James Webb, uno sguardo ai confini dell’universo
Il telescopio spaziale James Webb è in grado di individuare la luce della gamma infrarossa di galassie lontane, stelle in formazione e comete appena visibili. Parte della tecnologia è stata sviluppata da istituti svizzeri.
James Webb è il telescopio più grande e potente mai lanciato nello spazio. Il Mid-Infrared Instrument (strumento a medio infrarosso – MIRI) è uno dei quattro strumenti scientifici del telescopio e l’unico che copre la poco esplorata gamma di lunghezze d’onda tra i 5 e i 28 micrometri. Le prime immagini di prova che ha inviato lasciano a bocca aperta.
Ciò gli permette di osservare, ad esempio, le galassie ai confini dell’universo. Più a lungo la luce viaggia, infatti, più si sposta nella gamma degli infrarossi.
MIRI riesce anche a “esplorare” i giganti gassosi distanti. Uno spettrografo gli permette di scoprire dettagli sulla loro composizione chimica.
L’hardware svizzero è stato sviluppato dall’Istituto Paul Scherrer (PSI) in collaborazione con alcune industrie. In seguito, l’Istituto di fisica delle particelle e astrofisica (IPA) del Politecnico di Zurigo (ETHZ) ha rilevato il progetto. La squadra dell’astrofisico Adrian Glauser ha sviluppato cavi speciali e un otturatore indispensabili per MIRI che, per funzionare bene, deve essere raffreddato a – 266°C. La sfida più grande è stata progettare i componenti in modo che funzionassero correttamente a temperature vicine allo zero assoluto.
Il telescopio James Webb ha iniziato il suo viaggio nello spazio il 25 dicembre 2021, raggiungendo la sua posizione a 1,5 milioni di chilometri dall’orbita terrestre nel Punto di Lagrange L2 il 24 gennaio 2022. Inizierà ad operare nell’estate del 2022.
In quel momento terminerà anche il lavoro della squadra svizzera per il James Webb. Tuttavia, altre sfide attendono Glauser. Con il suo direttore scientifico, Sascha Quanz, è responsabile dello strumento di misurazione infrarossi METIS, parte dell’Extremely Large Telescope (ELT) che dovrebbe entrare in funzione nel deserto di Atacama nel 2027. Inoltre, sta già lavorando alla nuova generazione di telescopi spaziali che un giorno saranno in grado di studiare in dettaglio pianeti simili alla Terra.
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