No profit: niente lusso, buoni risultati
Gli spazi dell'istituto CABI a Delémont sono modesti. Non si può dire lo stesso del valore della ricerca che vi viene effettuata.
Caso raro per un’organizzazione internazionale, i fondi sono raccolti progetto per progetto e non provengono dalle quote versate dai paesi membri.
Immerso nel verde dei prati e dei boschi che lambiscono Delémont, l’istituto CABI è un edificio dalle dimensioni contenute. Accanto, qualche serra e molte piante avvolte in garze che imprigionano gli insetti da studiare. Chi collega la ricerca ad ambienti asettici e super tecnologicizzati, farà fatica a capire che qui si svolge un importante lavoro per lo studio e la messa a punto di strumenti per la lotta biologica a piante e animali nocivi, in particolare a quelli che hanno raggiunto ambienti diversi da quelli d’origine.
Quando l’organizzazione inglese CABI scelse Delémont come sede per un suo centro lo fece perché la cittadina del Giura rappresentava una soluzione ideale. «Questa è una zona boschiva e all’epoca – racconta Urs Schaffner, responsabile del settore di ricerca sugli ecosistemi – la maggior parte dei progetti era di tipo forestale. La ricerca dei nemici naturali delle piante e degli animali nocivi che dall’Europa hanno raggiunto l’America o l’Oceania, qui è più facile».
Nell’interesse di tutti
L’esperienza accumulata negli anni da CABI è un tesoro importante in un mondo sempre più in movimento. «In generale si può dire che il numero di organismi che fa la sua comparsa in luoghi in cui in passato non esisteva è in aumento», spiega Schaffner. «Basta fare l’esempio dei prodotti agricoli che vengono spediti da una parte all’altra del globo in container. Oggi i controlli sono buoni, ma è impossibile escludere completamente il rischio di trasportare inavvertitamente insetti o funghi».
Il lavoro, al CABI, per i prossimi anni non mancherà. Così come non mancheranno le collaborazioni con altri partner nazionali o internazionali. Il CABI è un’associazione senza scopo di lucro, alla quale aderiscono 45 paesi. Ma non sono le loro quote d’iscrizione a finanziare i lavori. «Tutto ciò che facciamo, lo facciamo perché ci vengono affidati dei progetti», spiega Ulrich Kuhlmann, responsabile del settore agricoltura di Delémont.
«È notevole che nel campo della lotta biologica agli organismi nocivi si sia riusciti a mettere in piedi un istituto che non dipende all’80% dai contributi dei suoi membri. Noi arriviamo al 3% soltanto. Forse per questo qui l’arredamento è modesto e non lavoriamo nel lusso come altre organizzazioni internazionali».
Niente lusso, ma tanta esperienza da mettere a frutto: per questo al CABI fanno ricorso in molti. «In genere, oggi un progetto è sostenuto da cooperative di sponsor interessati alla soluzione di un determinato problema», spiega Kuhlmann. L’interesse può essere determinato da diversi fattori, come la volontà di contenere le conseguenze economiche di un’invasione o di prevenire danni gravi all’ecosistema.
Lotteria e ricerca
Se per i progetti applicati – come l’introduzione di un pesticida biologico nelle coltivazioni di cavolo in Corea del Nord – non è difficile trovare dei finanziamenti, le cose si complicano per la ricerca di base e l’infrastruttura. «Organizzazioni come la Direzione svizzera dello sviluppo e della cooperazione – con la quale collaboriamo – sono interessate a migliorare le condizioni di vita della gente. Da loro non riceviamo compiti di ricerca, ma la richiesta di applicare le conoscenze che abbiamo per migliorare la sicurezza alimentare. Abbiamo progetti di questo tipo in Cina, Corea, Kossovo…», racconta Kuhlmann.
Ecco allora che per la ricerca e l’infrastruttura sono benvenuti anche altri tipi di contributi. La Lotteria della Svizzera francese, per esempio, ha pagato parte di una serra e delle incubatrici. «Ultimamente», aggiunge Urs Schaffner «la Lotteria della Svizzera francese ha contribuito anche al finanziamento di due progetti di ricerca che riguardano il poligono del Giappone (Fallopia japonica), una specie che è invasiva in tutta Europa e che dalla Francia si sta diffondendo in Svizzera. Il progetto – che si prefigge di stabilire quali sono i danni ecologici ed economici legati alla diffusione di questa pianta – è sostenuto anche dall’Ufficio federale dell’ambiente».
swissinfo, Doris Lucini, Delémont
Il centro CABI Bioscience Switzerland di Delémont è stato inaugurato nel 1958 ed ha continuato il lavoro della Stazione europea per il controllo biologico che CABI International aveva aperto in Svizzera nel 1948.
L’istituto di Delémont collabora con i centri di ricerca della Confederazione, alcune università svizzere e la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione. I rapporti con la Confederazione sono aumentati nel 2000, quando la Svizzera ha aderito a CABI.
CABI Switzerland è organizzato in quattro sezioni: agricoltura, boschi e piante ornamentali, controllo biologico delle erbacce e ricerca sugli ecosistemi.
Oltre allo studio e alla messa a punto di strumenti biologici per combattere malattie e parassiti, CABI offre consulenze e organizza corsi per i contadini.
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