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Gli oceani soffrono, ma nessuno si preoccupa

Scioglimento degli iceberg al largo dell'isola di Ammassalik, nell'est della Groenlandia. Keystone

I cambiamenti climatici e le attività umane hanno ripercussioni negative su mari e oceani. Per frenare il degrado degli ecosistemi sono necessarie misure urgenti, ritiene il biologo marino Nikolaus Gelpke, promotore del recente rapporto World Ocean Review.

«Il mare è grande, tenebroso e ostile. Sappiamo poco sugli abissi e conosciamo meglio la Luna dei fondali. Sappiamo però che il mare non va affatto bene: è un paziente ammalato destinato a peggiorare, senza che nessuno si preoccupi seriamente», afferma Nikolaus Gelpke, editore ad Amburgo della rivista Mare.

Il rapporto di 200 pagine sullo stato dei mari – pubblicato nel mese di novembre – si basa sulle conoscenze di ricercatori rinomati e deve essere considerato, secondo i suoi editori, come il frutto del consenso di specialisti di tutto il mondo.

Le temperatura e il livello degli oceani sono in crescita, i ghiacciai si sciolgono. Con la globalizzazione, l’aumento massiccio del traffico marittimo inquina le acque e perturba la fauna. Questo, lo sappiamo attraverso i media. La gente non è però ancora consapevole della gravità della situazione, afferma Nikolaus Gelpke.

Ad essere particolarmente drammatico è l’influsso dei cambiamenti climatici sugli oceani. «Oltre la metà del diossido di carbonio emesso dall’uomo si ritrova nei mari, che ogni anno assorbono milioni di tonnellate di CO2. Per noi si tratta di un aspetto formidabile, visto che senza i mari l’effetto dei cambiamenti climatici sarebbe ancora maggiore».

Ecosistemi sconvolti

L’assimilazione di CO2 da parte di mari e oceani – che sono «immensi, ma non infiniti» – conduce però a un’acidificazione, ciò che si ripercuote negativamente sulla fauna e la vegetazione.

«Gli scheletri degli animali e le conchiglie dei molluschi diventano più molli, ciò che porta a mutazioni e all’estinzione di alcune specie», spiega Gelpke, secondo cui è già troppo tardi per fermare quest’evoluzione. Al massimo la si può rallentare.

Per l’umanità si tratta di una catastrofe, dal momento che il mare è un’importante fonte di nutrimento. In alcune regioni, il pesce rappresenta l’alimentazione di base.

L’aumento del livello dei mari è invece meno drammatico, ritiene Gelpke. «Ci sarà gente che dovrà spostarsi altrove, ma in Europa possiamo reagire costruendo delle dighe. Ancora una volta, ad essere colpiti maggiormente saranno i poveri, come ad esempio in Bangladesh».

Lo scioglimento delle calotte polari non va comunque sottovalutato: con la riduzione della superficie ghiacciata la Terra rifletterà meno calore e quindi si scalderà più rapidamente. «Questo favorirà la desertificazione», osserva l’esperto svizzero. «Questo fenomeno è già in atto nell’Europa meridionale e sarà impossibile arrestarlo. Ad essere più colpita è però l’Africa».

Quote della pesca ignorate

La situazione in Africa è inquietante anche sul fronte della pesca, rileva il biologo. «La politica della pesca dell’Unione europea degli ultimi decenni è stata così disastrosa che molte specie ittiche sono scomparse o spariranno presto».

Inoltre, le quote della pesca dell’Ue non sono rispettate al largo delle coste dell’Africa occidentale. Quando le grandi imbarcazioni europee raggiungono le quote nelle acque più a nord, si dirigono verso le coste africane, dove fanno piazza pulita, denuncia Gelpke. «I pescatori locali non hanno più lavoro».

I commissari europei incaricati di porre un freno a questo saccheggio non riescono a imporsi di fronte alle lobby della pesca in Francia, Spagna e Portogallo. L’hanno persino riconosciuto pubblicamente.

Per riportare un certo controllo sulla pesca selvaggia sono quindi necessarie misure urgenti. Vanno poi create delle zone protette per consentire alla popolazione ittica di riprendersi, come d’altronde è stato deciso nel corso della conferenza dell’ONU sulla biodiversità di Nagoya (fine ottobre).

Catastrofi utili

Agli occhi del biologo marino, la protezione degli oceani è una necessità pressante. E non soltanto nei periodi di buona congiuntura economica. Per Gelpke, è indispensabile occuparsi della protezione dell’ambiente, in particolare dei mari. «Non sono come le praterie, che dopo averle falciate sono di nuovo disponibili la stagione successiva. Il mare è come un ‘immensa nave cisterna che ha bisogno di 25 miglia per frenare».

Per invertire la tendenza constatata negli ecosistemi marini, ritiene Nikolaus Gelpke, bisognerebbe far pressione sulla politica internazionale attraverso i media e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.

In modo forse un po’ cinico, il biologo marino ritiene che avvenimenti quali la marea di petrolio nel Golfo del Messico nella primavera di quest’anno, sono utili siccome hanno aperto gli occhi della gente.

«Purtroppo i mari trovano poco spazio nella politica. Con loro non si vincono elezioni, perlomeno non ancora».

Lo svizzero di Amburgo nutre dunque poche speranze nella Conferenza Onu sul clima di Cancun. «Sarà come a Copenhagen: i tentativi per giungere ad un’intesa saranno infranti da Stati Uniti, Cina e India». Nessun politico può permettersi di posizionarsi contro una Cina in piena crescita. «Il profitto e le visioni a corto termine sono prioritari in politica e nell’economia».

Nasce nel 1962 a Zurigo.

Dal 1984 studia biologia marina all’Università di Kiel, in Germania.

È stato ricercatore subacqueo per l’Università di Zurigo e Greenpeace.

Gelpke è il cofondatore e l’editore della rivista in tedesco Mare, che dal 1997 appare sei volte all’anno.

È inoltre il promotore del World Ocean Review.

Il primo World Ocean Review è stato presentato il 18 novembre 2010 ad Amburgo al motto “Vivere con i mari”.

Il rapporto, redatto in collaborazione con gli editori di Mare, è il frutto del lavoro di 40 autori scientifici, i quali hanno raccolto le osservazioni di oltre 250 ricercatori e ricercatrici.

Il documento è disponibile gratuitamente in francese e inglese ed è distribuito a scuole, istituti di ricerca, organizzazioni non governative e politici.

Traduzione dal tedesco di Luigi Jorio

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