Ogm: una battaglia appena iniziata in Svizzera
Dalle prime ricerche condotte in Svizzera sugli organismi geneticamente modificati non sono emersi danni per l'ambiente. Secondo i ricercatori, solo con degli studi a lungo termine si potranno però escludere dei rischi. E intanto è appena cominciata la battaglia tra sostenitori e oppositori degli Ogm.
“La libertà di ciascuno finisce dove comincia la libertà degli altri. Questo principio, ben noto, vale anche per le sperimentazioni genetiche: ciascuno può assumere dei rischi, nella misura in cui non arreca danno agli altri”, spiega Klaus Peter Rippe, presidente della Commissione federale d’etica per la biotecnologia nel settore non umano.
Secondo il filosofo, spetta quindi a chi conduce delle sperimentazioni genetiche dimostrare che non comportano dei rischi per altre persone. Concretamente, occorre definire di caso in caso una soglia di tolleranza: “I rischi vanno ridotti a tal punto, da non lasciar presupporre un’eventuale danno”.
Una valutazione dei rischi, dal profilo etico, che non facilita di certo il lavoro dei ricercatori. Dal momento che delle trasformazioni genetiche possono avere conseguenze a distanza di decenni, gli specialisti si ritrovano a corto di tempo per dimostrare non solo l’utilità, ma anche l’innocuità delle loro tecnologie.
Nuove ricerche necessarie
I primi studi ufficiali sugli organismi geneticamente modificati (Ogm), realizzati in Svizzera, sono stati presentati questa settimana a Berna nell’ambito di un seminario organizzato dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM). I risultati sono piuttosto incoraggianti: gli specialisti non hanno infatti riscontrato effetti negativi per api, lombrichi, lumache o larve di mosche, considerati degli indicatori che reagiscono più rapidamente ad eventuali modifiche del patrimonio genetico delle piante.
Per trarre delle conclusioni definitive è tuttavia ancora troppo presto: un progetto di ricerca ha evidenziato le difficoltà che sussistono nella raccolta di prove tangibili sulle possibili ripercussioni dell’impiego di Ogm. Ad esempio, nel caso del mais transgenico – hanno rilevato gli specialisti – i fattori ambientali che interagiscono sono così numerosi da richiedere una sorveglianza di lunga durata per poter disporre di dati affidabili.
Per raccogliere maggiori informazioni, la Confederazione ha incaricato nel 2005 il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica di realizzare una serie di studi approfonditi (pnr 59) per verificare l’utilità e i rischi della disseminazione di piante geneticamente modificate. I risultati conclusivi saranno noti nel 2012.
Svizzera in ritardo
Troppo tardi, secondo molti ricercatori e i rappresentanti del settore privato, presenti al seminario dell’UFAM. “Mentre in altri paesi gli Ogm sono ormai una realtà su grande scala da diversi anni, in Svizzera si stanno addirittura ostacolando le ricerche”, deplora il senatore del Partito popolare democratico Peter Bieri.
“Il sistema genetico contiene tante informazioni quanto una biblioteca con migliaia di libri. Le modifiche che possiamo operare con la tecnologia genetica corrispondono tutt’al più ad una parola o ad un paragrafo di una sola pagina. I rischi di alterazioni pericolose sono quindi estremamente ridotti”, sottolinea Werner Arber, premio Nobel e docente di microbiologia presso l’Università di Basilea.
Secondo lo specialista, non si tratta inoltre di scegliere tra gli Ogm e un’agricoltura che rispetta l’ambiente: “Oggi la produzione agricola si basa su monocolture intensive che non favoriscono la biodiversità e fanno largo uso di pesticidi e altri prodotti nocivi per l’ambiente. Lasciate quindi la possibilità ai ricercatori di dimostrare l’utilità delle tecnologie genetiche”.
Critiche dei contadini
“I ricercatori vogliono sempre dirci come noi contadini dobbiamo lavorare”, replica Martin Kamm, agricoltore e rappresentante dell’associazione IP Suisse. “In Svizzera il mais transgenico non ci è di nessuna utilità. Per lottare contro i parassiti disponiamo di armi biologiche, che funzionano molto bene. Se oggi puntiamo su tecnologie sbagliate, saranno i nostri figli a farne le spese”.
Anche la deputata dei Verdi Maya Graf attira l’attenzione sui rischi delle tecnologie genetiche. “Prima di immettere in Svizzera degli Ogm, bisogna sapere, ad esempio, in che modo proteggere le aziende agricole biologiche dai rischi di contaminazioni. Oppure risolvere la questione dei brevetti, dal momento che i giganti agroalimentari intendono chiaramente riservarsi un monopolio per i loro prodotti”.
Futuro dell’agricoltura incerto
La battaglia sulle tecnologie genetiche nell’agricoltura è appena cominciata in Svizzera. In seguito alle forti resistenze da parte delle associazioni di contadini e di consumatori, il governo ha proposto pochi giorni orsono al parlamento di prorogare per altri tre anni, ossia fino al 2013, la moratoria sull’impiego di Ogm.
“Ci troviamo di fronte ad una questione che solleva molte emozioni, sia da una parte che dall’altra”, riassume Hans Hosbach, capo sezione presso l’UFAM. “Per gli uni, gli Ogm sono di grande utilità e addirittura inevitabili, tenendo conto dello sviluppo agricolo mondiale. Per gli altri, l’agricoltura svizzera avrà un futuro, se farà a meno degli Ogm e punterà su una produzione biologica di nicchia. Solo tra alcuni anni potremo sapere chi aveva ragione”.
swissinfo, Armando Mombelli
Entrata in vigore il 1° gennaio del 2004, la Legge federale sull’ingegneria genetica nel settore non umano autorizza l’impiego di Ogm, a condizione che sia garantita la protezione dell’uomo, della fauna, dell’ambiente e della diversità biologica.
Nel 2005, la popolazione svizzera ha approvato una moratoria sulla commercializzazione di piante geneticamente modificate, valida fino al 2010.
In seguito alla mancanza di certezze scientifiche e alle resistenze manifestate dalle associazioni di contadini e di consumatori, lo scorso maggio il governo ha proposto al parlamento di prorogare fino al 2013 tale moratoria.
Maggiori informazioni sull’utilità e i rischi legati all’impiego di organismi geneticamente modificati nell’agricoltura sono attesi entro il 2012 dal programma nazionale di ricerca 59 del Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica.
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