Speranza: il lungo viaggio di Silvana
Silvana Di Gisi, 48enne ticinese, è appena rientrata dalla Cina dove, per un mese, si è sottoposta ad un trattamento a base di cellule staminali, ultima speranza nella sua dura lotta contro una rara malattia degenerativa.
Nonostante i costi esorbitanti e lo scetticismo della scienza medica occidentale, che frenano molti dei potenziali pazienti svizzeri, Silvana ha voluto tentare. E non rimpiange la scelta effettuata. Incontro con swissinfo.
“Ho esitato fin troppo: avrei dovuto farlo prima”, dice Silvana accogliendoci nella sua casa di Manno, nei pressi di Lugano. “Ora ho ritrovato gli stimoli, la voglia di lottare ed il coraggio”, aggiunge, determinata.
Colpita un paio d’anni fa da una rara forma di atassia cerebrale, malattia genetica che danneggia il sistema nervoso centrale e provoca la progressiva perdita della coordinazione motoria, dell’articolazione della parola, delle capacità uditive e di quelle visive, prima di pensare alla Cina ed alle staminali le aveva provate quasi tutte.
Negli ultimi anni, si era infatti sottoposta ad esami a ripetizione, aveva fatto ricorso a numerosi specialisti e si era recata a Losanna per due fitte settimane di analisi presso il locale Ospedale universitario. I responsi l’avevano tuttavia sempre delusa. Tante ipotesi, una vaga ma minacciosa diagnosi (“malattia degenerativa”) ed un’unica certezza: nessuno sembrava disporre di una cura adatta al suo caso.
“Una situazione terribile, perché nel contempo vivevo l’avanzare della malattia e, lenta ma costante, la diminuzione del mio grado d’indipendenza”, racconta. L’equilibrio si faceva più instabile, la capacità di concentrazione calava, l’abilità nello scrivere e nello scandire le parole pure. Giorno dopo giorno.
E così, confrontata a difficoltà crescenti, Silvana ha deciso d’imboccare la sola via alternativa alla rassegnazione: un trattamento comprendente 6 iniezioni di cellule staminali ombelicali (4 direttamente nel midollo spinale, 2 per vena) presso l’ospedale Zhejiang Xiaoshan di Hangzhou, grande città cinese a circa 200 km da Shanghai.
Una scommessa piuttosto cara
Oltre che un significativo sacrificio finanziario (le casse malati non riconoscono questo tipo di terapia e dunque non se ne assumono le spese), i circa 45’000 franchi necessari per il mese di cura a Hangzhou sono così diventati per Silvana e la sua famiglia una condizione per auto-offrirsi la possibilità di continuare a sperare.
“Non sapevo nemmeno bene cosa aspettarmi, anche perché dai medici ed esperti svizzeri sentivo opinioni molto diverse in merito all’efficacia delle staminali: chi mi consigliava di provare, chi esprimeva seri dubbi, chi addirittura mi scherniva”, ricorda con un pizzico d’amarezza.
In effetti, a volte questi tipi di trattamento si rivelano del tutto inefficaci. Inoltre, anche nella migliore delle ipotesi, le staminali non sconfiggeranno l’atassia ma ne attenuano parzialmente gli effetti, permettendo di riacquisire alcune delle capacità perdute. Ma, a conti fatti, la grintosa ticinese è persuasa di aver vinto la sua scommessa.
“Dal punto di vista medico, i benefici principali dovrebbero manifestarsi nel corso dei prossimi 6 mesi. Vedremo che succede, ma già oggi posso dire di aver notato dei piccoli miglioramenti”. Dopo anni di costante declino, anche una minima inversione di tendenza assume un’importanza vitale.
“Scandisco un po’ meglio le parole, i capelli crescono più folti ed ho ricominciato a percorrere le scale di casa da sola. Impiego 20 minuti a raggiungere la lavanderia, ma riesco a farlo da sola! Non accadeva da tempo”, sottolinea raggiante.
