Gli esperti chiedono regole chiare sull’eutanasia
Un comitato federale d’esperti si è espresso a favore del mantenimento della possibilità d’assistenza al suicidio nella legislazione elvetica.
Le autorità devono però meglio controllare l’operato delle organizzazioni che offrono questi servizi.
In Svizzera, rispetto ad altri Paesi, vige una legislazione piuttosto liberale in ambito di assistenza al suicidio. Il codice penale, infatti, non proibisce questa pratica, salvo quando è dettata da motivi egoistici (ad esempio per accelerare l’eredità).
In una presa di posizione presentata lunedì alla stampa, la Commissione nazionale di etica per la medicina umana (CNE), chiede che l’assistenza al suicidio rimanga legale anche in futuro, ma raccomanda al legislatore di introdurre controlli statali e criteri qualitativi che permettano di evitare ogni abuso e di chiarire la situazione giuridica di chi offre a un malato il proprio aiuto per morire.
Essere o non essere più
L’assistenza al suicidio solleva un dilemma etico tra il dovere di assistere e curare le persone sofferenti e disperate e il rispetto del loro diritto all’autodeterminazione. La Commissione chiede al legislatore di tenere conto – nei propri disciplinamenti giuridici, raccomandazioni o direttive – di questa bipolarità, senza privilegiare nessuna delle due posizioni.
«Non vi sono regole universalmente valide, applicabili nella pratica, per giustificare l’assistenza al suicidio», si legge nel testo della CNE. La decisione di aiutare o meno qualcuno a suicidarsi, deve sempre essere presa tenendo conto della personalità del paziente e non deve diventare una procedura abituale.
Ponendo l’accento sui rischi etico-sociali di una diffusione del suicidio assistito, la CNE sottolinea la necessità di potenziare l’assistenza a persone bisognose di cure e dipendenti e di ampliare le offerte della medicina palliativa per evitare di incoraggiare il desiderio di farla finita.
Chiarire la situazione
Per le persone e le istituzioni confrontate alla problematica dell’aiuto al suicidio, la situazione giuridica deve essere chiarita. In particolare, gli ospedali e case per anziani devono essere liberi di autorizzare questa pratica.
L’assistenza al suicidio non può essere considerata un dovere del personale medico e curante, che deve quindi rimanere libero di scegliere se accettare o meno di parteciparvi.
Analizzando alcune problematiche particolari, la CNE giunge alla conclusione che, in generale, nessun aiuto può essere accordato quando il desiderio di morire espresso dal malato non è volontario, bensì dettato da pressioni esterne.
Per i pazienti che presentano una malattia psichica, la CNA ritiene «necessario accordare la priorità al trattamento psichiatrico e psicoterapeutico e negare l’assistenza al suicidio se il desiderio di farla finita è l’espressione o sintomo di una patologia psichica».
Associazioni d’aiuto al suicidio e turismo della morte
Per la CNE è necessario chiarire soprattutto la situazione legale delle associazioni di aiuto al suicidio, quali EXIT o DIGNITAS. La loro attività deve quindi essere posta sotto sorveglianza dello Stato e disciplinata da una serie di regole ben precise.
Per le persone residenti all’estero che desiderano venire in Svizzera per ottenere un’assistenza al suicidio, la Commissione ritiene che esistano ragioni valide per negare loro questa possibilità.
Il suicidio assistito deve infatti essere possibile solo se si possono fare le necessarie verifiche: «Non basta un unico breve incontro che avviene nel lasso di tempo che intercorre tra l’arrivo nel Paese e l’esecuzione del suicidio», conclude il rapporto.
swissinfo e agenzie
Secondo le indicazioni delle associazioni d’assistenza al suicidio, nel 2002 sono state aiutate a morire 137 persone
Corrispondono all’incirca al 10% dei suicidi totali del Paese
In Svizzera, la legge non prevede delle sanzioni per l’assistenza al suicidio, purché si tratti di un atto disinteressato.
È proibita, per contro, l’eutanasia attiva (omicidio su richiesta della vittima). In Europa, solo i Paesi Bassi e il Belgio permettono, a certe condizioni, di provocare il decesso della persona che desidera morire.
Non sono chiaramente regolamentate l’eutanasia passiva (p.es. l’interruzione di una terapia) e l’eutanasia indirettamente attiva (p.es. il dosare abbondantemente la morfina pur sapendo che ridurrà il tempo che resta da vivere ad una persona).
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