«La mia vita, la rifarei tutta quanta!»
Carla del Ponte, già procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ed ex ambasciatrice svizzera in Argentina, è sempre sulla cresta dell’onda. In un incontro con swissinfo.ch, la ticinese parla della sua nuova vita di “giovane pensionata”, lontana dalle luci della ribalta.
«A dir il vero avevo in mente di migliorare il mio handicap a golf, ma non ne ho ancora avuto il tempo. Sono molto occupata a girare le università, dove mi chiamano come esperta dell’applicazione del diritto penale internazionale. Intervengo soprattutto negli atenei europei e posso rendere i giovani studenti in giurisprudenza partecipi della mia esperienza in materia».
Ci risponde così Carla del Ponte, incontrata a Lugano in occasione della Giornata cantonale della persona anziana (6 ottobre), alla domanda su come passa le sue giornate da quando è entrata ufficialmente in pensione, all’inizio di quest’anno.
Molto applaudita al termine della sua relazione “I tribunali internazionali: giustizia per le vittime e contributo di pace e riconciliazione” tenuta al Palazzo dei Congressi di Lugano davanti a oltre 600 persone, Carla del Ponte in gran forma, sorridente ed abbronzata non si è sottratta al bagno di folla. Tantissimi i suoi ammiratori, in questo caso quasi tutti anziani, membri dell’Associazione ticinese della terza età che non le hanno risparmiato i complimenti, spesso anche in dialetto: «Brava Carla, avanti così, il tuo coraggio ci fa onore!»
Un ritorno alle origini dopo tanto girovagare
Chiusa la carriera professionale ufficiale con una parentesi diplomatica in un’esistenza tutta consacrata alla carriera di magistrato – «sono e rimango una procuratrice nell’anima» – come ambasciatrice svizzera a Buenos Aires, la valmaggese di nascita Carla del Ponte ha fatto rientro in Ticino, «dove si sta molto bene» sottolinea.
Un ritorno alle proprie radici mai dimenticate, agli affetti di famiglia, agli amici dopo tanto girovagare per il mondo: «Ora posso anche permettermi di invitare mio figlio a pranzo a casa mia, anche se non sono mai stata una buona cuoca», scherza. Mario, suo figlio unico ha ormai 34 anni. La sua carriera universitaria lo ha portato verso altri lidi, quelli cinematografici e lavora alle dipendenze del Festival internazionale del film di Locarno.
Parliamone di quella parentesi diplomatica intrapresa nel 2007 dopo la non rielezione a procuratore capo del Tribunale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia (TPI) e in Ruanda – «ed è proprio il fatto di aver anche voluto perseguire penalmente chi in Ruanda è adesso al potere che mi è costato il posto», ha detto l’ex-procuratrice durante il suo intervento.
«È vero», ammette Carla del Ponte, «che per insediarmi come ambasciatrice in Argentina ho dovuto sottopormi ad un apprendimento totale della diplomazia. Sono però stata aiutata dalla conoscenza delle ambasciate, maturata durante gli anni trascorsi come capo del TPI all’Aia».
Indipendentemente dai piccoli malintesi sorti con il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) in merito alla pubblicazione del suo libro autobiografico «La caccia – Io e i criminali di guerra», l’ex ambasciatrice parla con entusiasmo del suo impegno in Argentina. «Ho così potuto imparare lo spagnolo, una lingua che non conoscevo e ho scoperto un paese meraviglioso».
Tornando al libro, scritto in inglese con la collaborazione del giornalista americano Chuck Sudetic e la cui promozione mentre era in carica a Buenos Aires le era valsa un ammonimento, è stato tradotto in molte lingue e continua ad essere venduto in tutto il mondo. «Ciò mi rende molto felice in quanto i diritti d’autore sono interamente versati alla Fondazione Giovanni Falcone», precisa la sua autrice.
