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Un ghiacciaio freddo suda, la Terra trema

Il riscaldamento del ghiacciaio e del nevaio della Punta Gnifetti avanza più rapidamente di quanto si supponesse ethz.ch

Scienziati svizzeri hanno recentemente dimostrato che il riscaldamento di un ghiacciaio d'alta quota nel massiccio del Monte Rosa si è accelerato. È preoccupante per la regioni più fredde del globo, avverte Martin Hölzle, coautore dello studio.

Uno studio americano pubblicato sulla rivista Nature ha rilevato che lo scioglimento dei ghiacciai e della calotta glaciale dell’Artico canadese ha un ruolo molto più importante di quanto finora considerato nell’innalzamento del livello degli oceani.

In Cina, l’Amministrazione nazionale degli oceani ha ufficialmente espresso preoccupazione per tale aumento, che ha definito un “disastro marino progressivo”, che può accrescere il rischio di catastrofi naturali lungo le coste cinesi.

Le novità in materia di cambiamento climatico non finiscono qui. Sulla rivista scientifica europea online The Cryosphere sono appena stati pubblicati i risultati di uno studio condotto da un team di quattro ricercatori svizzeri diretto da Martin Hölzle, professore di geografia fisica presso l’università di Friburgo e specialista di zone ghiacciate.

Per la prima volta questi ricercatori hanno studiato il fenomeno sull’arco di 30 anni, seguendo l’evoluzione dei ghiacci e del nevaio della Punta Gnifetti, nel massiccio del Monte Rosa, tra Italia e Svizzera. Hanno così evidenziato un’accelerazione del riscaldamento di quel cosiddetto ghiacciaio freddo.

Questo tipo di ghiacciaio, al cui interno la temperatura è nettamente inferiore a zero gradi, è rara nelle Alpi e ancor più in Svizzera, dove la maggior parte dei ghiacciai temperati, a quote più basse, si stanno ritirando.

Ma anche dai ghiacciai freddi giungono cattive notizie. “A una profondità di venti metri nel ghiaccio, dal 1982 abbiamo misurato un aumento di 3,8 gradi centigradi”, spiega Martin Hölzle. Le temperature medie sono salite di 0,05 gradi all’anno tra il 1982 e il 1991 e di 0,16 gradi all’anno tra il 2000 e il 2008.

Vero e proprio effetto valanga

Per lo scienziato, l’aumento delle temperature dell’aria, soprattutto in estate, ha indotto lo scioglimento della superficie del nevaio, zona nevosa che perdura tutta l’estate.

Parte di quest’acqua rigela, ma quantità crescenti s’infiltrano nella massa e accelerano l’aumento di temperatura del ghiacciaio freddo. Questa acqua “fa salire molto di più la temperatura di quanto lo farebbe l’aumento della temperatura dell’aria”.

A livello locale, tale evoluzione dei ghiacciai freddi può far temere valanghe su pendii ripidi, ai piedi dei ghiacciai pensili. Ma le conseguenze sono decisamente più critiche a livello planetario.

In primo luogo scompaiono gli archivi climatici, osserva il professore. Questi ghiacci antichi contengono la composizione dell’aria di periodi climatici differenti. Ciò consente, tramite carotaggi, di studiare scientificamente i cicli climatici.

Ma la posta in gioco è ancora più diretta.”Nell’Antartide, in Groenlandia e nell’Artico, ci sono vaste superfici glaciali molto fredde. Le misurazioni sono ancora lacunose, ma diversi studi hanno riportato un aumento delle temperature”, spiega Martin Hölzle.

Ai Poli come al Monte Rosa

Il ricercatore svizzero si dice “convinto che processi simili [a quelli osservati alla punta Gnifetti] sono in atto in queste regioni. Si vede peraltro che in Groenlandia lo scioglimento è molto più forte negli ultimi anni rispetto a prima”.

È chiaro: lo scienziato teme che il riscaldamento climatico acceleri ulteriormente lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari.

“I nostri risultati sono sulla stessa linea di quelli pubblicati dall’IPCC [Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico]”, dice Martin Hölzle, per il quale questo studio evidenzia la necessità urgente di sviluppare le tecnologie verdi e di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra responsabili del cambiamento climatico.

“I ghiacciai sono molto sensibili alle variazioni di temperatura dell’aria, reagiscono molto velocemente. Noi scienziati cerchiamo di documentare ciò che accade e di spiegare i processi in corso. Ma le decisioni spettano ai cittadini e ai politici. È importante che capiscano la necessità di reagire”.

Lo studio condotto da Martin Hölzle con i colleghi di Zurigo e Argovia è basato su una serie di misurazioni di temperatura glaciale rilevate negli anni 1982, ’91, ’94, ’95, ’99, 2000, 2003, 2007 e 2008 a un’altitudine di 4452 metri, in cima al nevaio di Punta Gnifetti.

Dalla ricerca non emerge alcun aumento di temperatura a 20 metri di profondità nel ghiaccio tra il 1982 e il 1991. Ma l’aumento è stato di 0,05 gradi centigradi all’anno tra il 1982 e il 1991, e di 0,16 gradi all’anno tra il 2000 e il 2008, pari a un totale di 1,3 gradi.

“Queste misure di temperatura sono una chiara prova del riscaldamento del nevaio dal 1991”, scrivono gli autori.

A valle della Punta Gnifetti sul Grenzgletscher, il riscaldamento del ghiaccio è risultato più elevato, ossia 6,8 gradi tra il 1991 e il 2008, pari a 0,4 all’anno.

I rilevamenti nella regione del Monte Rosa proseguono. Essi incorporano i lavori di ricerca e d’inventario dei ghiacciai in Svizzera, sotto l’egida dell’Accademia svizzera di scienze naturali.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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