L’ultimo appello di Mister ambiente
Philippe Roch, dimissionario direttore dell'Ufficio federale dell'ambiente, parla dei progressi in materia di protezione della natura. E delle lacune da colmare.
Dopo 13 anni il direttore dell’UFAFP Philippe Roch sarà rimpiazzato, il primo ottobre, dal suo vice, Bruno Oberle.
La soluzione per ridurre drasticamente le emissioni di gas nocivi, dice in questa intervista a swissinfo Philippe Roch, sta nel combinare il progresso scientifico con un cambiamento dello stile di vita.
swissinfo: Crede di aver raggiunto gli scopi che si era prefisso?
Philippe Roch: Vi sono alcuni campi in cui abbiamo fatto dei progressi notevoli in materia di politica ambientale. Penso ad esempio ai rifiuti: la nostra legislazione è molto avanzata ed è stata applicata bene dai cantoni e dal settore privato. Non abbiamo più discariche di rifiuti non completamente trattati e neutralizzati. E il livello di riciclaggio di diversi materiali è molto sviluppato.
Nel campo dei cambiamenti climatici, abbiamo fatto dei passi importanti, all’inizio, in accordo con i nostri impegni internazionali. Abbiamo una legge sul CO2 che viene già applicata, e il parlamento discuterà l’introduzione di una tassa per incentivare la riduzione delle emissioni. È chiaro che abbiamo ancora molta strada da fare, ma nel campo dell’energia e del CO2 abbiamo compiuto progressi notevoli.
swissinfo: Ma ci sono stati dei campi in cui si può parlare di fallimento?
P.R.: Penso che le leggi sull’ambiente siano molto buone, ma se si prende ad esempio il traffico, l’impatto sull’ambiente cresce molto velocemente. Si dovrebbe far di più. Anche se la Svizzera ha investito molto nello sviluppo delle ferrovie, il traffico continua a crescere.
Il rumore è un vero problema. Stiamo cercando di ridurre l’inquinamento fonico dovuto alle industrie e ai veicoli. Ma quello che facciamo, in pratica, è costruire muri e finestre che isolano dal rumore. Non basta. Quello che dovrebbe cambiare è la politica, le norme e gli standard dei veicoli. Ci vuole un vasto consenso europeo e la mia opinione è che non facciamo abbastanza.
Inoltre dovremmo cambiare il comportamento della gente. Abbiamo una piccola percentuale di persone che guidano, e migliaia d’altre che ogni giorno devono sopportare il loro rumore assordante. Reintrodurre la nozione di rispetto nella società, per migliorare l’ambiente è la grande sfida del futuro.
swissinfo: L’ufficio federale dell’ambiente ha subito delle riduzioni che mettono un’ipoteca sulle sue attività future. È un colpo duro per lei?
P.R.: Ho l’impressione di essere abbastanza rispettato come direttore, mi si riconosce l’impegno nei confronti dell’ambiente e la lealtà verso gli organi politici. Ho una relazione positiva con il parlamento, dunque i tagli non li considero una condanna del mio operato. Si tratta piuttosto di una pressione generale per risparmiare in seno all’amministrazione federale.
Chiaramente l’ambiente è spesso in conflitto con altri interessi, perché se vogliamo proteggere la natura dobbiamo limitare le costruzioni e imporre degli standard.
Ho l’impressione che si tratti di un momento di crisi, ma non di un attacco a lungo termine della politica ambientale.
swissinfo: Lei ha assunto la sua carica nel 1992, l’anno del grande summit sulla Terra di Rio. Recentemente altre preoccupazioni hanno messo in ombra l’agenda di Rio. Non lo trova scoraggiante?
P.R.: Certamente. La politica è diventata molto miope e mi spiace che l’ambiente non sia preso più sul serio, perché è fondamentale per questo paese, per il suo successo economico e sociale. Ma credo che l’importanza dell’ambiente sarà di nuovo presa in considerazione nei prossimi anni.
Dopo le inondazioni in Svizzera e negli Stati Uniti, ci si rende conto maggiormente della relazione tra uomo e natura. E ciò può aiutarci a riconsiderare l’importanza della protezione ambientale.
swissinfo: Guardando al futuro, si parla già del successore del protocollo di Kyoto. Cosa c’è da aspettarsi da un nuovo accordo?
P.R.: Penso che dovremmo basarci sulla convenzione ONU del 1992 sui cambiamenti climatici, che è più avanzata del protocollo di Kyoto. La convenzione ci impegna a stabilizzare le emissioni ad un livello di scarso pericolo. Se vogliamo raggiungere questo scopo, dobbiamo andare più in là di Kyoto. Dobbiamo ridurre le emissioni dei paesi industrializzati dell’80%. Il che significa uno stile di vita completamente diverso e un progresso tecnologico enorme.
Quello che dobbiamo fare, dopo Kyoto, è porci nuovi obiettivi per i prossimi dieci anni. Ma sapendo che dobbiamo andare molto più lontano e che alcuni grandi paesi non vogliono nuovi obiettivi, dobbiamo trovare nuove idee. Probabilmente dobbiamo affrontare due percorsi: uno è tecnologico, l’altro di sfida al nostro stile di vita, che è molto più difficile.
Ma non vedo altra via se non quella di un nuovo atteggiamento di responsabilità nei confronti dell’ambiente e delle generazioni future. La politica da sola non può farcela. Bisogna lavorare all’interno della società per cambiare le cose.
Intervista swissinfo: Morven McLean
Traduzione: Raffaella Rossello
Il parlamento elvetico ha ratificato il protocollo di Kyoto nel giugno del 2003.
Stando al protocollo, la Svizzera si impegna a ridurre le proprie emissioni di CO2 del 10%, al di sotto dei livelli del 1990, entro il 2010.
Si impegna anche a ridurre le emissioni di CO2 di 1,8 milioni di tonnellate l’anno, tra il 2008 e il 2012.
A questo proposito la Svizzera ha introdotto una sovrattassa sui combustibili e un prelievo di circa un centesimo al litro di carburante, che entra in vigore il 1° ottobre.
Philippe Roch, alla testa dell’Ufficio federale dell’ambiente dal 1992, lascia l’incarico il 1° ottobre.
Un vero paladino dell’ambiente, Roch in passato ha diretto il WWF Svizzera.
Al momento sta prendendo in considerazione un’offerta dell’università di Ginevra che vuole creare un nuovo istituto dell’ambiente e dello sviluppo durevole.
Philippe Roch è attivo anche in diversi comitati internazionali di consulenza ambientale
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