Bunker dell’esercito svizzero al tramonto
L'esercito svizzero dovrà sbarazzarsi dei suoi bunker segreti: secondo il ministro della difesa Ueli Maurer, non rispondono più alle minacce che il paese deve affrontare oggigiorno. Ma non tutti pensano che abbia senso spendere un miliardo di franchi per liquidarli.
“Il tipo di minaccia militare è cambiato”, ha sottolineato Maurer la settimana scorsa nel corso del programma d’informazione della televisione svizzera tedesca “10vor10”. “I bunker sono nel posto sbagliato e le armi potranno essere utilizzate al massimo per altri dieci o vent’anni. Non vale quindi la pena mantenere qualcosa che non si utilizzerà in futuro. Inoltre non abbiamo più abbastanza soldi”.
La rete di bunker militari della Svizzera si estende lungo tutto il confine e in punti cruciali all’interno della Confederazione. Un programma segreto di costruzione di un centinaio di fortini high-tech, dal costo di un miliardo di franchi, è appena stato completato nel 2003.
Se la manutenzione dei bunker è costosa, la fattura dello smantellamento sarebbe ancora più salata, ha ammesso lo stesso ministro della difesa. “Stiamo parlando di sicuro di centinaia di milioni di franchi, che potrebbero anche superare la soglia del miliardo”, ha precisato.
Tuttavia, secondo Maurer, mantenere queste infrastrutture significherebbe “solo rinviare il problema”. L’esponente dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) in governo ha dunque chiesto che si faccia “un dibattito onesto” sulla questione.
Per motivi ambientali, non si può semplicemente blindare le porte e abbandonarli, ha puntualizzato. I bunker devono essere completamente modificati.
Per Maurer, sarebbe perfettamente possibile coinvolgere nell’operazione un ente privato. Lo dimostra il fatto che in passato alcuni bunker sono già stati trasformati: si va da centri di alta sicurezza per la custodia di dati sensibili di banche o altre istituzioni finanziarie, a casseforti e persino ad alberghi
Importanti per un piccolo esercito
Di parere diverso è il senatore popolare democratico Bruno Frick, presidente della Commissione della politica di sicurezza della Camera dei Cantoni, per il quale si tratta di un approccio sbagliato.
“Non è certamente giusto sbarazzarsi di tutti i bunker, poiché hanno una grande importanza dal profilo militare”, ha detto il senatore svittese. “Più un esercito è piccolo, più deve poter fare affidamento su bunker di alta qualità che possono avere un grande impatto militare”, ha argomentato.
Bruno Frick ha chiesto al governo di riconsiderare la proposta, ma secondo “10vor10”, quattro bunker sarebbero già stati liquidati.
Tirare la cinghia
L’esecutivo svizzero il 1° ottobre ha fatto sapere che vuole il ridimensionamento delle forze armate svizzere e il contenimento del bilancio annuale a 4.4 miliardi di franchi.
Il governo ha incaricato Ueli Maurer di cercare misure di risparmio per un totale di 1,1 miliardi di franchi. Economie dovranno essere attuate tramite cambiamenti nella formazione militare, l’abbassamento degli standard tecnologici, la vendita di proprietà e una riduzione dell’esercito.
Un mondo che cambia
Secondo un portavoce delle forze armate elvetiche, si tratta di un adattamento a un mondo che cambia. “L’esercito svizzero è stato massicciamente ridotto. Nel 1995 è stato quasi dimezzato, passando da 750mila a 400mila soldati. Nel 2004 gli effettivi sono poi passati a 120mila. E adesso il governo ha deciso di ridurre il numero dei militi a 80mila nella seconda metà di questo decennio”, ha ricordato Martin Bühler a swissinfo.ch.
“Tutta l’infrastruttura deve essere adattata a questa evoluzione, vale a dire a un esercito diventato più piccolo. Si deve inoltre tener conto del genere di minacce militari odierne, di fronte alle quali i bunker non hanno più lo stesso significato strategico che avevano una volta. In una prima fase non sono più stati utilizzati, ma sono stati salvaguardati. Ora sono da modificare completamente”.
Bühler ha ammesso che lo smantellamento sarebbe costoso, ma tenuto conto del “risparmio a lungo termine, la spesa può ovviamente essere sostenibile”.
La fine del ridotto nazionale
Dal canto suo, il ministro della difesa ha riconosciuto che la chiusura dei bunker significherebbe “la fine del concetto di ridotto nazionale”, ossia la strategia della Svizzera di creare una regione densamente fortificata, “inattaccabile”, che costituirebbe l’ultima roccaforte della resistenza in caso d’invasione nemica.
Jürg Stüssi-Lauterburg, storico e responsabile della Biblioteca militare federale a Berna (Biblioteca Am Guisanplatz), respinge vigorosamente il giudizio secondo cui “la mentalità da bunker” della Svizzera rasentava la paranoia. A suo parere, si trattava invece di una reale necessità.
“Trovo che parlare di tendenze paranoiche sia profondamente offensivo e insultante”, aggiunge Stüssi-Lauterburg, che difende la strategia del ridotto della Svizzera.
“Siamo sopravvissuti alle più gravi minacce durante le più grandi guerre avvenute nel continente europeo, rimanendo liberi e indipendenti, non da ultimo grazie alla volontà di difendere il nostro paese, la nostra libertà, le nostre istituzioni democratiche”, ha detto a swissinfo.ch.
“Ogni preparativo militare dipende sempre dalla situazione della minaccia in quel momento. Storicamente, le fortificazioni sono state costruite in primo luogo contro la cosiddetta Triplice alleanza – Germania, Italia e Austria-Ungheria, dal 1880 in poi – in secondo luogo contro Hitler dopo il 1933 e in terzo luogo contro i sovietici dopo il 1945”, rammenta.
“Trovo che questa sia assolutamente la via da seguire e sono certo che anche la maggioranza degli svizzeri considera sensata questa strategia”, commenta Stüssi-Lauterburg.
Il primo importante bunker militare in Svizzera fu costruito nel 1886, non molto tempo dopo l’apertura della ferrovia del San Gottardo.
Nel 1937 le crescenti minacce di guerra fecero sentire la necessità di estendere le fortificazioni. Il generale Henri Guisan ebbe la supervisione della costruzione delle strutture di difesa fortificate nelle Alpi svizzere, il cosiddetto ridotto nazionale.
Per i bunker costruiti fino alla fine della Seconda guerra mondiale, nel 1945, la Svizzera aveva speso una somma paria a circa 8 miliardi di franchi attuali.
In seguito a varie riforme dell’esercito, dal 1995 in poi la maggior parte delle fortezze e dei bunker sono stati evacuati e non sono più segreti. Alcuni, tuttavia, sono ancora in esercizio.
(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.