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Una chaise longue per Emilie Spyri e i diritti delle donne

Pipilotti Rist, seduta sul poggiapiedi, e alcuni studenti inaugurano la chaise longue in onore di Emilie Kempin-Spyri unizh

L'Università di Zurigo ha inaugurato un'opera di Pipilotti Rist dedicata alla prima giurista e docente universitaria svizzera, Emilie Kempin-Spyri.

Arrivata agli studi nel 1885, a 32 anni, Emilie Kempin-Spyri ha dato un contributo fondamentale alla causa femminile, battendosi per ottenere il diritto d’insegnare all’università e diventare avvocata.

A differenza di Heidi, personaggio letterario creato da sua zia Johanna, Emilie Kempin-Spyri è rimasta nel dimenticatoio per quasi cent’anni. C’è voluto il romanzo biografico «La donna dalle ali di cera», pubblicato da Eveline Hasler nel 1991, per riportare alla luce la sua storia e i suoi meriti.

Ora anche l’Università di Zurigo ha deciso di rendere omaggio alla sua prima laureata in giurisprudenza, una donna che negli anni ottanta dell’Ottocento ha dato anima e corpo – è morta a nemmeno cinquant’anni in una clinica psichiatrica – per ottenere quello che sarebbe diventato un diritto costituzionale solo nel 1981: la parità dei sessi.

Per ricordare questa pioniera della causa femminile, l’ateneo ha chiesto aiuto a Pipilotti Rist, icona svizzera della cultura pop. Famosa per le sue videoinstallazioni, la Rist ha questa volta rinunciato ai suoni e alle immagini in movimento e ha creato una chaise longue di dimensioni enormi che troneggia nel Lichthof, il cortile interno coperto dell’Università di Zurigo.

Ricordare e riflettere

«Abbiamo voluto quest’opera per dimostrare la nostra riconoscenza a Emilie Kempin-Spyri», ha detto il rettore Hans Weder a margine della cerimonia di inaugurazione che si è tenuta il 22 gennaio. «Questa chaise longue è anche un invito a riflettere sul passato e su ciò che può ancora essere migliorato».

Sì, perché anche se oggi la Svizzera non rifiuta più il diritto di esercitare la professione di avvocato alle donne, anche se nel 1971 ha concesso loro il diritto di voto e nel 1981 ha sancito il principio della parità dei sessi, molto resta ancora da fare. Per esempio quando si parla di rendere conciliabili famiglia e carriera professionale.

Anche in questo campo, Emilie Kempin-Spyri precorse i tempi. Sposò un uomo che sosteneva le sue idee emancipatorie, ma che non andava a genio a suo padre; per questo fu diseredata. Quando suo marito, un pastore protestante, perse il lavoro a causa delle sue posizioni radicali in materia di politica sociale, si rese conto che per una donna c’erano poche vie d’uscita se falliva il modello tradizionale della famiglia: moglie angelo del focolare e marito pilastro economico. Decise di studiare, convinta che così sarebbe riuscita a guadagnare del denaro per sé, il marito e i tre figli. Ma dopo la laurea le fu impedito di lavorare.

Seguirono l’emigrazione negli Stati uniti, dove riuscì ad aprire una scuola di legge, e il ritorno in patria, dove finalmente ottenne di poter insegnare all’università. Ma a quale prezzo? Una donna era vista come un’anomalia e gli studenti la dileggiavano. Non riuscì mai a sfuggire alla miseria economica e un esaurimento nervoso la costrinse a passare gli ultimi anni della sua vita in clinica. Grazie alle sue battaglie, però, nel 1898, il popolo zurighese concesse alle donne l’esercizio dell’avvocatura.

Un ritratto in forma di mobile

Pipilotti Rist ha ripreso il destino drammatico di Emilie Kempin-Spyri e l’ha trasformato in un mobile ricoperto di tessuto blu ricamato con il suo nome e i suoi titoli. Sulla chaise longue, in scala 2:1, si trova poi una biografia della Kempin-Spyri richiamata anche dagli intagli delle parti lignee – un’ape operaia, una farfalla, il simbolo dei paragrafi di legge… «È un ritratto in forma di mobile», spiega l’ideatrice.

«Ho voluto rendere omaggio all’impegno e alla sofferenza di Emilie», racconta Pipilotti Rist. «È anche grazie a lei che oggi certi diritti sono un’ovvietà. Salendo sulla chaise longue, gli studenti potranno realizzare che riposano sui diritti conquistati a fatica da chi li ha preceduti».

L’artista ha voluto prendere un oggetto appartenente alla sfera privata e trasformarlo, ingrandendolo, in uno spazio collettivo. «Qui studenti e professori potranno riposarsi, fare training autogeno, chiacchierare…» E soprattutto ritrovare lo spirito di Emilie Kempin-Spyri «che non si è lasciata scoraggiare, anche se è stata sistematicamente scoraggiata e respinta».

La monumentalità della chaise longue, che va letteralmente scalata, permette poi di rivivere quella che per Pipilotti Rist deve essere stata una sensazione costante della Kempin-Spyri: «A causa del suo sesso ci si rifiutava di riconoscere le sue capacità intellettuali e professionali. Deve essersi spesso sentita trattata come una bambina».

swissinfo, Doris Lucini

Emilie Spyri nasce nel 1853.
S’iscrive all’università a 32 anni; è già sposata e madre di tre figli.
Nel 1887 è la prima donna svizzera ad ottenere un diploma di giurista.
Nel 1888 emigra con tutta la famiglia negli Stati uniti; insegna alla facoltà di giurisprudenza di New York e fonda una scuola di diritto.
1891: rientra a Zurigo; la sua seconda richiesta di un posto come docente all’università è accolta. Le viene tuttavia ancora rifiutata la patente di avvocato.
Poco dopo si trasferisce a Berlino, separandosi dal marito. Continua con successo la sua carriera.
Nel 1897 ha un esaurimento nervoso; muore nel 1901 in un sanatorio basilese, senza essersi mai ripresa.
Nel 1898 i cittadini zurighesi accordano alle donne il diritto di esercitare l’avvocatura; 25 anni dopo lo stesso diritto viene esteso a tutta la Confederazione.
1971: diritto di voto per le donne svizzere
1981: articolo costituzionale sulla parità tra uomo e donna.

In dieci anni d’attività, Emilie Kempin-Spyri si è confrontata in modo scientifico e critico con la questione dell’emancipazione femminile. A suo avviso, la posizione della donna era un’emergenza sociale.

In particolare puntò il dito sulla condizione di dipendenza in cui venivano messe le donne. Per legge il diritto di decidere della loro vita spettava a padri e mariti. «Ritengo che limitare per principio la libertà d’azione delle donne sia quanto di più sbagliato si possa fare. Mantiene la donna in un nocivo stato di dipendenza nel corso di tutto il suo sviluppo», scrisse nel 1894.

Ma Emilie Kempin-Spyri non difese solo il diritto alle pari opportunità, si batté anche affinché venisse riconosciuto il valore del lavoro domestico. «È un grosso errore non dare nessun valore all’attività domestica della donna. In determinate circostanze può portare più del lavoro fuori casa. In ogni caso, questo impegno va equiparato al lavoro produttivo delle donne attive professionalmente».

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