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Assistenza al suicidio: tabù da infrangere?

Anche l'ASSM continua a rifiutare categoricamente l'eutanasia attiva Keystone Archive

L’Accademia svizzera delle scienze mediche (ASSM) alleggerisce le sue direttive sull’eutanasia.

Temendo la medicalizzazione della morte, l’ASSM intende tuttavia fissare dei limiti chiari per l’assistenza al suicidio di pazienti terminali. Ed esclude l’eutanasia attiva.

Un medico deve avere la possibilità di aiutare un paziente terminale a porre fine ai suoi giorni. Lo propone l’Accademia svizzera delle scienze mediche (ASSM), finora sempre contraria a questo tipo d’intervento.

“Continuamo a credere che il suicidio assistito non faccia parte delle normali pratiche mediche”, dice a swissinfo Werner Stauffacher, presidente dell’ASSM.

“Ma ci sono situazioni nelle quali l’assistenza al suicidio può essere comprensibile. Il nostro non è quindi più un rifiuto totale”.

Una commissione costituita di medici, personale paramedico, esperti di etica e giuristi ha rivisto le direttive medico-etiche dell’ASSM ed ha elaborato una serie di regole che sono apparse giovedì nel «Bollettino dei medici svizzeri».

“La nuova posizione dell’ASSM rivaluta la vita e la responsabilità dei singoli”, rileva Dick Marty, consigliere agli Stati e membro della commissione degli affari sociali del Consiglio d’Europa che, in aprile, dovrebbe presentare a Strasburgo un rapporto sull’eutanasia.

“Non si tratta di facilitare l’eutanasia”, continua Marty. “Ma soltanto di meglio rispettare la volontà del malato, nella misura in cui questa volontà è espressa in modo chiaro, reiterato e lucido”.

Definizioni sovrapposte

“La messa a disposizione del paziente di medicamenti che possano alleviare le sue sofferenze è già oggi prassi: organizzazioni come Exit, ad esempio, lo stanno facendo da un po’ di tempo”, sottolinea Dick Marty.

L’ASSM vuole tuttavia fissare dei limiti all’assistenza al suicidio. I compiti del medico resteranno sempre il sostegno e l’accompagnamento, afferma l’ASSM, che rimane contraria all’eutanasia attiva.

L’ASSM conta ad esempio d’impegnarsi maggiormente nello sviluppo di cure palliative, da offrire parallelamente ai trattamenti terapeutici. A questo scopo l’accademia ha messo a disposizione 260’000 franchi.

“Comunque bisogna stare molto attenti sui termini”, precisa Marty. “Le cure palliative, come la morfina, riducono sì i dolori ma molto frequentemente accorciano anche la vita”.

Come definirle allora? Eutanasia attiva? Passiva? O semplice assistenza al suicidio? Il dibattito etico e morale resta aperto.

Le discussioni sono poi spesso falsate dal concetto stesso di eutanasia. Un’idea che crea repulsione, che fa pensare all’eliminazione dei malati o delle persone anziane.

“In realtà”, rileva Marty, “credo che gli sforzi, anche dell’ASSM, vadano nella direzione di dare più dignità alla morte ed agli stessi pazienti”.

Svizzera più tollerante?

La questione dell’assistenza al suicidio era stata rilanciata due anni fa quando il Consiglio nazionale aveva rifiutato la depenalizzazione dell’eutanasia attiva.

Degli studi avevano inoltre concluso che in Svizzera il suicidio assistito viene praticato più frequentemente rispetto agli altri Paesi europei. Di ciò si rammarica l’ASSM. Secondo Dick Marty, la portata di queste differenze è stata tuttavia esagerata.

“È però vero che in Europa esiste una spaccatura tra i paesi del nord-ovest e quelli del sud-est. Questi ultimi non sono solo, come più o meno tutti, contro l’eutanasia, ma non riconoscono neppure che il problema esista. Non ne vogliono neanche parlare”.

Lo si è notato in seno al Consiglio d’Europa di Strasburgo. L’Assemblea parlamentare del Consiglio ha rifiutato per due volte di dibattere sul rapporto sull’eutanasia preparato dallo stesso senatore elvetico a nome della commissione degli affari sociali.

Il prossimo tentativo è previsto per aprile. Ma, di fronte alle divisioni ed all’imbarazzo che il soggetto suscita tra i parlamentari dei 45 Stati membri, non è da escludere un ulteriore rinvio.

swissinfo

In Svizzera vi sarebbero circa 60’000 casi di eutanasia all’anno;
Sette malati terminali su dieci ricorrerebbero all’eutanasia.

Eutanasia attiva diretta: omicidio intenzionale allo scopo di accorciare la durata delle sofferenze. Punibile per legge anche se è stata la vittima a farne richiesta.

Eutanasia attiva indiretta: somministrazione di sostanze destinate ad alleviare le sofferenze, i cui effetti secondari possono ridurre la durata della vita. Non regolata dalla legge.

Eutanasia passiva: rinuncia ad applicare o interruzione di misure che permettono di prolungare la vita. Non regolata dalla legge.

Assistenza al suicidio: messa a disposizione del malato delle sostanze letali. Punibile solo se applicata per motivi di natura egoistica.

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