Bakunin e gli orologiai
La Svizzera è la culla dell’anarchismo. Le tracce del movimento libertario accompagnano un secolo e mezzo di storia elvetica. A colloquio con Marianne Enckell, archivista del Centro internazionale di ricerche (CIRA) di Losanna.
Nel 1872, la Federazione del Giura, un’organizzazione operaia, convocò a Saint-Imier i delegati dei gruppi antiautoritari che si opponevano alla politica centralistica della Prima internazionale. Karl Marx era appena riuscito a far espellere dall’internazionale Michail Bakunin e altri anarchici.
swissinfo.ch: Quale fu l’importanza del congresso di Saint-Imier per la storia del movimento anarchico?
Marianne Enckell: Si può dire che il movimento anarchico è cominciato qui, anche se quello del 1872 non fu un congresso propriamente anarchico. Fu piuttosto un congresso antiautoritario, federalista, opposto al potere centrale dell’Associazione internazionale dei lavoratori (la Prima internazionale).
Tra le molte decisioni prese in quell’occasione, la più nota e la più emblematica è l’affermazione che il primo dovere del proletariato è la distruzione di ogni potere politico. Il congresso sigla inoltre un patto di solidarietà tra i gruppi rappresentati, basato su due principi: autonomia e federalismo.
L’idea è che ogni persona è autonoma e aderisce a un gruppo su base volontaria. Un gruppo si unisce con altri gruppi in maniera federalista, mantenendo la sua autonomia a tutti i livelli. La federazione serve a sviluppare i contatti, a permettere la solidarietà in caso di sciopero o di insurrezione. Ma in questo momento non si parla ancora di insurrezione finale.
Che ruolo ebbe Michail Bakunin in questa vicenda?
L’idea dell’anarchia esisteva già da una cinquantina d’anni, era già stata enunciata da Proudhon. Ma non esistevano gruppi anarchici, né un movimento anarchico. La chiave per la nascita del movimento anarchico fu l’incontro tra Bakunin e gli operai orologiai della valle di Saint-Imier.
Bakunin ha alle spalle una lunga esperienza di rivoluzionario, è stato ovunque in Europa, è reduce dal carcere russo, ma rimane legato al modello di rivoluzionario della prima metà dell’Ottocento, alle fratellanze segrete, ai piccoli gruppi cospirativi.
Nel 1869 arriva a Le Locle per tenere delle conferenze e incontra gli operai orologieri che hanno cominciato a creare le prime società di resistenza autonome. Gli operai vogliono organizzarsi da soli, educarsi, ottenere migliori condizioni di lavoro.
È l’incontro tra un teorico della rivoluzione e persone che cominciano a fare esperienze concrete di organizzazione. E c’è una seduzione reciproca. Poco a poco i giurassiani si spostano su posizioni anarchiche e Bakunin comincia a interessarsi maggiormente alle questioni pratiche del movimento operaio.
La Federazione del Giura non ha vita lunga. Ma in Svizzera il movimento anarchico sopravvive…
Nella prima metà del XX secolo il centro del movimento è a Ginevra, dove Luigi Bertoni pubblica le riviste quindicinali Il Risveglio e Le Réveil. Prima della grande guerra, nella Svizzera francese prende piede anche il sindacalismo rivoluzionario, con la Fédération des Unions Ouvrières.
Dopo la guerra nascono nuovi gruppi sindacalisti di azione diretta. A Ginevra c’è la Ligue d’action du bâtiment, guidata da Lucien Tronchet. Ma dagli anni venti, una delle preoccupazioni principali degli anarchici diventa la lotta contro il fascismo.
Nel 1917 i bolscevichi prendono il potere in Russia. Come reagiscono gli anarchici?
La rivoluzione russa esercita indubbiamente una seduzione sul movimento anarchico. Però molto rapidamente Luigi Bertoni mette in guardia dalla nuova burocrazia rossa. Le notizie dalla Russia arrivano in ritardo, spesso sono contraddittorie. Ma quando si viene a sapere dell’espulsione degli anarchici dalla Russia, i rapporti tra comunisti e anarchici diventano molto tesi, a Ginevra soprattutto, dove i comunisti sono abbastanza forti.
Ciò non toglie che negli anni venti i comunisti, socialisti e anarchici si ritrovino uniti nei sindacati di azione diretta e durante la crisi degli anni trenta partecipino insieme a cantieri autogestiti.
E durante la guerra di Spagna?
