Bali: la firma dei ricercatori per il clima
Più di 200 esperti del mondo intero hanno posto la loro firma in calce ad un documento che esorta i governi a prendere delle misure radicali contro il riscaldamento climatico.
Presentata nel corso della conferenza internazionale sul clima di Bali, la dichiarazione, firmata anche da 10 ricercatori svizzeri, chiede che le emissioni di CO2 registrate nel 1990 siano dimezzate entro il 2050.
A Bali il mondo scientifico ha fatto sentire la sua voce. Più di 200 ricercatori hanno invitato i responsabili politici a mettere fine alle loro esitazioni e a trovare, al più tardi entro il 2009, un accordo che permetta di lottare contro il riscaldamento climatico.
Tra i firmatari della dichiarazione si trovano anche dieci ricercatori svizzeri. Otto di loro hanno contribuito al lavoro del Comitato intergovernativo sul mutamento climatico (IPCC), vincitore del premio Nobel per la pace nel 2007.
L’obiettivo dei firmatari, ha spiegato Reto Knutti, è contenere il riscaldamento climatico per limitare a due gradi al massimo la differenza di temperatura tra il periodo che ha preceduto l’industrializzazione e quello attuale.
«Se vogliamo raggiungere questo obiettivo», afferma Knutti, professore all’Istituto di ricerca sull’atmosfera e il clima del Politecnico federale di Zurigo, «dobbiamo bloccare l’aumento delle emissioni di anidride carbonica sull’arco dei prossimi dieci anni». In seguito, le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero drasticamente diminuire – almeno dell’80% – da qui al 2100.
Poco margine d’azione
Finora, gli scienziati hanno misurato un aumento delle temperature di 0,8 gradi. Inoltre, spiega Reto Knutti, un ulteriore aumento di 0,5 gradi è già sicuro. «Giunti a questo punto non ci resta più un grande margine d’azione», aggiunge l’esperto del Politecnico zurighese.
Se le temperature dovessero continuare a salire al ritmo attuale, il pianeta – spiega Knutti – andrebbe incontro ad un tragico futuro. La calotta di ghiaccio della Groenlandia si scioglierebbe e il livello del mare si alzerebbe di sei metri. Intere città costruite in riva al mare, come New York o Shangai, verrebbero sommerse.
Una prima
Finora, i rappresentanti del mondo scientifico si sono tenuti in disparte e in genere hanno evitato di fare direttamente pressione sui responsabili politici, compito, quest’ultimo, lasciato alle organizzazioni ambientaliste.
Questa dichiarazione mostra che gli esperti di clima, come dichiara Andrew Waever dell’università canadese Victoria, «ne hanno abbastanza».
Richard Seager, della Columbia, rincara la dose: «Siamo in molti a pensare che il problema meriti più attenzione di quella che gli viene accordata e che le misure per affrontarlo debbano essere molto più radicali».
La sua collega Marika Holland, del Centro nazionale statunitense per la ricerca atmosferica, insiste sulla necessità di agire in fretta: «Bisogna fare qualcosa e bisogna farlo ora. Più attendiamo, più la situazione diventerà grave».
swissinfo e agenzie
Al centro del nuovo ciclo di negoziati sul clima, che si apre con la conferenza di Bali, figurano le misure previste dal 2012 per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra.
Tra i temi in discussione vi sarà pure la questione delle compensazioni versate ai paesi tropicali, allo scopo di incitarli a lottare contro la deforestazione. La distruzione delle foreste provoca un aumento del 20% delle emissioni di CO2.
Tra i punti in esame vi è inoltre la creazione di un fondo destinato ad aiutare i paesi poveri a far fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici, come pure il trasferimento di tecnologie energetiche ecologiche dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo.
Nel 1997 il protocollo di Kyoto, accettato da più di 170 paesi, pone come obiettivo una riduzione del 5% delle emissioni di CO2 entro il 2012 (rispetto ai valori del 1990, anno comunemente preso come termine di riferimento).
L’obiettivo svizzero nel quadro del protocollo di Kyoto equivale a una riduzione delle emissioni di CO2 del 10% entro il 2010. Il CO2 rappresenta l’80% delle emissioni svizzere di gas a effetto serra.
Dopo aver constatato che le misure volontarie non bastano a ridurre le emissioni, il parlamento elvetico ha dato luce verde al prelievo del cosiddetto centesimo climatico sui carburanti, agli incentivi fiscali per i carburanti biogeni e all’introduzione di una tassa sulle emissioni di CO2 dovute all’uso di combustibili.
L’ammontare della tassa varierà di anno in anno in base ai risultati ottenuti. Nel 2010 potrebbe raggiungere i 36 franchi per tonnellata di CO2 se le emissioni del 2008 non saranno almeno del 13,5% inferiori a quelle del 1990.
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