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«La situazione è catastrofica in Messico e la terra continua a tremare»

Una mujer intenta limpiar los escombros tras el terremoto.
Le strade sono ancora piene di detriti nel villaggio di Juchitán, nell Stato messicano di Oaxaca colpito dal più grave terremoto degli ultimi cento anni. Keystone / EPA / Jorge Nunez

Dal sisma di magnitudo 8,2 che il 7 settembre ha colpito Chiapas e Oaxaca, facendo oltre cento morti, la terra continua a tremare nel Sud del Messico, con oltre 5'000 scosse di assestamento. Coordinatore di una ONG svizzera, l’antropologo Philipp Gerber denuncia l’assenza dello Stato messicano di fronte a questa grave crisi umanitaria.


A quasi un mese dal sisma, le autorità messicane non stanno facendo abbastanza per portare soccorso alla popolazione locale e ricostruire i villaggi colpiti. È la denuncia dell’antropologo zurighese Philipp Gerber, coordinatore dell’ONG Medico International SchweizCollegamento esterno. Il 46enne lavora attualmente come volontario nella regione di Oaxaca, dove è stato localizzato l’epicentro del più grave terremoto che ha colpito il Messico negli ultimi cento anni.

swissinfo.ch: Qual è la situazione nelle comunità colpite dal terremoto nel sud del Messico?

Philipp Gerber: La terra continua a tremare, con una nuova scossa quasi ogni ora, e la gente non riesce più a dormire. Con altri colleghi dell’ONG Codigo DHCollegamento esterno, siamo andati a visitare alcuni villaggi discosti e particolarmente colpiti dal sisma, come Juchitán e San Dionisio del Mar, nello Stato di Oaxaca. A Juchitán, la gente dorme davanti alla propria casa, che è stata distrutta dal sisma e che a ogni scossa di assestamento viene ulteriormente danneggiata. È una situazione davvero catastrofica. Inoltre negli ultimi giorni ha piovuto molto, e la gente ha paura che l’acqua possa causare frane e inondazioni.

swissinfo.ch: La ONG Medico International Schweiz è riuscita a instaurare un rapporto di fiducia con la popolazione locale. Che tipo di aiuto offre concretamente nella regione?

Ph. G.: Siamo giunti nella regione con personale medico e con ingegneri incaricati di analizzare in modo indipendente lo stato delle abitazioni. Lavoriamo in due modi. Da un lato, offriamo sostegno in campo medico e psicosociale. E non solo ai feriti, perché è popolazione nel suo insieme ad essere sotto choc. La salute dei malati cronici è seriamente peggiorata, perché si trovano in condizione di stress, giorno e notte. E poi non mangiano bene. Per questo abbiamo deciso di lanciare un progetto per aiutare le comunità a superare il trauma.

Dall’altro lato, appoggiamo la ricostruzione del tessuto sociale con la creazione di cucine comunitarie e ci prendiamo cura dei bambini, che oltre a non avere più una casa, non possono andare a scuola.

Ragazzo davanti a una casa in rovina a Oaxaca
Un bambino di 11 anni davanti alle rovine della sua casa, a Juchitan, il 10 settembre 2017. AP Photo/Rebecca Blackwell

swissinfo.ch: Lo Stato è accusato di non garantire sufficienti aiuti alle regioni colpite. Qual è la situazione dal suo punto di vista?

Ph. G.: Gli aiuti pubblici sono scarsi. Soltanto nell’Istmo di Oaxaca, sono 41 i comuni riconosciuti come zone di catastrofe e in questi comuni vivono centinaia di comunità private di sostegno da parte dello Stato.

La popolazione non ha accesso alle risorse pubbliche e vive grazie alla solidarietà internazionale, con aiuti provenienti dalle ONG ma anche da persone private toccate dal fenomeno. Inoltre, gli abitanti di Oaxaca e Chiapas temono che il terremoto che ha colpito Città del Messico a fine settembre metta la loro situazione in secondo piano.

Questa catastrofe non può essere gestita unicamente con fondi provenienti dalle ONG. Lo Stato messicano deve fare il necessario. Per ricostruire i villaggi, le case e le infrastrutture, saranno necessari mesi o perfino anni. Osserveremo come si comporta lo Stato, cosa fa. E nel caso in cui gli aiuti non vengano distribuiti in modo equo o non arrivino alle popolazioni, appoggeremo un’azione di denuncia pubblica.

swissinfo.ch: Niente di nuovo per queste comunità, nelle quali i partiti politici cercano di essere protagonisti, anche in mezzo al disastro…

Ph. G.: Effettivamente. Molti villaggi erano già confrontati con gravi conflitti politici prima della catastrofe, soprattutto a causa dei megaprogetti energetici e minerari che il governo vuole creare senza consultare prima la popolazione. Ci sono persone che si sono opposte a questi progetti e che hanno perso la casa in seguito al terremoto, ma non sono stati inseriti nella lista delle vittime.

L’assistenza psicologica e medica che offriamo agli abitanti di questi villaggi ha per obiettivo anche di aiutarli a difendere il diritto a una ricostruzione dignitosa delle loro case e delle loro comunità.

Il governo è assicurato presso la Banca mondiale contro terremoti di questa portata. Le risorse, dunque, esistono, ma il problema è sapere in che modo vengono utilizzate. Quattro anni fa, ad esempio, dopo il passaggio degli uragani Ingrid e Manuel, le case di alcuni villaggi sono state ricostruite così male che la gente non ha voluto trasferirsi lì. D’altronde oggi queste case stanno cadendo a pezzi. La ricostruzione post terremoto sarà un tema politico importante, dato che il prossimo anno ci sono le elezioni presidenziali.

swissinfo.ch: Qual è la sua impressione in quanto abitante di Oaxaca e volontario svizzero in una regione dimenticata?

Ph. G.: Di fronte a queste tragedie, si rimane molto colpiti per ciò che sta attraversando la popolazione e per la mancanza di intervento da parte delle autorità. D’altro canto, siamo anche di fronte a una solidarietà impressionante della società messicana. Se la gente ha da mangiare è soprattutto grazie alle donazioni di cibo arrivate da tutto il paese e dall’estero.  

swissinfo.ch: Che messaggio vuole trasmettere alla gente in Svizzera e in altre parti del mondo che desidera aiutare la popolazione messicana?

Ph. G.: Il mio messaggio è che siamo di fronte a una grande emergenza. Gli Stati di Chiapas e Oaxaca sono molto poveri. Molta gente ha perso la casa e quel poco che possedeva. Siamo in una situazione di emergenza umanitaria e dobbiamo sostenere la popolazione il più possibile per superare la crisi.

Traduzione dallo spagnolo, Stefania Summermatter

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