I medici di famiglia invocano soccorso
Il grido d'allarme lanciato un anno fa dai medici di famiglia, che rischiano di estinguersi in favore degli specialisti, comincia a dare i primi frutti. Ma non basta.
Stressati e oberati di lavoro soprattutto nelle regioni periferiche e di montagna, i medici generalisti chiedono migliori condizioni di lavoro, una formazione più mirata e una maggiore partecipazione ai dibattiti politici in ambito sanitario.
“Tante belle promesse e tante belle parole, ma concretamente dal 1° aprile del 2006 è stato fatto poco”. Questo il bilancio assai mitigato che François Héritier, vice-presidente della Società svizzera di medicina generale (SSMG) stila a swissinfo un anno dopo il più grande corteo di protesta di camici bianchi di tutti i tempi.
La manifestazione, corredata da una petizione sottoscritta in soli tre mesi da più di 300’000 persone, aveva visto scendere in piazza a Berna 12’000 fra medici e simpatizzanti per denunciare la pressante minaccia di scomparsa della figura del medico di famiglia.
Un rischio confermato a inizio aprile del 2007 dalle statistiche pubblicate dall’Osservatorio svizzero della salute, dalle quali risulta che seppure attualmente il numero di medici di condotta sia ancora sufficiente, in futuro esso è inesorabilmente destinato a diminuire.
Il dato preoccupa soprattutto nelle regioni periferiche e di montagna, dove la loro densità (7,8 medici ogni 10’000 abitanti) è al di sotto della media nazionale (9,4). “Regioni intere sono ormai sprovviste di medici di famiglia”, afferma la SSMG in un comunicato, “e se non saranno adottate al più presto delle misure adeguate, questa tendenza non potrà che accentuarsi”.
Incitamento finanziario
Attualmente solo il 10% degli studenti di medicina opta per la carriera del generalista. Il loro numero è troppo esiguo per garantire il ricambio nelle regioni più isolate, dove l’età media dei medici si aggira attorno ai 60 anni.
“I giovani non sono più disposti a sobbarcarsi l’estenuante mole di lavoro dei generici, dove le ore supplementari le guardie notturne e festive nonché le visite a domicilio sono la norma”, spiega il vice-presidente della SSMG. Inoltre per aprire uno studio medico occorre un investimento importante, senza però la garanzia di un grande reddito. Molti preferiscono quindi un indirizzo specialistico, più redditizio e meno gravoso.
Per evitare che la professione si estingua occorrono maggiori incentivi. A cominciare da quelli economici, attraverso finanziamenti mirati o una modifica del calcolo delle prestazioni in modo da favorire quelle fornite dai medici di famiglia rispetto a quelle degli specialisti.
Un passo in questa direzione, rivelatosi tuttavia finora fallimentare, è stata l’introduzione all’inizio del 2004 del Tarmed, il tariffario medico unificato che prevede una tariffa precisa per le singole prestazioni mediche e separa nettamente le prestazioni intellettuali da quelle tecniche (utilizzo di locali, attrezzature, macchinari particolari).
Per tentare di livellare le considerevoli differenze di reddito fra specialisti (più attrezzati) e i generici, il Tarmed privilegia i gesti intellettuali. “L’idea di base era positiva, ma nella pratica non ha funzionato. Gli specialisti non hanno guadagnato di meno e i medici di famiglia non hanno guadagnato di più”, afferma il dottor Héritier.
Migliorare la formazione
Ma le rivendicazioni dei medici di famiglia non si limitano agli aspetti finanziari. Anche per quanto concerne la formazione bisogna introdurre maggiori incentivi. Fra le soluzioni proposte vi è la creazione di istituti di medicina generale in tutte le facoltà di medicina elvetiche: “Ne esistono in tutta Europa, mentre in Svizzera solo Basilea ne annovera uno”, fa notare Héritier.
Oltre all’istruzione di base, anche la postformazione va valorizzata, incentrandola maggiormente sulla pratica. In questo ambito il grido d’allarme dei medici comincia a dare i suoi frutti: alcuni cantoni finanziano i posti di assistente presso uno studio medico, altri si apprestano a farlo.
“Finora i posti di praticantato si trovavano quasi solo presso gli ospedali”, sottolinea il membro della SSMG, “offrendo agli studenti la possibilità di imparare direttamente in seno ad uno studio privato, si permette loro di apprezzare maggiormente ma anche di rendersi conto in cosa consiste realmente il lavoro del medico di famiglia”.
A livello politico, da un anno a questa parte i camici bianchi sono riusciti a smuovere le acque e ad ottenere maggiore voce in capitolo. “Siamo ora presi sul serio e spesso sollecitati da politici, commissioni parlamentari e cantoni ogni qualvolta si discute di problemi che ci concernono. Lo stesso ministro della salute Couchepin ha deciso di seguire personalmente il nostro dossier”, afferma François Héritier.
Malgrado questi miglioramenti i medici sono ancora ben lungi dal raggiungere i loro obiettivi, conclude il presidente della SSMG Hansueli Späth, per chi “un anno è un lasso di tempo troppo breve per correggere dei decenni di immobilità”.
swissinfo, Anna Passera
Alla fine del 2006 in Svizzera erano registrati 28’812 medici praticanti (+2% rispetto al 2004), di cui 3491 medici di famiglia.
Dal 2002 il numero dei medici è aumentato di circa il 10%.
Cala invece il numero di medici che lavora in una studio, che si attesta al 53,9% (-0,3% rispetto al 2005).
A livello nazionale vi è un medico che esercita in uno studio ogni 487 persone.
La maggior concentrazione di medici si trova nei cantoni prevalentemente cittadini o agglomerati urbani, come Basilea (un medico ambulatoriale ogni 263 presone) e Ginevra (304).
Nel cantone di Nidvaldo vi è invece un medico che esercita in uno studio ogni 876 persone, in quello di Obvaldo ogni 855, di Uri ogni 844 e di Appenzello interno ogni 834.
Da un’indagine pubblicata nel mese di marzo nella rivista “Swiss Medical Weekly” che esamina lo stato di salute generale e psichica dei medici di famiglia, risulta che un terzo circa di loro presenta sintomi di burn out.
Il 34% utilizza regolarmente antidolorifici e il 14% ricorre a tranquillanti, cifre due volte superiori rispetto alla popolazione generale.
Il 6% dei medici di famiglia fa inoltre uso regolare di antidepressivi.
Oltre l’8% dei medici, soprattutto le donne e i dottori che vivono soli, consultano uno psichiatra.
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