Esseri umani in laboratorio
Cavie e ricercatori, dignità umana e libertà di ricerca: sono gli ingredienti di una relazione potenzialmente benefica ma con il rischio di derive. Il 7 marzo, l'elettorato svizzero deciderà se regolarla nella costituzione.
Studiarsi. Per capire, per cercare delle soluzioni, per evolvere. Gli esseri umani l’hanno sempre fatto. Il risultato – parziale e in continua evoluzione – è un sapere collettivo che prende i nomi di medicina, psicologia, sociologia; per non fare che qualche esempio.
L’essere umano, però, non è un oggetto di ricerca scientifica qualunque. I conflitti d’interesse tra chi studia e chi è studiato sono inevitabili, soprattutto quando c’è di mezzo l’integrità fisica e psichica delle persone, non solo di quelle vive, ma anche di quelle morte. Basti pensare alle autopsie, rimaste un tabù per migliaia d’anni (per qualcuno lo sono ancora). Le prime di cui si ha notizia furono eseguite 2’500 anni fa nell’antica Grecia. Furono poche e furono per così dire illegali. La religione, infatti, proibiva di aprire il corpo.
Negli ultimi anni, la riflessione etica su che cosa sia lecito e che cosa non sia lecito fare si è concentrata soprattutto in ambito medico e biologico. Fecondazione in vitro, clonazione, cellule embrionali staminali sono solo alcuni dei temi che hanno dato adito ad accese discussioni.
Dignità umana prima, libertà di ricerca poi
In Svizzera, la ricerca in questi campi è regolata da leggi ad hoc, che spesso variano da cantone a cantone. La legislazione esistente è in linea con gli standard internazionali e non ci sono stati casi eclatanti di abusi, tuttavia la ricerca sull’essere umano è troppo importante per non essere nominata nella costituzione e disciplinata in modo unitario in tutto il paese. Questa, almeno, è l’opinione del parlamento e del governo svizzeri che hanno elaborato la proposta di articolo costituzionale in votazione il 7 marzo. Come tutte le modifiche costituzionali, per entrare in vigore la proposta deve ottenere alle urne la doppia maggioranza di popolo e cantoni.
L’articolo sulla ricerca con e sull’essere umano (118b) dà alla Confederazione la competenza di legiferare in materia. Questo indipendentemente dall’ambito di ricerca, ma solo se ci sono potenziali rischi per la dignità e la personalità delle persone coinvolte.
I timori di un protezionismo eccessivo – applicato anche laddove non se ne avverte la necessità – aveva sollevato qualche protesta, in particolare tra gli storici e gli psicologi, che temevano intralci burocratici alle loro ricerche.
Per la maggioranza del parlamento, la versione finale dell’articolo 118b rappresenta un buon compromesso tra la tutela della dignità umana – giudicata prioritaria – e l’importanza, per la salute e la società, della libertà di ricerca.
Altri sviluppi
Maggioranza dei cantoni
Troppi dettagli?
I voti contrari sono arrivati, quasi senza eccezione, dalle file dell’Unione democratica di centro (UDC; destra nazional-conservatrice). Non è però l’idea di base ad aver suscitato l’antipatia dei democentristi, quanto piuttosto il secondo capoverso dell’articolo costituzionale, che spiega più nel dettaglio lungo quali direttrici deve muoversi la ricerca biologica e medica.
Che nell’articolo costituzionale si nominino principi come il “consenso informato” non va giù, ad esempio, a Oscar Freysinger, deputato dell’UDC. «C’è un punto in cui si descrive nel dettaglio su chi e a quali condizioni si può fare ricerca, ma i dettagli vanno nella legge, non nella costituzione». Inoltre, aggiunge il suo collega di partito Lieni Füglistaller, «è già tutto ampiamente regolamentato a livello internazionale, in trattati a cui la Svizzera ha aderito, non si capisce perché questi principi debbano essere ancorati ancora una volta nella costituzione».
