Tra bisogno di sapere ed interrogativi etici
La ricerca sulle cellule staminali embrionali umane provoca il dibattito in numerosi paesi. In Svizzera, ci si appresta a votare sul tema, sensibile come pochi altri.
La ricercatrice Marisa Jaconi si è per prima dedicata allo studio di queste cellule.
Marisa Jaconi è la ricercatrice svizzera del momento. Da quando tre anni fa ha ottenuto il permesso di importare dagli Stati uniti delle cellule staminali provenienti da embrioni umani è regolarmente impegnata a dare qualche intervista. «Non oso sommare tutto il tempo che ho passato a rispondere alle domande dei giornalisti», ci dice ridendo mentre chiacchieriamo nel suo ufficio.
Siamo alla periferia di Ginevra, dove immersi nel verde sorgono alcuni edifici dell’ospedale universitario. In uno di questi, Marisa Jaconi ha cominciato a studiare le cellule staminali embrionali (ES, dall’inglese “embryonic stem cells”) nei topi, cercando di capire cosa le spinge a svilupparsi in cellule cardiache. Poi, quando si sono avuti i primi risultati incoraggianti, ha bussato alla porta del Fondo nazionale per la ricerca e ha chiesto di poter cominciare a lavorare anche su cellule staminali embrionali umane.
Ne è seguito un piccolo terremoto che ha portato all’elaborazione di una nuova legge, ma anche e soprattutto a un ampio dibattito pubblico sul ruolo della ricerca scientifica e sulle sue implicazioni etiche.
swissinfo: Come è arrivata a studiare le ES?
Marisa Jaconi: Si è trattato di una concatenazione di eventi. Ho cominciato ad appassionarmi allo studio delle cellule durante i corsi di laurea a Ginevra. Gli anni del post dottorato negli Stati uniti e l’attività di ricerca sulle cellule cardiache che ho svolto a Montpellier (INSERM), in Francia, hanno fatto il resto e mi hanno spinto nella direzione delle staminali.
Adesso guido un mio piccolo gruppo di ricerca legato alla Facoltà di Medicina dell’università di Ginevra. Non è sempre facile, se voglio che il mio progetto vada avanti, devo cercare dei finanziamenti e devo anche confrontarmi con le conclusioni affrettate alle quali giungono alcuni giornalisti.
È stato scritto, per esempio, che il mio gruppo è riuscito a guarire il cuore di un topo. È vero, stiamo studiando come rigenerare i tessuti cardiaci grazie all’impiego di cellule staminali e abbiamo ottenuto dei risultati incoraggianti, ma siamo ancora lontani dal sapere come curare un infarto.
swissinfo: In Svizzera, lei è l’unica ad avere un progetto di ricerca sulle ES umane. Eppure il governo ha deciso di elaborare una legge per regolamentare proprio questo settore della ricerca. Non la stupisce tanta attenzione nei confronti delle staminali?
M.J.: È un tema che ha suscitato accesi dibattiti in tutto il mondo. Credo che ponga degli interrogativi fondamentali: Chi siamo? Cos’è un embrione? Quando inizia la vita? Insomma, costringe le persone a confrontarsi con il proprio concetto di etica e di vita.
C’è una specie di paradosso in tutto questo. Ci preoccupiamo di cosa fare di un embrione quando è una pallina di cellule immature e viviamo in una società che autorizza l’aborto e la spirale.
È importante parlare di queste cose, portandole ad un livello di discussione pluralista. Solo così la nostra società potrà aumentare il suo grado di consapevolezza.
swissinfo: Prelevare delle cellule da un embrione equivale a distruggerlo. Questo non le crea dei problemi etici?
M.J.: Porsi degli interrogativi etici su quello che si fa è fondamentale. Anche se giustamente protetto, io penso che l’embrione non possa essere considerato alla stessa stregua di un essere umano già nato. L’embrione precoce, quello sul quale la legge autorizzerebbe la ricerca, anche se racchiude in sé la possibilità di uno sviluppo, non presenta ancora delle strutture, degli organi, un inizio di sistema nervoso.
Bisogna poi aggiungere che noi non chiediamo di creare degli embrioni a scopo di ricerca, cosa chiaramente vietata dalla legge e che io sottoscrivo. Si tratta solo di autorizzare la ricerca scientifica a prelevare, alcune cellule da embrioni creati originariamente per la fecondazione assistita, ma non più utilizzabili a questo scopo.
Attualmente, la legge prevede che questi embrioni vengano distrutti. La questione che mi pongo io è la seguente: «È più etico distruggerli o studiarli per poter trovare nuove terapie?» Io rispondo chiaramente che è meglio donarli per studiare delle cellule che buttarli nella pattumiera. Piuttosto che distruggerli, vedrei favorevolmente anche la possibilità di darli in adozione ad un’altra coppia sterile, sempre, ben inteso, che i genitori naturali siano d’accordo. Purtroppo, la costituzione esclude questa possibilità ed impone la distruzione degli embrioni soprannumerari.
swissinfo: Si sono trovate delle cellule staminali anche negli adulti e nel cordone ombelicale. Perché non concentrarsi su quest’ultime?
