Un successo ancora fragile per i diritti umani
Per dimostrare la sua legittimità, il Consiglio dei diritti dell'uomo deve ora adottare regole di funzionamento credibili. È questa la principale sfida, afferma Adrien-Claude Zoller.
L’esperto ginevrino spera che la Svizzera continui ad impegnarsi, ad esempio aiutando le ONG del sud a far udire la loro voce.
Eletta martedì al Consiglio dei diritti dell’uomo, la Svizzera dovrà ora, assieme agli altri 46 Stati designati, iniziare a forgiare i meccanismi che permetteranno al nuovo organo delle Nazioni Unite di funzionare.
La ministra degli esteri elvetici Micheline Calmy-Rey ha dichiarato mercoledì che bisognerà evitare che gli Stati membri “si sbranino” su tali questioni.
Una speranza condivisa anche da Adrien-Claude Zoller. Da tempo impegnato nella lotta per i diritti umani, questo grande conoscitore del sistema delle Nazioni Unite dirige l’associazione Ginevra per i diritti dell’uomo, un’organizzazione non governativa (ONG) attiva nella formazione.
swissinfo: È un giorno di speranza per le vittime delle violazioni dei diritti umani?
Adrien-Claude Zoller: Sul lungo termine, non vi è alcun dubbio. Fino ad allora, però, le vittime dovranno pazientare.
swissinfo: Quali insegnamenti ha tratto da questo voto e dalla campagna che lo ha preceduto?
A.-C. Z.: Il sistema delle Nazioni Unite non è cambiato. Gli Stati membri del Consiglio sono quelli che decidono e la maggioranza di questi membri è refrattaria ai diritti umani.
Certo, sono state poste nuove condizioni per partecipare a questo organismo. Tuttavia, esse dipendono essenzialmente dalla buona volontà degli Stati. Bisognerà quindi continuare a fare pressione per ottenere dei progressi reali in materia di difesa dei diritti umani.
Ciò che conta veramente, è la costituzione effettiva del Consiglio. Il lavoro comincia adesso.
swissinfo: Rispetto alla Commissione dei diritti dell’uomo, quali linee di frattura si stagliano all’orizzonte tra i 47 membri del Consiglio?
A.-C. Z.: La sua composizione è più ‘negativa’ di quella della defunta commissione. Ciò perché la proporzione di Stati asiatici e africani è più elevata. Nella precedente commissione, questi gruppi regionali hanno frenato i progressi in alcuni ambiti.
Detto ciò, gli Stati più ‘negativi’ (che erano membri della commissione) non hanno osato ripresentarsi. Penso in particolar modo alla Libia, al Sudan e allo Zimbabwe.
Affinché il Consiglio dei diritti dell’uomo funzioni, la condizione è che riesca a sormontare le alleanze automatiche dei gruppi regionali. Una logica – questa – che aveva minato i lavori della defunta commissione.
swissinfo: Gli Stati Uniti hanno quindi ragione di mostrarsi diffidenti.
A.-C. Z.: Certo, ma criticare è facile. Si può sempre affermare che non si è andati abbastanza lontani. Il fatto è che il sistema attuale riposa sulla volontà degli Stati. Non si poteva di certo sperare di più.
Bisogna altresì osservare che è la prima volta che è possibile escludere uno dei membri da un organismo dell’ONU in caso di violazioni massicce dei diritti umani.
swissinfo: Sarà quindi l’impegno delle ONG che permetterà di dare credibilità a questo nuovo organismo?
A.-C. Z.: In effetti. Una simile istituzione composta da Stati non ha una reale credibilità. Solo la società civile e una sua piena ed intera partecipazione può dare legittimità al Consiglio. Le condizioni di questa partecipazione restano però tuttora da definire.
Questo primo anno del Consiglio deve essere visto soprattutto come un processo preparatorio. Le prime riunioni susciteranno senza dubbio alcune delusioni. Ma nel giugno del 2007, dovremo assistere a una sessione durante la quale verrà abbordata la sostanza di questo dossier.
swissinfo: Importanti divergenze sono apparse in seno alle ONG, segnatamente con UN Watch. Questo sviluppo è benefico?
A.-C. Z.: Ogni ONG che fa da portavoce alle posizioni di un Governo, qualunque esso sia, non può rappresentare decentemente la società civile. È il caso di UN Watch, vicina alle tesi statunitensi ed israeliane.
Vedremo senza dubbio installarsi a Ginevra anche delle ONG pro-castriste e così via…
swissinfo: Qual è la principale sfida che attende la Svizzera e Ginevra?
A.-C. Z.: Dall’inizio della riforma delle Nazioni Unite, le ONG che si battono sul terreno non sono state ascoltate, a parte qualche rara eccezione.
Bisogna assolutamente che queste ONG possano far udire la loro voce e che possano presentare delle proposte già dalle prime riunioni del Consiglio. E ciò senza dipendere dalle grandi ONG che svolgono il ruolo di portavoci di queste piccole associazioni.
La Svizzera deve favorire questa partecipazione, se vuole rafforzare il ruolo internazionale di Ginevra con un Consiglio realmente efficace.
swissinfo, intervista di Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione di Daniele Mariani)
I 47 membri eletti:
Africa del Sud, Algeria, Camerun, Djibouti, Gabon, Ghana, Mali, Marocco, Isole Maurizio, Nigeria, Senegal, Tunisia, Zambia.
Argentina, Brasile, Cuba, Ecuador, Guatemala, Messico, Perù, Uruguay.
Arabia Saudita, Bahrein, Bangladesh, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia, Giappone, Giordania, Malaysia, Pakistan, Filippine, Sri Lanka.
Azerbaigian, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Ucraina.
Germania, Canada, Finlandia, Francia, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Svizzera.
La Svizzera è stata eletta il nove maggio per un mandato di tre anni in seno al Consiglio dei diritti dell’uomo dall’Assemblea generale dell’ONU, riunita a New York.
Questo mandato può essere rinnovato una volta sola. La Svizzera dovrà poi lasciare il posto ad un altro Stato del gruppo occidentale prima di postulare un’altra volta.
I 47 paesi membri del Consiglio si riuniranno per la prima volta a Ginevra a partire dal 19 giugno.
Il Consiglio si riunirà tre volte all’anno, per almeno dieci settimane, a Ginevra (l’ex Commissione si riuniva per al massimo sei settimane) e potrà convocare delle assemblee d’emergenza.
Questo organo dipende direttamente dall’Assemblea generale dell’ONU.
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