Banda Aceh: la ricostruzione non è ancora terminata
Più di due anni dopo il devastante tsunami nel sud-est asiatico, a Banda Aceh, nel nord dell'isola di Sumatra, oltre 100'000 persone continuano a vivere in rifugi di emergenza.
L’aiuto umanitario svizzero è ancora presente sul posto e nel weekend ha inaugurato una centrale per la produzione di acqua potabile. Difficile tuttavia prevedere i tempi di una completa normalizzazione.
Di fianco al minuscolo porto di Banda Aceh, una donna in sandali e chador giallo arrostisce pannocchie sul suo fornellino ambulante. Davanti a lei, dei ragazzini giocano rumorosamente rincorrendosi incuranti del caldo e dell’umidità.
Alle loro spalle, il mare ha smesso di fare paura. Ma i segni di quell’onda anomala, che al momento dell’impatto con Banda Aceh ha raggiunto l’incredibile altezza di 8-15 metri, sono ancora tutti attorno.
Uno stabile in rovina porta la scritta “tsunami: 26.12.2004”, altre macerie sono sparse disordinatamente vicino al letto del fiume e le nuove case sono state ricostruite molto più distanti dalla riva.
Due anni nelle baracche
A poche centinaia di metri di distanza, il quartiere Meuraxa è tutto un cantiere. “Qui non c’era più niente, il terremoto e l’onda avevano spazzato via tutto”, dice a swissinfo Hanns Polak, responsabile dei programmi della Croce Rossa Svizzera a Aceh.
Nelle vicinanze del mare soltanto la moschea aveva resistito all’impatto con l’enorme massa d’acqua.
“Torno a Banda Aceh almeno un paio di volte l’anno e noto che la situazione migliora costantemente”, aggiunge Polak. Ad esempio, dice, acqua e elettricità sono ora disponibili praticamente per tutti.
Continuano invece a mancare le case. A due anni di distanza dal disastro, sono ancora un centinaio i campi temporanei nei quali vivono i circa 100’000 senzatetto di Banda Aceh. La Croce Rossa Svizzera, che sul posto dispone di 12 collaboratori, ne gestisce direttamente due.
In uno di questi, il campo Raider, la gente vive in baracche di legno, tra vicoli sterrati e panni stesi un po’ ovunque. Questi centri, pensati inizialmente quali soluzioni di emergenza, sembrano ormai essere diventati permanenti. Secondo Polak è “difficile dire quanto durerà questa fase: tutto dipende dai tempi della ricostruzione”.
Vi è poi il problema della povertà diffusa nella provincia, che spinge gli abitanti di altre zone a dirigersi verso Banda Aceh. “La solidarietà internazionale ha portato molti soldi e progetti di assistenza e non sono soltanto le vittime dello tsunami a volerne approfittare”, rileva Polak.
Acqua potabile per tutti
Nel fine settimana si è tuttavia compiuto un nuovo passo avanti sulla via della normalizzazione.
Alla presenza di Micheline Calmy-Rey e del neo-governatore di Aceh Yusuf Irwandi (un ex ribelle indipendentista) è stato inaugurato il nuovo centro di Lambaro per il trattamento e il filtraggio delle acque del fiume che permetterà di fornire acqua potabile ai circa 300’000 abitanti della città.
“Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla generosità della gente del suo grande paese”, ha detto Irwandi rivolgendosi a Calmy-Rey nel suo discorso di ringraziamento.
In effetti, il progetto, costato 4 milioni di franchi, è stato finanziato interamente con fondi svizzeri, provenienti dalla Catena della solidarietà (60%), dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (25%) e dalla Croce Rossa Svizzera (15%).
Al termine di una cerimonia dalle forti tinte islamiche (praticamente la totalità della popolazione di Aceh è di fede musulmana), la presidente della Confederazione ha visitato l’impianto e si è detta felice di poter constatare l’efficacia dell’aiuto svizzero sul posto.
Combattere la corruzione
Al di là dei molti progetti umanitari ancora attivi, il futuro di Aceh dipenderà molto dal nuovo governo locale, impostosi nelle storiche elezioni dello scorso dicembre che hanno posto fine ad un conflitto di trent’anni tra i ribelli secessionisti e le autorità di Jakarta.
Il neo governatore di Aceh ha promesso un grande impegno nella lotta alla corruzione, un fenomeno molto diffuso in Indonesia.
“Spero davvero che Yusuf Irwandi manterrà la parola”, conclude Hanns Polak. “È ad esempio fondamentale che le nuove case siano solide, non costruite da gente che specula sui materiali per incrementare i guadagni con il beneplacito delle autorità”.
Secondo numerosi esperti, l’ampiezza dei disastri provocati dallo tsunami a Banda Aceh era stata in effetti accentuata da fattori “umani”, quali la corruzione, la negligenza e l’incompetenza delle autorità locali di allora.
swissinfo, Marzio Pescia, Banda Aceh
Lo tsunami del 26 dicembre 2004 ha causato la morte di circa 230’000 persone (tra cui 107 svizzeri).
I paesi più colpiti sono stati l’Indonesia, lo Sri Lanka, l’India, la Thailandia e le Maldive.
L’evento aveva suscitato un enorme moto di solidarietà in Svizzera.
Berna aveva messo a disposizione 35 milioni di franchi mentre la Catena della solidarietà aveva raccolto ben 228 milioni tra la popolazione.
Banda Aceh è il capoluogo della provincia di Aceh, nell’estremo nord dell’isola di Sumatra, in Indonesia.
La sua costa, a soli 250 km di distanza dall’epicentro del terremoto sottomarino all’origine dello tsunami del 26 dicembre 2004, era stata devastata.
I morti a Banda Aceh erano stati 126’000 e gran parte della città era stata rasa al suolo.
Aceh dispone di numerose risorse naturali, dal gas naturale al petrolio. La maggior parte della popolazione vive tuttavia in condizioni molto semplici.
Dal 1976 al 2005 Aceh è stata luogo di un lungo conflitto civile tra il governo di Jakarta ed i ribelli secessionisti del GAM.
Dopo l’avvio di un processo di pace e le elezioni svoltesi nel dicembre 2006 questi ultimi sono oggi al potere.
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