Una fondazione costituita da Maria Falcone, sorella del procuratore siciliano assassinato dalla mafia nel maggio 1992 e di cui Carla del Ponte è membro. «Si occupa di tenere vivo il ricordo di Giovanni con seminari organizzati annualmente a Palermo e di sostenere i giovani», spiega quella che fu non soltanto collega, ma anche amica e «allieva», come dice lei, del «giudice Falcone».
«Rifarei tutto, senza nessuna esitazione»
«La mia collaborazione con lui, quando lavoravo come procuratrice a Lugano, è stata una scuola d’insegnamento e di vita, sono stati anni intensi e molto belli che non scorderò mai», racconta la ticinese che, accanto al magistrato siciliano, aveva rischiato la morte nel 1989 sulla costa dell’Addaura vicino a Palermo dove una bomba piazzata nei pressi della casa di mare di Falcone era stata disinnescata giusto in tempo dagli artificieri.
Carla del Ponte ha quindi apprezzato tutte le tappe della sua ricchissima vita professionale: dopo Lugano, la nomina a procuratrice della Confederazione le ha permesso di confrontarsi con il mondo politico: «A Berna ho imparato tanto e ho maturato un’esperienza che mi è stata poi molto utile all’Aia».
Nessun rimpianto quindi, rifarebbe tutto da capo? «Eccome, rifarei tutto quanto, dall’inizio alla fine, senza nessuna esitazione!». Si congeda su quest’ultima battuta, impronta all’ottimismo e alla determinazione che l’hanno sempre caratterizzata.
Nata a Bignasco (Valle Maggia, Ticino), Carla del Ponte studia legge a Ginevra e Berna, diventando avvocato e notaio nel 1972.
Esercita la professione a Lugano dove, nel 1975, apre il proprio studio di avvocatura.
Entra in magistratura nel 1981, dapprima come giudice istruttore per poi diventare procuratrice pubblica del Sottoceneri nel 1985.
Le indagini comuni con la procura di Palermo nella lotta contro il crimine organizzato (Pizza Connection) la fanno conoscere fuori dai confini nazionali, in particolar modo in Italia dove il suo nome è regolarmente abbinato a quello del procuratore antimafia per eccellenza Giovanni Falcone.
Nel 1994 Carla del Ponte lascia il Ticino alla volta di Berna dove è nominata procuratrice generale della Confederazione, ruolo che ricopre fino al 1999 quando accetta la proposta di diventare procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra all’Aia.
Nel 2007, in seguito alla sua mancata rielezione, diventa ambasciatrice svizzera a Buenos Aires dove rimane in carica fino a gennaio di quest’anno.
Dopo i primi tribunali internazionali, quelli militari di Norimberga (1945) e di Tokyo (1946), nel 1993 l’ONU crea all’Aia un tribunale ad hoc per giudicare gli atti commessi durante la guerra civile nell’ex Jugoslavia, tra il 1991 e il 1995.
Nel 2002, sempre nella cittadina olandese viene poi istituita la Corte penale internazionale alla quale aderiscono 116 paesi mentre 34 tra cui la Russia, la Cina e gli USA firmano ma non ratificano il trattato. Attualmente la corte si occupa del Darfur, del Nord Uganda e della Repubblica democratica del Congo, come pure di migliaia di altre denunce minori.
Il Tribunale per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia e in Ruanda ha processato 161 persone accusate di crimini di guerra e/o di crimini contro l’umanità.
Slobodan Milosevic, ex presidente serbo, è stato senza dubbio il più celebre degli imputati comparsi davanti a Carla del Ponte. Nel 2008 viene arrestato Radovan Karadzic, dopo 13 anni di latitanza mentre bisogna aspettare maggio di quest’anno per la cattura del generale serbo Ratko Mladic, catturato dopo ben 16 anni di latitanza.
Stando a Carla del Ponte, i tribunali penali internazionali avranno ancora parecchio lavoro negli anni a venire quando saranno chiamati a giudicare i responsabili dei crimini contro l’umanità in Siria e in Libia.
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