Per Jacques Neirynck (Partito popolare democratico, centro), invece, proprio i dettagli sono importanti. A differenza dell’articolo costituzionale, la legge – che è già pronta per essere discussa in parlamento – non sarà sottoposta direttamente al giudizio degli elettori. È però essenziale che questi ultimi sappiano in quale direzione si muoverà il legislatore.
«L’articolo costituzionale deve essere relativamente completo per essere difeso davanti all’opinione pubblica», spiega Neirynck. «Nel corso del dibattito in vista della votazione, il popolo chiederà un certo numero di chiarimenti e precisazioni. Per questo c’è un secondo capoverso che specifica che ci vuole un consenso informato, e che, anche se le persone non possono dare questo consenso, è possibile – a condizioni più severe – fare delle sperimentazioni».
Dubbi etici
Proprio quest’ultimo punto ha spinto più della metà dei deputati ecologisti a votare in bianco. A loro avviso, la costituzione dovrebbe proteggere in modo assoluto le persone, come i bambini o i malati di Alzheimer, che non sono in grado di dare il loro consenso alla ricerca.
La lettera c del secondo paragrafo, invece, «sancisce per la prima volta a livello costituzionale il diritto di fare ricerca nell’interesse di terzi con persone incapaci di discernimento», ha affermato nel corso del dibattito parlamentare la deputata dei Verdi Maya Graf. Da un punto di vista etico, però, ci si può chiedere se è giusto coinvolgere nelle ricerche persone che non possono opporvisi; esporle a «nuovi rischi e nuovi disagi», senza che «si prospettino dei miglioramenti per la loro salute».
Per la maggioranza, però, solo facendo ricerca si possono trovare soluzioni per malattie come la demenza. E solo sperimentando i farmaci sui bambini, si possono scoprire se, e in quali dosi, sono adatti a loro. Proibire completamente la ricerca e le sperimentazioni sulle categorie che si vorrebbero proteggere, potrebbe paradossalmente significare svantaggiarle.
Doris Lucini, swissinfo.ch
L’articolo costituzionale «Ricerca sull’essere umano» è composto di due capoversi.
Il primo dà alla Confederazione il diritto di legiferare «per quanto la tutela della dignità umana e della personalità lo richieda». Le leggi dovranno tener conto dell’importanza della libertà di ricerca.
Questo capoverso ha una valenza generale; si applica a tutti i campi di ricerca e riguarda le persone (vive e morte), gli embrioni, i feti e il materiale biologico di origine umana.
Il secondo capoverso è riferito soltanto alla ricerca biologica e medica sulle persone viventi.
Contiene quattro principi a cui devono attenersi i ricercatori: il consenso informato, i rischi proporzionati ai benefici, il ricorso a persone non capaci di discernimento solo se non è possibile ottenere i risultati in altro modo, l’approvazione da parte di un organo indipendente (p. es. commissione d’etica).
L’articolo costituzionale 118b è stato approvato all’unanimità dalla camera alta e con 144 sì, 61 no e 18 astensioni dal Consiglio nazionale. 55 no sono arrivati dal gruppo UDC, mentre la maggioranza degli astenuti (11) appartiene al gruppo dei Verdi.
Chi ha detto sì all’articolo costituzionale lo ritiene importante per la tutela della dignità umana, per la salute della popolazione e per la ricerca. L’articolo permette di creare condizioni unitarie a livello nazionale e di mettere dei limiti chiari, in linea con gli standard internazionali, alla ricerca.
Per il fronte del no l’articolo 118b avrebbe dovuto limitarsi a dare alla Confederazione la competenza di legiferare in materia di ricerca sull’essere umano e non enumerare dei principi, come quello del consenso informato, ritenuti superflui in quanto già presenti altrove (trattati internazionali, progetto di legge).
Le astensioni sono dovute in gran parte all’autorizzazione di fare ricerca su persone non in grado di dare il loro consenso (bambini, dementi, ecc.), giudicata irresponsabile nonostante i paletti supplementari posti a questo tipo di ricerca (è possibile solo se i risultati non sono ottenibili in altro modo; e, se non ci sono benefici diretti per le persone coinvolte, i rischi e gli incomodi devono essere ridotti al minimo).
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