I farmacisti vogliono giocare al dottore…e viceversa
Oltre a vendere i medicinali i farmacisti elvetici vorrebbero anche potere scrivere da soli la ricetta per i casi meno gravi. La proposta è però aspramente criticata dai medici.
Dietro alla disputa si celano notevoli interessi finanziari.
La ripartizione delle competenze in ambito di prescrizione e vendita dei medicamenti in Svizzera torna a fare parlare di sé. Stavolta, per ravvivare la controversia che ormai da tempo avvelena i rapporti fra gli attori del settore della salute è bastato un articolo apparso alla fine del mese di febbraio sulla rivista “Dosis”, pubblicata da pharmaSuisse, la società svizzera dei farmacisti.
Nel testo si avanza la proposta di permettere ai farmacisti di prescrivere, per i casi semplici, degli agenti terapeutici normalmente ottenibili soltanto su ricetta medica.
Monopolio dei medici
Con questa idea i farmacisti sono convinti di potere frenare considerevolmente i costi della salute in Svizzera, evitando consultazioni mediche “inutili”: “In tal modo si alleggerirebbe la mole di lavoro da un lato del medico di famiglia, dall’altro dei servizi di pronto soccorso”, afferma a swissinfo Marcel Mesnil, segretario generale di pharmaSuisse.
I farmacisti che rivendicano questa nuova competenza sottolineano inoltre che attualmente il monopolio dei medici è già sovente violato nella pratica. In effetti, quando il suo medico è in vacanza o non è raggiungibile, il malato si rivolge in primo luogo al farmacista, che decide se è il caso di vendergli comunque il medicinale.
“Non priviamo certo una persona che soffre di ipertensione del medicamento che normalmente utilizza e di cui ha terminato la scorta solo perché non ha potuto procurarsi per tempo la ricetta!” dice a swissinfo la farmacista Anne Bollier. “I malati si rivolgono spesso alle farmacie in questi casi ed è nel loro interesse ottenere direttamente il medicamento desiderato”, aggiunge Bollier, che è anche portavoce per la Svizzera romanda dell’Organizzazione svizzera dei pazienti (OSP).
“Choc e indignazione”
Tali argomenti non convincono però affatto i delegati della Federazione dei medici svizzeri (FMH). In una nota essi si dicono “indignati e scioccati” per la proposta di pharmaSuisse che rischia a loro avviso di “mettere seriamente in pericolo la vita dei pazienti”.
“I farmacisti non sono sufficientemente formati per valutare in modo corretto se si tratti effettivamente di una bagatella e per prescrivere ricette”, dice a swissinfo Daniel Lüthi, portavoce della FMH. “Questo compito può essere svolto solo dai medici, che dietro di loro hanno lunghi anni di studio e di specializzazione”.
Lüthi ricorda inoltre che per i casi meno gravi – un’influenza, una distorsione – i farmacisti non hanno che da fornire dei medicamenti per i quali non occorre una ricetta. Ma, aggiunge, “preferiscono ottenere il diritto di prescrivere medicamenti su ricetta perché praticamente solo questi farmaci sono a carico dell’assicurazione malattia obbligatoria”. Potendo in tal modo essere rimborsati più facilmente, vi è un certo rischio, secondo il rappresentante dell’FMH, che i farmacisti ne prescrivano di più.
Accuse false e tendenziose secondo Marcel Mesnil che sottolinea: “Solo ciò che è prescritto dal medico è rimborsabile dalle casse malati”.
Altri sviluppi
Assicurazione malattia di base
Interessi finanziari
La disputa non è quindi solo una questione di formazione o di rischio per i pazienti. In gioco vi sono anche interessi economici considerevoli. Nel solo 2005 sono stati venduti 3,3 miliardi di franchi di medicamenti (prezzo di fabbrica). Il 78,6% del fatturato totale concerneva farmaci a carico delle casse malati. È quindi facile immaginare quanto questo mercato possa rivelarsi ghiotto per chi è attivo nel settore.
Mesnil stesso ammette che la proposta di vendere medicamenti per i quali occorre una ricetta è anche una ritorsione al fatto che a loro volta un quarto circa dei medici del paese consegnano direttamente dei farmaci ai pazienti.
Se in Romandia questa prassi non è molto diffusa, nella Svizzera tedesca il rappresentante di pharmaSuisse non esita ad affermare che è “guerra aperta” fra medici e farmacisti: “Addirittura a Zurigo è stata lanciata un’iniziativa per permettere ai medici di vendere medicamenti anche in città, dove c’è una farmacia ad ogni angolo. È quindi solo una questione finanziaria!”, denuncia il farmacista.
Trovare un accordo
Una lotta intestina che l’Organizzazione mondiale della sanità e per l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel loro ultimo rapporto sulla Svizzera, criticano aspramente: “I ruoli di medico e quello di farmacista devono rimanere separati, perché chi prescrive un medicamento non deve al contempo trarne profitti”.
Ai malati intanto, afferma la rappresentante dell’OSP, non rimane altro che sperare “che i differenti attori del settore riescano finalmente a lavorare insieme in modo più costruttivo, mettendosi d’accordo sulle competenze reciproche” per far sì che a trionfare sia soprattutto l’interesse più importante: quello del paziente.
swissinfo, Anna Passera
In Svizzera un medicamento può essere venduto solo se l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici (Swissmedic) ne ha esaminato la conformità alle norme sulla sicurezza in vigore e ne ha autorizzato il commercio.
In base a un rapporto fra rischi e benefici Swissmedic decide se un medicamento può essere venduto solo sulla base di una ricetta medica (monopolio dei medici) o senza (vendita libera da parte dei farmacisti).
La legge federale sui medicamenti e i dispositivi medici prevede però delle eccezioni a questo principio: in “casi eccezionali e giustificati” anche i farmacisti possono dispensare di loro spontanea iniziativa dei medicamenti normalmente sottoposti a ricetta medica.
Nella maggior parte dei cantoni i medici non solo prescrivono i farmaci ma li dispensano pure.
I farmacisti invece possono solo in casi eccezionali prescrivere medicamenti normalmente venduti solo su ricetta medica.
Nel 2005 la Svizzera (più il Principato del Liechtenstein) contava 3928 medici dispensanti (pari a un quarto del totale).
La loro percentuale varia da cantone a cantone siccome questa pratica non è regolata in modo uniforme in tutto il paese.
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