Lucien Tronchet, che ha molti contatti utili per passare clandestinamente il confine, invia in Spagna camion con aiuti umanitari. Sotto gli aiuti umanitari sono nascoste armi. I contatti spagnoli di Tronchet chiededono armi, ma non vogliono uomini, soprattutto uomini non preparati al combattimento. Per questo gli anarchici che partono per la Spagna non sono molto numerosi. Ma ci sono altri volontari che combattono nelle colonne anarchiche e raccontano un’esperienza fatta non solo di guerra, ma anche di cambiamento sociale, di rivoluzione.
Durante la seconda guerra mondiale, le attività anarchiche in Svizzera sono vietate. In che condizioni si trova il movimento anarchico dopo il 1945?
Nei primi anni del dopoguerra, il movimento anarchico è molto debole. Muoiono Luigi Bertoni e il medico zurighese Fritz Brupbacher, punto di riferimento degli anarchici nella Svizzera tedesca. L’attività anarchica è ridotta a ben poca cosa. Il movimento riprende fiato nel 1968, come in altre parti del mondo, o forse anche prima, negli anni sessanta, soprattutto con l’antifranchismo, con le lotte per la libertà in Spagna.
È un movimento diverso da quello di prima, un movimento di giovani, studenti più che operai, non un movimento di massa. Ci sono dei cicli generazionali, il ’68 è un punto importante, poi forse gli anni ottanta, con il movimento punk, e gli anni novanta, con l’insurrezione zapatista in Messico, l’inizio dei movimenti altermondialisti e l’avvento di internet.
Abbiamo parlato di molti uomini in questa intervista. Qual è stato il ruolo delle donne nell’anarchismo?
A lungo nel movimento anarchico si è parlato quasi solo di due donne emblematiche, Louise Michel, combattente della Comune di Parigi, e Emma Goldmann, ebrea russa emigrata negli Stati uniti, promotrice dell’emancipazione femminile. Ma ce ne sono altre, meno conosciute.
C’è Virginie Barbet, lionese, che scrive nei giornali, discute con Bakunin. Promuove l’abolizione dell’eredità, il rifiuto del servizio militare. Per qualche tempo si rifugia in Svizzera. E poi Margarethe Hardegger, sindacalista, promotrice del controllo delle nascite e del libero amore. O Nelly Roussel, francese, che tiene molte conferenze in Svizzera sull’emancipazione delle donne. Non sono molte ma ci sono. E oggi le donne sono molto presenti nel movimento anarchico.
Dal 1963, Marianne Enckell è archivista e bibliotecaria nel Centro internazionale di ricerca sull’anarchismo (CIRA) di Losanna.
Ha pubblicato vari studi sull’anarchismo, tra cui un libro sulla Federazione del Giura e le origini del movimento anarchico in Svizzera, giunto alla terza edizione in francese.
Il CIRA dispone di circa 20’000 libri, 4000 riviste, 3000 manifesti, vari documenti manoscritti e materiali audiovisivi sulla storia e il pensiero anarchici.
La maggior parte dei materiali sono in tedesco, francese, italiano e inglese, ma il centro conserva scritti anche in molte altre lingue.
Il congresso anarchico di Saint-Imier, tenutosi nella prima metà di agosto, ha riunito varie correnti dell’anarchismo sociale internazionale. Alla vigilia dell’incontro, uno degli organizzatori, il sindacalista vodese Aristides Pedraza, ha ribadito che «il nostro terreno non è quello della violenza».
Esistono tuttavia individui e piccoli gruppi che, richiamandosi all’anarchismo, sostengono la legittimità di forme di lotta armata. Il caso più noto in Svizzera è quello di Marco Camenisch.
Militante ecologista radicale, Camenisch è stato condannato all’inizio degli anni ottanta a dieci anni di reclusione per due attentati a impianti elettrici nei Grigioni. Evaso poco tempo dopo dal carcere di Regensdorf (Zurigo), ha vissuto in clandestinità fino all’arresto in Italia nel 1991.
Dopo aver scontato una condanna a 12 anni di reclusione in Italia per attentati a tralicci dell’alta tensione e per il ferimento di un carabiniere, è stato estradato in Svizzera nel 2002, dove è stato giudicato colpevole dell’omicidio di una guardia di confine a Brusio nel 1989. Di recente a Camenisch è stata negata la libertà condizionale dopo aver scontato due terzi della pena.
La magistratura italiana da vari anni indaga su presunti gruppi anarchici-insurrezionalisti, che agiscono spesso sotto il nome di Federazione anarchica informale (FAI – da non confondere con la Federazione anarchica italiana), ritenuti responsabili di vari attentati in Italia e in Svizzera. Nel suo ultimo rapporto sulla sicurezza della Confederazione, la polizia federale considera l’area anarco-insurrezionalista una minaccia per la sicurezza dello stato.
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