“È stato come se qualcuno avesse svaligiato la mia casa”
La trasmissione di dati personali agli Stati uniti, a volte senza nemmeno fornire informazioni preliminari ai diretti interessati, ha suscitato timori e risentimenti presso molti collaboratori delle banche svizzere. Si sono sentiti traditi, come racconta uno di loro a swissinfo.ch.
Max (nome cambiato per preservare il suo anonimato) lavorava fino a poco tempo fa presso un’importante banca svizzera. Si occupava della gestione di patrimoni della clientela negli Stati uniti. Benché svolgesse soprattutto attività di supporto, anche il suo nome è stato trasmesso alla giustizia americana dalla sua banca, finita sotto inchiesta negli Stati uniti.
In un’intervista a swissinfo.ch, Max racconta la tensione mentale che grava su di lui da mesi, in seguito al timore di essere arrestato e sottoposto ad un procedimento penale da parte della giustizia americana. Questa vicenda ha intaccato le sue prospettive di carriera presso una banca e oggi considera con una certa amarezza il ruolo assunto dal governo svizzero, che ha autorizzato la trasmissione dei dati del personale bancario agli Stati uniti.
swissinfo.ch: Come ha appreso che anche il suo nome figurava tra coloro che sono stati trasmessi alla giustizia statunitense?
Max: Un giorno ne sono stato informato dal mio superiore, in un colloquio personale. La banca ha però rifiutato di fornirmi una conferma scritta o eventuali dettagli sul contenuto delle informazioni consegnate agli Stati uniti che mi concernevano.
La mia prima reazione è stata di incredulità: avevo sempre fatto il mio lavoro correttamente, seguendo le regole. Non capivo perché avessero trasmesso anche il mio nome, dal momento che non avevo avuto contatti diretti con i clienti americani e non avevo offerto loro dei servizi.
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L’insicurezza pesa sugli impiegati delle banche
swissinfo.ch: Che cosa ha provato apprendendo questa notizia?
Max: Questo fatto mi ha disgustato, anche perché la banca non ha voluto nemmeno garantirmi che avrebbe pagato le spese di un avvocato e che mi avrebbe aiutato nel caso in cui avessi avuto dei problemi con la giustizia americana.
Mi sono sentito tradito, in quanto avevo lavorato in modo coscienzioso e in buona fede nei confronti del mio datore di lavoro. È stato un po’ come se qualcuno avesse svaligiato la mia casa. I miei dati personali erano stati violati.
swissinfo.ch: Che impatto ha avuto questo evento sulla sua vita personale?
Max: La mia banca ha raccomandato ai collaboratori di non viaggiare negli Stati Uniti. Ciò ha suscitato in me una certo timore. Ho avuto perfino paura di uscire dalla Svizzera, temendo di poter essere arrestato ed estradato negli Stati uniti. Abbiamo sentito tante brutte storie di persone arrestate o molestate dalle autorità statunitensi.
Dal momento che buona parte della mia famiglia vive all’estero, mi sono trovato in una situazione piuttosto complicata. Ero così stressato che ho dovuto recarmi più volte dal medico.
Poche settimane dopo aver saputo che il mio nome era stato consegnato agli Stati uniti, mi sono recato in Inghilterra per un matrimonio. Ero molto nervoso, ma poi, vedendo che non mi era successo nulla, i timori di viaggiare in Europa sono stati fugati. Ma ancora oggi preferisco non viaggiare negli Stati Uniti.
Nel 2011, la giustizia americana annuncia di aver posto sotto inchiesta una decina di banche svizzere: sono sospettate di aver aiutato migliaia di clienti ad evadere le imposte degli Stati uniti, violando le leggi americane.
Il dipartimento americano di giustizia esige tutte le informazioni sulle transazioni delle banche, compresi nomi e dati degli impiegati coinvolti nelle attività USA.
Nel 2012, il governo svizzero autorizza le banche a collaborare con la giustizia americana e a fornire nomi e dati degli impiegati. Le banche forniscono migliaia di dati richiesti a Washington, in molti casi senza informare anticipatamente i collaboratori.
Nel 2013 il dipartimento americano di giustizia esige ulteriori dati. Il governo svizzero propone al parlamento di regolare la trasmissione delle informazioni attraverso un’apposita legge (Lex USA).
Nel giugno scorso, il parlamento boccia la Lex USA, ritenendola non necessaria e contraria ai principi di sovranità della Svizzera.
Il 3 luglio, la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf propone un “piano B”: le banche potranno trasmettere i dati richiesti su autorizzazione del governo, senza violare l’articolo 271 del Codice penale, che vieta la collaborazione con autorità straniere.
swissinfo.ch: Questa vicenda ha avuto delle ripercussioni in campo professionale?
Max: Ho deciso di abbandonare il settore bancario e di cercare un’occupazione in quello immobiliare – ma dopo un anno non sono stato in grado di trovare lavoro. E anche se trovassi un lavoro, dovrò riqualificarmi e acquisire una certa esperienza, prima di poter risalire al livello che avevo finora. La banca ha sprecato parecchi anni della mia vita professionale.
swissinfo.ch: Quando lavorava nel settore bancario, non si è mai chiesto se non stesse svolgendo attività discutibili dal profilo morale?
Max: Ho sempre pensato che il lavoro in una banca rappresentasse un’occupazione importante e altamente considerata nella nostra società. Per quanto mi riguarda, il mio lavoro era assolutamente legale e in regola con le autorità di ogni paese.
swissinfo.ch: Come valuta l’atteggiamento assunto dal governo svizzero in questa vicenda?
Max: Sono rimasto scioccato dal processo politico confuso e dalla prestazione della ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf durante il dibattito sulla Lex USA.
Ha dato l’impressione di attenersi alle richieste delle banche, senza tener conto delle opinioni o degli interessi di altre persone. I politici sembravano dire una cosa un giorno e il suo contrario una settimana dopo. È stata una grande confusione.
Il mio nome è stato venduto ad un governo straniero per giungere ad un accordo, nella speranza di ridurre le possibili sanzioni contro le banche.
Traduzione di Armando Mombelli
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