Una luce di sincrotrone svizzera

Inaugurata mercoledì a Villigen (AG) la prima Sorgente di Luce di Sincrotrone (SLS) svizzera. Consentirà di compiere in patria ricerche che gli studiosi elvetici erano costretti a eseguire all'estero.
Tutto comincia con un fascio di elettroni che viene sparato in un campo magnetico, a velocità prossima a quella della luce. Per effetto della forza perpendicolare alla velocità, le particelle incurvano la propria traiettoria e seguono una circonferenza. Fin qui, niente di speciale e (a parte la forma della traiettoria) niente di diverso da ciò che accade nel tubo catodico di un televisore.
Il bello viene quando si controlla cosa accade nei paraggi. E si scopre che gli elettroni dirigono un fascio di radiazione elettromagnetica verso l’esterno del cerchio. Quel fascio è importante e utile, e prende il nome di “luce di sincrotrone”. Le sue lunghezze d’onda vanno dall’infrarosso ai raggi X, passando ovviamente anche per lo spettro della luce visibile. Come una “sonda”, la radiazione penetra nella materia. E quando ne fuoriesce porta con sé importanti informazioni sulla sua struttura microscopica.
Finora gli studiosi svizzeri che volevano usare la luce di sincrotrone più energetica dovevano rivolgersi all’estero, dove importanti ed efficienti impianti servono numerosi gruppi di ricerca internazionali. Da mercoledì non sarà più così: presso il Paul Scherrer Institut a Villigen (AG) verrà inaugurata la Sorgente di Luce di Sincrotrone svizzera, un vero e proprio “fiore all’occhiello” per l’establishment scientifico indigeno.
Anzitutto perché offre a 90 gruppi di scienziati svizzeri la possibilità di rimanere a casa propria per lavorare, con ogni precedenza sui colleghi stranieri. E poi perché il nuovo impianto è assolutamente competitivo con quelli stranieri. Infatti produrrà radiazione elettromagnetica fino ai raggi X “duri”, quelli più energetici e penetranti, che fino a questo momento gli studiosi elvetici potevano trovare soltanto all’estero, e lo farà con una luminosità assai elevata. I ricercatori potranno quindi studiare con agio le proteine e i virus, le molecole che consentiranno di ottenere nuovi farmaci, i superconduttori, le nanostrutture.
Per ottenere questo risultato è stato necessario raccogliere e mettere in comune le competenze di 100 specialisti provenienti da 20 nazioni. Ma ne è valsa la pena, perché gli scienziati svizzeri che ne beneficeranno potranno raggiungere le 250 unità. Pochi? Niente affatto. Basta pensare ai benefici che si potranno ricavare, sotto forma di farmaci e di nuovi materiali, per comprendere come il loro lavoro, oltre che dare lustro al Paese, sarà anche una fonte di benessere per tutti noi.
Marco Cagnotti

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