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Dalla Svizzera novità sui sismi in Sicilia

L'isola di Ustica potrebbe trovarsi sulla rotta di uno tsunami devastante. trapaniturismo.it

Al Politecnico di Zurigo è stato scoperto che una zona al largo delle coste palermitane è ad elevato rischio sismico. Finora il pericolo era stato sottovalutato.

Nel Tirreno meridionale una nuova zona ad elevato pericolo di terremoti rilevata anche grazie all’impiego del GPS.

Il pericolo di terremoti in Calabria e nella Sicilia orientale è tra i più alti d’Italia. Ora, ricercatori dell’Istituto di Geofisica del Politecnico di Zurigo hanno individuato un’ampia regione origine di terremoti disastrosi ogni 150-200 anni. Anche se era un focolaio conosciuto, fino ad oggi il suo pericolo è stato sottovalutato.

La zona è sommersa nel mare Tirreno e potrebbe provocare uno tsunami. Ma questo non sarebbe il primo nel meridione. Si verificò infatti in Calabria nel 1908 uno dei più disastrosi terremoti storici italiani. Questo provocò uno tsunami le cui onde di più di dieci metri si abbatterono sulle coste calabresi e siciliane. Furono oltre 80.000 le vittime.

“Non ci aspettiamo tsunami immensi come quello dell’Oceano Indiano nel 2004”, dice Gianluca Valensise, geofisico dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia italiano (INGV), “ma potranno senz’altro esserci”.

“Grazie al nostro lavoro e ad altri dell’INGV la pericolosità sismica di questa regione è stata ridisegnata”, spiega Domenico Giardini, direttore del Servizio Sismologico Svizzero. “Abbiamo individuato una nuova zona che potrà generare terremoti intensi a nord delle coste Siciliane, non lontano dalle Isole Eolie”.

Nella morsa dei continenti

Prevedere i terremoti futuri in sud Italia è un compito tutt’altro che facile, spiega ancora Giardini. Questa regione è sottoposta a deformazioni lente ed i terremoti sono dispersi su un’ampia area geografica. Qui i geologi non hanno sufficienti informazioni su sismi di grande intensità, la cui magnitudine è superiore al sesto grado della scala Richter (che ne conta 12).

La penisola italiana è collocata proprio all’incontro tra due enormi placche continentali, quella africana e quella euroasiatica. La collisione tra le due placche è un processo impercettibile ed è all’origine dei vulcani e dei terremoti tipici dell’estremità meridionale dello stivale.

Sicilia e Calabria hanno una lunga storia sismica alle loro spalle. Purtroppo però mancano dati per prevedere terremoti di grande entità, come quello del Belice del 1968, o quelli che colpirono Palermo nel 1726, nel 1823 e nel 1940.

Ma già nella notte del 6 settembre del 2002 la zona sismica che Giardini e colleghi hanno studiato è stata oggetto di un forte terremoto.

Nel cuore della notte il fondale marino tirrenico a 40 chilometri al largo della costa palermitana ha avuto una violenta scossa sismica di magnitudine 5,5. Sono tremati i palazzi di Palermo, soprattutto nella parte storica della città. Una navata laterale della bella chiesa barocca di Sant’Anna nel cuore della città si è staccata dal corpo centrale.

Ci sono stati crolli e distacchi di decorazioni che hanno reso inagibile il luogo di culto. Il terremoto è stato avvertito fino a Caltanissetta, Messina e Catania.

Grazie ai satelliti

I ricercatori del politecnico hanno combinato l’impiego dei GPS ai dati storici e topografici tradizionali. Il GPS (o Global Positioning System) è un moderno strumento satellitare preciso e rapido per la misura della forma della terra.

Da una decina d’anni i geologi possiedono una fitta rete di GPS collocati strategicamente in aree inquiete. Gli strumenti registrano il lento ma inesorabile spostamento della crosta terrestre che è all’origine dei terremoti.

Grazie anche alla nuova tecnologia i ricercatori hanno capito che al largo della costa settentrionale siciliana la crosta terrestre subisce delle tensioni maggiori di quanto fino ad ora pensato. La causa è sempre lo scontro tra le due placche continentali africana ed euroasiatica.

Una scienza con risvolti sociali

“La conseguenza diretta del nostro lavoro è la richiesta di un margine di protezione più alto per le coste settentrionali della Sicilia”, dice Giardini. Questo comporta anche norme edilizie più strette per la costruzione di edifici pubblici e privati.

“Il lavoro di Giardini ha il merito di aver puntato il dito su una zona fino ad ora ignorata” dice Valensise. Con i nuovi dati alla mano ora tocca agli organi competenti “fare in modo che le norme vengano applicate”, altrimenti “il lavoro potrebbe essere tutto inutile se poi le case crollano lo stesso.”

swissinfo, Jacopo Pasotti

Negli ultimi 2000 anni sono stati almeno 30.000 gli eventi sismici di media e forte intensità in Italia. Di questi, almeno 200 sono stati disastrosi.
Il 40% della popolazione italiana risiede in comuni sismici.
Nelle zone sismiche sono il 35% le abitazioni costruite con norme antisimiche.

Fino al 1970, la Svizzera non disponeva di normative antisismiche per le costruzioni. Soltanto il 10% delle costruzioni è oggi conforme alle norme in vigore dal 1989.

Un evento di magnitudo da 5,5 a 6 sulla scala Richter provocherebbe danni per 7 miliardi di franchi. Ammonterebbero invece a circa 40 miliardi di franchi i danni nel caso di una magnitudo da 6 a 6,5.

L’intero territorio italiano è ad elevato rischio sismico.

Sull’arco del prossimo secolo si stimano circa 800 vittime l’anno ed oltre 1 miliardo di euro di danni derivanti dai sismi.

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