GIBB, che potranno così lavorare a pieno regime durante i periodi di vacanze.
La collaborazione permette alla Scuola professionale d’affinare le proprie abilità informatiche. E mette a disposizione dell’istituto universitario una potenza di calcolo decisamente fenomenale.
Viaggio ostico
Se il progetto dovesse superare la fase di selezione, i ricercatori avranno comunque il modo di sfruttare pienamente questa potenza. Addirittura sull’arco di alcuni anni: il lancio delle due sonde non è infatti previsto prima del 2009. Oppure all’inizio del 2012.
Battezzata “BepiColombo”, in omaggio ad un astronomo italiano che si è molto interessato a Mercurio, la missione sarà una prima europea-giapponese in direzione del piccolo corpo celeste.
Il mese scorso, anche gli americani hanno lanciato una sonda verso Mercurio, finora sorvolato soltanto da Mariner 10, nel 1974-75. In effetti, a causa della sua relativa vicinanza al sole, il pianeta è particolarmente difficile da osservare e da raggiungere.
Nel viaggio, il veicolo spaziale deve servirsi della gravità di Venere e di quella di Mercurio per frenare sufficientemente, in modo da non essere “aspirato” dall’enorme massa della stella al centro del sistema solare. I soli motori non potrebbero infatti evitarlo.
Un mondo misterioso
Queste difficoltà spiegano come mai, ancor oggi, Mercurio rimane essenzialmente misterioso. Il pianeta, di dimensioni appena superiori a quelle della luna, ruota rapidamente attorno al sole (88 giorni) ma molto lentamente su sé stesso.
Conseguenza: su Mercurio una “giornata” dura due “anni”. La faccia che il pianeta offre al sole ha dunque tutto il tempo d’arrostire ad una temperatura di 470 gradi. Di notte, il termometro sprofonda invece fino a – 180 gradi.
All’epoca, Mariner 10 era riuscito a fotografare meno della metà della superficie del corpo celeste. I ricercatori attendono dunque con grande curiosità le immagini della nuova missione.
Grazie all’insieme di dati raccolti, le nuove foto dovrebbero infatti permettere di scoprire le origini del campo magnetico, i motivi della densità insolitamente elevata del pianeta (considerata la sua taglia, Mercurio è l’astro più pesante del sistema solare) e l’eventuale presenza d’acqua ghiacciata sul fondo dei crateri.
Inoltre, gli astronomi hanno da tempo osservato come l’orbita di Mercurio non rispetti esattamente le leggi di Newton. Le missioni future permetteranno dunque d’affinare le leggi sulla relatività formulate da Einstein.
A causa della vicinanza all’enorme massa del sole, Mercurio subisce delle distorsioni di traiettoria. Così come tutte le altre, anche la nostra stella è dunque all’origine di modifiche della “curva spazio-temporale”. E non è fantascienza…
swissinfo, Marc-André Miserez
(traduzione: swissinfo, Marzio Pescia)
Primo pianeta del sistema solare per quel che riguarda la vicinanza con il sole, Mercurio è soltanto il penultimo della famiglia a proposito della taglia (dopo Plutone).
Privo di atmosfera, costellato di crateri, il pianeta è appena più grande della luna, alla quale assomiglia per l’aspetto esterno.
Gli scarti di temperatura su Mercurio sono enormi: da + 470 a – 180 gradi: un mondo dunque particolarmente inospitale.
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