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Parlamento diviso nel dibattito sul clima

Per lottare contro il riscaldamento, i deputati vogliono favorire veicoli meno inquinanti Keystone

Il dibattito sul clima di mercoledì al Consiglio nazionale (camera del popolo) ha confermato ancora una volta le diverse posizioni rispetto al futuro energetico della Svizzera.

L’appello dei partiti borghesi a sfruttare maggiormente il potenziale dell’energia atomica si è scontrato con la fiducia rosso-verde nelle energie rinnovabili.

Il Consiglio nazionale (camera del popolo) ha tenuto nel pomeriggio e in serata un dibattito maratona di quasi cinque ore sulla politica energetica e climatica.

Nel contempo ha trattato 77 atti parlamentari, tra cui nove interpellanze urgenti dei partiti di governo e dei Verdi. 23 tra mozioni e postulati sono stati accettati, la maggior parte contro la volontà del governo.

Il ministro dell’ambiente e dell’energia Moritz Leuenberger ha presentato la strategia governativa per ovviare alla lacuna energetica che si prospetta tra una decina d’anni. Il Consiglio federale punta su una serie di componenti: efficienza energetica, energie rinnovabili, opzione nucleare e, a titolo transitorio, sulle centrali a gas.

Tutti in favore del clima

Dagli interventi di oltre 40 oratrici e oratori che si sono alternati alla tribuna è emerso che il parlamento vuole una politica energetica che preservi il clima. Nel dibattito urgente la maggioranza borghese ha però sostenuto che la strategia da varare deve basarsi su incitamenti e non su divieti.

Nessuno ha negato la necessità di agire in favore dello sviluppo sostenibile. Tuttavia, le opinioni divergono sull’ampiezza del fenomeno e sulla portata dei provvedimenti da adottare.

Come lo schieramento rosso-verde, Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice), Partito popolare democratico (PPD) e Partito liberale radicale (PLR) sono del parere che si debba incoraggiare le energie rinnovabili e la razionalità energetica.

Il potenziale nei campi degli elettrodomestici, degli edifici e delle automobili è «gigantesco», ha sottolineato il popolare Ruedi Lustenberger. Ciò permetterebbe di risparmiare fino al 60% di elettricità, ha precisato la socialista Barbara Marty Kälin.

Segnali «allarmanti»

Ma per la sinistra, è tempo di passare dalle parole ai fatti vista l’urgenza della situazione, segnatamente in materia di riduzione delle emissioni di CO2. I segnali sono «allarmanti», ma per il momento ci si è accontentati di combattere i sintomi, ha deplorato la presidente dei Verdi Ruth Genner, che ha invitato il parlamento ad adottare misure «decise».

Dal canto suo, il socialista Fabio Pedrina ha ricordato che troppe fonti energetiche non rispecchiano i prezzi e sono troppo a buon mercato. Ciò favorisce il consumo spensierato che aumenta l’inquinamento.

Le catastrofi naturali – ha proseguito – sono sotto i nostri occhi e le decisioni sul CO2 sono state prese in ritardo. Pedrina ha addossato la responsabilità alla maggioranza borghese che ha continuato a sabotare ogni tentativo per una produzione energetica ecologica.

Puntare sulla responsabilizzazione

Adottare misure vincolanti sarebbe controproducente, ha risposto la destra. È meglio puntare sulla responsabilizzazione e su misure d’incitamento, per esempio sgravi fiscali per le vetture e gli immobili rispettosi dell’ambiente, ha suggerito il democentrista Caspar Baader.

Una «cura da cavallo» nocerebbe all’economia e alla crescita, pure necessarie per portare avanti una politica climatica, ha aggiunto il radicale Werner Messmer.

Citando la penuria di elettricità che si profila verso il 2015- 2020, i partiti borghesi non hanno trascurato di sottolineare l’importanza di garantire l’approvvigionamento energetico della Svizzera.

Per l’UDC si tratta addirittura del problema «principale». Questo partito ha nel contempo ricordato che in Svizzera beneficiamo di una produzione di energia elettrica che è la più pulita del mondo in termine di emissioni di CO2.

I democentristi si sono così pronunciati chiaramente per un abbinamento delle fonti energetiche che comprenda anche il petrolio, il gas e il nucleare. L’atomo resta inevitabile, dato che le alternative non basteranno, ha predetto Baader. Egli ne ha approfittato per chiedere di accelerare le procedure d’autorizzazione per la costruzione di nuove centrali.

Leuenberger soddisfatto

Prima di votare su 48 (postulati e mozioni) dei 77 atti parlamentari che hanno dato adito al dibattito urgente, il ministro dell’ambiente e dell’energia Moritz Leuenberger ha espresso soddisfazione per tutta la serie di proposte presentate dai rappresentanti del popolo. Tuttavia, le buone intenzioni non bastano, ha ammonito.

Egli ha invitato gli eletti a passare dalle parole ai fatti dopo le elezioni federali di ottobre. Il Consiglio federale presenterà entro la fine dell’anno il suo piano d’azione per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica.

Il dispositivo – ha precisato Leuenberger – si concentrerà sugli edifici, sugli elettrodomestici e sulle automobili. Il ministro ha sottolineato che occorrono provvedimenti «decisi».

Varie proposte inoltrate dai parlamentari rispecchiano i provvedimenti in cantiere. Il governo ha dunque chiesto di respingerle, sopratutto per motivi formali e non di contenuto, ha precisato Leuenberger.

swissinfo e agenzie

Consumi d’energia in Svizzera nel 2005, secondo l’Ufficio federale dell’energia:
carburanti 31,1%
Oli da riscaldamento 25,4%
Elettricità 23,2%
Gas 12,2%
Altre fonti di energia (carbone, legna, ecc.) 7,2%
Altre energie rinnovabili (sole, vento, ecc.) 0,9%

La legge sul CO2, entrata in vigore il 1. maggio 2000, costituisce il nocciolo della politica svizzera in materia di clima e completa gli impegni presi dalla Svizzera a livello internazionale.

Il suo obiettivo è la riduzione entro il 2010 delle emissioni di CO2 del 10% rispetto ai valori del 1990.

La legge si basa su un meccanismo a due livelli: una tassa sul CO2 può essere introdotta soltanto se gli obiettivi di riduzione non vengono raggiunti applicando provvedimenti volontari e altre misure di accompagnamento.

A lungo dibattuta, l’origine umana del riscaldamento del pianeta è ormai oggetto di consenso tra gli scienziati.

Una sintesi delle varie ricerche è stata presentata in occasione di una conferenza internazionale tenutasi all’inizio di febbraio a Parigi.

Gli specialisti di 113 paesi hanno valutato al 90% la probabilità di una responsabilità umana per il cambiamento climatico.

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