Un gruppo di amici
Dopo aver vissuto per lunghi mesi il fardello di sentirsi un caso più unico che raro, al ventesimo piano dell’Ospedale di Hangzhou, in un reparto comprendente una ventina di pazienti (americani, canadesi, pakistani, australiani…), tutti affetti dallo stesso tipo di malattia, Silvana ha scoperto di avere una squadra …che tifa per lei.
“Questo è forse l’aspetto più importante: ho conosciuto persone di tutto il mondo nella mia situazione, ho sentito il loro coraggio e me ne sono lasciata contagiare”, rileva. “Con una giovane mamma di Roma ho instaurato una relazione di amicizia. Lei riusciva ormai a muovere soltanto la testa ma …che spirito: pensa che mi raccontava barzellette!”.
A turno, quando uno dei pazienti si apprestava a ricevere un’iniezione di staminali, gli altri si riunivano per sostenerlo. “Sembrava davvero di disporre di un gruppo di tifosi tutto speciale”, scherza Silvana. Bella sensazione per chi, come lei, è cresciuta frequentando assiduamente gli spalti delle varie piste di hockey svizzere.
Ora la terapia, basata su agopuntura e fisioterapia, continua a Lugano. Niente di particolare, si tratta semplicemente di far lavorare i muscoli (“altrimenti ti blocchi…”) e di sperare che gli effetti della cura si confermino e rinforzino con il tempo.
“Ormai ho capito che una cura vera e propria non c’è. Ma dopo l’esperienza in Cina sono più forte. Ed ho voglia di combattere”, conclude strizzando un occhio.
swissinfo, Marzio Pescia
Le staminali sono cellule indifferenziate, per così dire “vergini” e dotate della capacità di trasformarsi in qualunque altro tipo di cellula (muscolari, ematiche o cerebrali).
Agendo come una sorta di sistema di riparazione del corpo, le staminali possono riprodursi senza alcun limite per sostituire altre cellule, con la sola condizione che la persona ricevente sia in vita.
Questo tipo di cellule, provenienti da embrioni precoci o dal cordone ombelicale (ma pure, parzialmente, dagli esseri umani adulti) sono utilizzate per curare malattie neurodegenerative come l’alzheimer, la sclerosi multipla o l’atassia. Una parte della comunità scientifica non ritiene ancora provata l’efficacia di questa terapia.
La Cina è all’avanguardia per quel che riguarda la ricerca, la sperimentazione ed i trapianti di cellule staminali. Nel paese asiatico, il settore ha potuto svilupparsi molto velocemente senza fare i conti con quesiti etici fondamentali che hanno invece alimentato le discussioni in Occidente.
Alle nostre latitudini, il dibattito è innanzitutto medico: la comunità scientifica ritiene di non disporre ancora di sufficienti prove per ammettere l’efficacia delle terapie a base di staminali e, dunque, per accettarle.
La questione si fa poi etica, soprattutto riguardo alle staminali prelevate da embrioni umani, considerati da molti degli “esseri viventi” che, come tali, meritano rispetto e dignità e che quindi non devono poter essere sfruttati a fini di ricerca.
La legge federale concernente la ricerca sulle cellule staminali è entrata in vigore il 1. marzo 2005 dopo il referendum popolare del 28 novembre 2004.
La normativa rende possibile la derivazione di cellule staminali da embrioni soprannumerari (quelli nati per la fecondazione in vitro e che non hanno potuto essere impiantati nell’utero della madre) a scopo di ricerca. È tuttavia vietato produrre embrioni per questo fine.
Le cellule staminali possono essere ricavate dagli embrioni solo fino al settimo giorno di sviluppo. L’uso a fini commerciali è proibito. Il ricorso agli embrioni è possibile solo se le coppie interessate vi acconsentono per iscritto, dopo aver preso conoscenza del progetto di ricerca.
A certe condizioni, la ricerca e la sperimentazione sono dunque permessi anche in Svizzera. Il regime è invece molto più rigoroso per quel che riguarda i trapianti.
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