M.J.: L’unica terapia attualmente disponibile con le cellule staminali adulte è il trapianto di midollo osseo per curare la leucemia. Non sappiamo ancora come riprogrammare le cellule staminali adulte per poter ottenere tutti gli altri tipi di cellule. Lo impareremo solo studiando le staminali embrionali. Per questo e’ importante continuare a studiare tutti i tipi di staminali, sia quelle adulte che quelle embrionali.
Saranno il tempo e la ricerca a dirci se le cellule staminali potranno essere usate per un’applicazione terapeutica. Le speranze comunque ci sono, ed è giusto parlarne. Solo così è possibile far capire le ragioni di una ricerca che è al centro di un dibattito etico mondiale.
Non si può stabilire quali saranno i campi d’applicazione di queste cellule prima di averle studiate. Bisogna fare attenzione a non fare false promesse. Nello stesso tempo, però, occorre poter andare avanti con la ricerca fondamentale.
swissinfo: Qualcuno teme che autorizzare la ricerca sugli embrioni equivalga ad assumersi il rischio di derive pericolose, come nuove forme di eugenismo o la clonazione di esseri umani…
M.J.: Non vedo il pericolo di derive di questo tipo nel nostro paese. La nuova legge è molto restrittiva e non implica nessuna possibilità di clonazione, nemmeno quella di stampo terapeutico. La manipolazione degli embrioni è assolutamente esclusa.
Certo, la legge può essere infranta, ma questo è vero in ogni campo. Penso sia assurdo proibire la ricerca per timore che qualcuno possa poi abusare delle tecniche messe a punto. L’importante è avere un quadro giuridico chiaro, che permetta d’infierire su chi infrange la legge.
swissinfo: Attualmente lei lavora con ES provenienti dagli Stati uniti. Se la legge verrà accettata, vi lancerete nella creazione di linee cellulari svizzere?
M.J.: Dipenderà molto dai fondi che verranno messi a disposizione. Non è per niente facile isolare una linea cellulare a partire da embrioni umani. Per i topi, le linee di ES sono numerose – la ricerca in questo campo è attiva da una ventina d’anni – ma per quanto riguarda le cellule umane, sono a disposizione solo un centinaio di linee. Noi non abbiamo mai isolato una linea del genere e dovremmo imparare la tecnica dai laboratori che l’hanno fatto.
In un primo tempo, dunque, continueremmo a lavorare con cellule straniere. Certo mi auspico che vengano isolate delle linee anche in Svizzera e che i progetti di ricerca aumentino. Così sarà più facile non disperdere i nostri sforzi.
swissinfo: Che vantaggi presenterebbe la possibilità di lavorare con ES ottenute in Svizzera?
M.J.: Le cellule provenienti dagli USA sono vincolate da dei brevetti. Per ottenerle ho dovuto presentare un progetto di ricerca e l’istituto americano che ce le ha cedute ha il diritto di visionare le nostre future pubblicazioni. Non abbiamo quindi una libertà assoluta di ricerca e pubblicazione. Con delle ES isolate in Svizzera questo problema non si porrebbe.
Il progetto di legge esclude la possibilità di brevettare delle linee cellulari umane. Del resto, i brevetti su del materiale vivente sono molto controversi. La proprietà intellettuale di una determinata scoperta va però giustamente protetta. Lo si può fare brevettando i protocolli di ricerca o le tecniche che sono state messe a punto.
Intervista swissinfo, Doris Lucini
Marisa Jaconi è originaria di Lugano. Lavora come ricercatrice al Laboratorio di biologia dell’invecchiamento dell’Università di Ginevra.
Nel 2001 ha ottenuto il permesso d’importare cellule embrionali staminali umane dagli USA
Il primo ad isolare delle ES in laboratorio è stato, nel 1998, lo statunitense James Thomson
28.11.2004: in Svizzera si vota su una legge che regolamenta la ricerca sulle ES
Le cellule staminali sono cellule non specializzate in grado di dividersi mantenendo inalterate le loro potenzialità. Dati determinati impulsi, si sviluppano in cellule specifiche (ossee, cardiache, ecc.).
Si sono trovate cellule staminali nell’embrione precoce, nel cordone ombelicale e nell’essere umano adulto. Al momento, solo le staminali embrionali sembrano presentare la capacità di svilupparsi in tutti i tessuti del corpo.
Marisa Jaconi dirige l’unico progetto di ricerca svizzero sulle staminali embrionali umane. Contemporaneamente continua a studiare le cellule animali. Il gruppo di ricerca elvetico è parte di un network di collaborazioni internazionali.
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