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L’asilo politico per proteggersi dai rifiuti

Giusi e Sergio Sedia, napoletani di Cimitile, hanno chiesto asilo politico in Svizzera per sfuggire all'emergenza rifiuti.

Una coppia di giovani napoletani ha chiesto asilo politico alla Svizzera per tutelare la propria salute in seguito all'emergenza rifiuti in Campania. Nostro reportage.

Un gesto che per Giusi e Sergio non è solo simbolico: la coppia, che vive in una zona dove il rischio tumori è molto elevato, vuole proteggere anche il loro futuro bambino.

“Da Berna, dall’Ufficio per gli stranieri, mi hanno risposto che dobbiamo presentare la nostra richiesta in ambasciata o presso un vostro consolato. Ed è quello che intendo fare nei prossimi giorni”.

Non è uno scherzo, e non si tratta semplicemente di un gesto spettacolare, di cui si è ormai occupata anche la stampa italiana. No, Giusi e Sergio Sedia, 30 anni lei, 34 lui, napoletani di Cimitile, comune della regione del Nolano, intendono andare fino in fondo. E ottenere dalla Svizzera asilo politico. Se pensate a una coppia di mattacchioni,o peggio, di furbacchioni in cerca di sistemazione, vi sbagliate.

Sono giovani, seri, e impegnati sul fronte della difesa ambientale. Soprattutto, sono convinti che oggi venga loro negato uno dei diritti fondamentali per ogni essere umano: il diritto alla protezione della loro salute, minacciata sia dall’emergenza rifiuti che stanno soffocando la Campania, sia e soprattutto dalle tante discariche abusive e, sostengono, “sicuramente stracariche di veleni” presenti anche nella loro zona. “Quindi – è la convinzione di Sergio – ci sono sicuramente le condizioni per ottenere l’asilo”.

Direzione il Ticino

Ma perché proprio in Svizzera? “Perché noi lo consideriamo un paese civile, dove non si creerebbero mai le condizioni per la tragedia che invece stiamo vivendo noi”.

E perché la prima richiesta è stata inoltrata al Consiglio di Stato del Canton Ticino? “Per affinità culturale, è la regione del vostro paese dove si parla italiano, per noi sarebbe tutto più facile”, spiega Sergio, specialista in informatica e istruttore di arti marziali.

Ma c’è anche un’altra ragione. Giusi, che lavora come biologa presso l’Istituto per lo studio dei tumori, è già stata a Bellinzona, per una visita al locale Istituto di biologia. Al giornale “La Regione”, il primo a dare la notizia in Svizzera, hanno precisato che, pur sapendo di potersi stabilire nella Confederazione grazie agli accordi “bilaterali”, ritengono che l’asilo consenta loro di essere aiutati mentre si darebbero da fare per trovare un lavoro.

Tumori

“Abbiamo paura, vivere qui è diventato impossibile, il numero delle malattie tumorali ed i morti per cancro è aumentato in modo impressionante”.

Che l’aumento ci sia stato non viene né confermato né decisamente smentito dalle autorità locali e nazionali, che parlano di “verifiche scientifiche in corso”.

Ma lo affermano in tanti: medici di base, specialisti, istituti di ricerca. E soprattutto lo ha certificato uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità reso noto nella primavera del 2007, che stabilisce una correlazione tra la crescita dei casi di tumore e il problema dei rifiuti.

Nella sala da pranzo della giovane coppia “richiedente l’asilo alla Svizzera”, c’è la foto di Sergio bambino col papà, stroncato da un tumore a soli 54 anni. E Sergio non ha dubbi sull’origine del male che gli ha portato via il padre.

Una richiesta tutt’altro che simbolica


Oltretutto Giusi è al quinto mese di gravidanza. Ci mostra le ecografie fatte finora, sostiene che in altre circostanze non avrebbe l’ossessione di farle.

Racconta di come ogni giorno debba recarsi al lavoro attraversando strade invase dai rifiuti e di come sia difficile vivere con questa pressione psicologica: “Come persona adulta ritengo che il mio corpo abbia la possibilità di difendersi meglio, ma il mio bambino si sta formando, sta crescendo, devo pensare al suo futuro, non ritengo nel modo più assoluto che da noi le cose possano migliorare”.

Per suo marito, “la situazione è ormai irreversibile, la regione rimarrà minacciosamente inquinata per sempre”. Proprio per questo, ripetono, la richiesta di aiuto alla Svizzera “non è affatto teorica o simbolica”.

Marigliano

A cinque chilometri da Cimitile, c’è Marigliano, con una delle ex-discariche che il commissario straordinario De Gennaro vuole riaprire, insieme ad altre della Campania, per sistemarvi le centomila tonnellate di immondizia che assediano la regione.

Sergio raggiunge il presidio di cittadini che si battono contro il progetto di riapertura.

Gli oppositori un risultato lo avevano ottenuto: una serie di “carotaggi” per nuove analisi del terreno della discarica. Sperano che alla fine il Commissario straordinario desista, come aveva fatto per alcuni siti individuati in un primo momento e poi stralciati dal piano per la soluzione dell’emergenza rifiuti perché non idonei.

Aprire gli occhi

Ma le ultime notizie dicono che Marigliano riaprirà. “Eppure – sostiene Nunzia Lombardi, una combattiva ragazza del gruppo – ci devono ancora spiegare come mai nei campi di questa zona i contadini possano coltivare prodotti agricoli destinati all’alimentazione umana, mentre al tempo stesso è vietata la piantagione di prodotti per foraggi animali ed è vietato far pascolare gli animali!”.

La conclusione di Sergio: “Non neghiamo che le discariche servano, ma non si può pretendere di riaprire quelle che, come nel caso di Marigliano, hanno già creato tanti problemi ad una intera comunità. Insomma, se una persona ha anche solo un po’ di buon senso e di raziocinio, dovrebbe fare una cosa sola: fare le valigie, partire, e forse la mia iniziativa ha fatto capire a chi non capiva e soprattutto a chi faceva finta di non capire che la situazione è davvero grave”.

Certo non sono disposti ad ammetterlo, ma sono troppo svegli e informati per noi sapere che in realtà la loro richiesta di asilo alla Svizzera non ha alcuna possibilità di essere accolta. Ma con la loro provocazione-denuncia, Giusi e Sergio un obiettivo lo hanno comunque raggiunto: dimostrare, con un gesto davvero fuori dal comune, quanto sia profonda per molti giovani campani la preoccupazione per quello che oggi appare come un futuro negato.

swissinfo, Aldo Sofia, Cimitile

Una ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità pubblicata nel 2007 ha evidenziato l’esistenza di una correlazione tra la crescita dei casi di tumore e il problema dei rifiuti in Campania.

L’indagine ha mostrato che colpite sono soprattutto le donne (il 18 per cento in più rispetto ai maschi).

Secondo gli esperti dell’Istituto italiano per lo studio dei tumori, le malformazioni dei neonati avrebbero subito addirittura un aumento dell’80 per cento nel cosiddetto “triangolo della morte” (Nola-Acerra-Marigliano), una delle zone più inquinate dai rifiuti tossici che per lungo tempo sono stati depositati illegalmente un po’ ovunque.

Si tratta soprattutto rifiuti industriali provenienti dal Nord e gestiti dalla “camorra”, la malavita napoletana, presente in tutti vari passaggi della lucrosa industria della “monnezza” (trasporti, aperture di cave abusive, acquisti di terreni, il tutto grazie ad amministrazioni distratte, incapaci o spesso corrotte).

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