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Prende forma l’Asia del dopo Tsunami

Piano piano, a Banda Aceh (Indonesia) tornano le abitazioni swissinfo.ch

Un anno dopo lo Tsunami che ha sconvolto gran parte del sud-est asiatico, gli sforzi d'aiuto svizzeri sono ancora concentrati sulla ricostruzione.

I miglioramenti sono lenti. Centinaia di migliaia di sopravvissuti vivono ancora in rifugi temporanei. In causa soprattutto la burocrazia e le divisioni etniche.

Nel suo bilancio tracciato ad inizio dicembre, la ministra degli esteri elvetica Micheline Calmy-Rey si era detta molto soddisfatta dai risultati raggiunti dalla Svizzera. Il paese, secondo la Calmy-Rey, ha affrontato la crisi molto meglio di numerose altre nazioni.

La Svizzera è implicata in numerosi progetti sparsi per la regione: la ricostruzione di case o scuole, il ristabilimento della fornitura d’acqua potabile, il sostegno ai sopravvissuti nel gestire il trauma e ripartire nella vita.

La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) intervenne immediatamente in Thailandia, dove i suoi esperti stanno ancora ricostruendo quattro villaggi di pescatori nelle isole Ko Kho Khao e Koh Phra Throng, 150 km a nord di Phuket.

La maggior parte dei villaggi dispone ora di un’infrastruttura di base ed i lavori dovrebbero poter essere terminati in tempo, prima dell’inizio della prossima stagione delle piogge.

A chi appartiene la terra?

I progetti sono tuttavia stati intralciati dalla questione della proprietà dei terreni, uno dei principali ostacoli alla ricostruzione nella regione.

In molti luoghi, tutti gli schedari sono stati distrutti ed i lavori sono continuamente ritardati mentre le agenzie di aiuto e di cooperazione lottano per ottenere i permessi per iniziare a lavorare.

“All’inizio è stato un po’ più difficile del previsto a causa di questo aspetto davvero cruciale”, dice a swissinfo Rolf Grossenbacher, un architetto attivo per il Corpo svizzero d’aiuto umanitario.

Ma i problemi in Thailandia sono apparsi poca cosa rispetto ai labirinti amministrativi ed ai campi minati (reali e politici) con i quali hanno dovuto confrontarsi gli operatori attivi nello Sri Lanka.

Sulla sconvolta costa est dell’isola, decine di migliaia di sopravvissuti vivono ancora in rifugi d’emergenza, in attesa che le agenzie d’aiuto ottengano il via libera del governo per iniziare i lavori.

“Una situazione che nessuno, autorità comprese, aveva mai sperimentato”, dice Bettina Iseli, coordinatrice di Caritas. “Per molte organizzazioni si è trattato di un intenso processo d’apprendimento”.

Conflitto etnico

Lo Sri Lanka ha già sofferto 20 anni di conflitti etnici tra la maggioranza cingalese buddista e le “tigri” Tamil, prevalentemente indù, che chiedono uno Stato indipendente.

“In un paese dove un gran numero di persone è colpito da un conflitto, non è possibile ignorare i loro bisogni e concentrarsi unicamente sulle vittime dello Tsunami”, dice a swissinfo l’ambasciatore svizzero nello Sri Lanka Bernardino Ragazzoni.

“I problemi devono essere abbordati contemporaneamente o si creeranno nuove tensioni tra i due gruppi”, aggiunge.

A migliaia di chilometri di distanza, a Banda Aceh, in Indonesia, più di 200’000 persone continuano a vivere in baracche e tende. Come nello Sri Lanka, il governo ha proibito la costruzione di abitazioni in vaste aree costali.

Province annientate

In Indonesia, la devastazione aveva addirittura raggiunto uno scalino supplementare.

Alcune parti della provincia di Aceh, le più vicine all’epicentro del terremoto sottomarino, sono state completamente annientate dalle onde, che hanno trascinato interi villaggi nel mare.

Nella città di Sigli, l’acqua del mare se n’è andata da un pezzo ma la Croce Rossa Svizzera (CRS), sul posto per costruire delle nuove scuole, non può iniziare i lavori perché la zona è allagata dalle piogge monsoniche.

Ottenere un permesso per utilizzare il terreno si è rivelato un incubo burocratico. Ora, invece di cercare un nuovo sito e riaprire i negoziati, la Croce Rossa cercherà un sistema per allontanare l’acqua in eccesso.

Sul fronte dell’approvvigionamento d’acqua, i progressi sono invece stati più chiari. A Banda Aceh, la sfida principale per la CRS è stata il rinnovo della centrale per la purificazione dell’acqua a Lumbaro.

Ora l’impianto funziona a pieno regime e fornisce acqua potabile a circa 300’000 abitanti.

Un aiuto per le vedove

Altri progetti cercano invece di promuovere l’auto aiuto. Nei pressi di Calang, che prima dello Tsunami era raggiungibile in quattro ore di auto da Banda Aceh (ora se ne impiegano 12…), la maggior parte delle 908 famiglie del distretto sono guidate da vedove, ormai prive di fonti di guadagno.

Qui, l’ONG svizzera Interchurch ha istituito un sistema di micro-credito.

“Le vedove sono state duramente colpite dal disastro e non disponevano di alcuna struttura di supporto sociale. Così abbiamo deciso di sostenerle”, dice la portavoce Seta Thakur.

La situazione migliora

Segnali tangibili di miglioramento si riscontrano un po’ ovunque, ma nessuno sa quanto ci vorrà per ricostruire completamente la regione. “Facciamo del nostro meglio – è un lavoro enorme”, dice Karl Gerner dell’organizzazione Helvetas, attiva in Sri Lanka.

Gerner dice a swissinfo che la pressione sulle ONG perché i lavori siano realizzati rapidamente sta crescendo, ma è importante che la ricostruzione avvenga in modo adeguato.

“C’è chi ha velocemente piazzato delle case prefabbricate, ma con l’arrivo della stagione delle piogge si è scoperto che le fondamenta non erano profonde a sufficienza”.

“La qualità necessita di tempo. Bisogna prima costruire un sistema di drenaggio, delle strade. Poi si può pensare alle case”.

swissinfo

Lo Tsunami è stato provocato il 26 dicembre 2004 da un sisma di 9 gradi sulla scala Richter il cui epicentro si è situato non lontano dall’isola indonesiana di Sumatra.
Ha fatto 226’000 morti e 125’000 feriti. Tra le vittime pure 112 svizzeri.
Fino al 2007, il governo svizzero destinerà 35 milioni di franchi per l’aiuto alla ricostruzione in favore delle vittime della catastrofe.
Le offerte del pubblico alla Catena della solidarietà (SRG SSR idée suisse) hanno raggiunto 226 milioni di franchi.

Un anno dopo lo tsunami, swissinfo si è recato nella regione per dare un’occhiata ai progressi nella ricostruzione e per valutare la situazione della popolazione.

Gli articoli ed i filmati dei nostri giornalisti possono essere consultati nel dossier speciale realizzato dalla redazione inglese.

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