Città in bicicletta, pedalando verso l’avvenire
Da ferro vecchio a oggetto di culto, la bicicletta sembra aver ritrovato una certa popolarità in Svizzera. Eppure, nonostante il caro petrolio e l'inquinamento preoccupante, l'uso quotidiano resta una prerogativa di pochi eletti.
Che la bicicletta sia tornata di moda lo dimostra il costante aumento delle vendite registrato negli ultimi anni. Ma da qui a dire che i 3,9 milioni di biciclette stimate in Svizzera vengano usate regolarmente è tutta un’altra storia.
La mobilità fatica a tingersi di verde: se ogni persona compie in media una quarantina di chilometri al giorno entro i confini nazionali, soltanto il 2% circa viene percorso in sella a una bici. Una percentuale che scende all’1,4% se si tiene conto anche degli spostamenti legati al tempo libero.
Sport o trasporto?
Nonostante le numerose iniziative intraprese negli ultimi anni per favorire il traffico lento, tra gli adulti la bicicletta è vista più come uno strumento per mantenersi in forma che come un mezzo di trasporto quotidiano.
Per questo, se le scampagnate domenicali o le vacanze alternative attirano sempre più cicloturisti, sono in pochi a scegliere di recarsi al lavoro pedalando, anche quando la distanza da percorrere si limita a una manciata di chilometri.
Una tendenza che negli ultimi anni sembra aver colpito soprattutto i giovani: tra il 1994 e il 2005, infatti, i tragitti compiuti in sella a una bici sono calati del 40% tra i ragazzi sotto i vent’anni. “Si tratta di un risultato davvero preoccupante, anche perché le buone abitudini vengono spesso acquisite da piccoli”, ammonisce il segretario generale di PRO VELO Suisse, Christoph Merkli.
Troppi “buchi” nelle piste ciclabili
Sulla bicicletta sono dunque ancora in pochi a voler puntare, malgrado i ripetuti appelli a una maggiore protezione dell’ambiente e della salute pubblica e l’impennata del prezzo del carburante, vero e proprio tormento per gli automobilisti.
“L’aumento del traffico negli agglomerati urbani e la promozione dei trasporti pubblici – meno cari e meglio articolati – ha contribuito a togliere un po’ di fascino alle due ruote”, spiega Christoph Merkli.
Senza contare che nelle principali città le piste ciclabili sono spesso incomplete e presentano ancora numerosi punti pericolosi. “È come una catena a cui viene tolto un anello qua e la … Se da un punto a un altro manca un tassello, tutto il percorso ne risente”. Un problema che emerge anche da un’inchiesta realizzata da PRO VELO Suisse nel 2006: su 18 città soltanto due hanno ottenuto un giudizio “soddisfacente” da parte delle diverse migliaia di ciclisti interrogati.
Oltre ai problemi di infrastrutture e traffico, i ciclisti devono fare i conti anche con una conformazione particolare del territorio, come sottolinea il segretario della sezione Svizzera italiana dell’Associazione traffico e ambiente. “La bicicletta ha un ruolo importante nello sviluppo di una mobilità sostenibile”, afferma Werner Herger, “ma non bisogna dimenticare che il nostro è un paese di montagne e valli, dove un uso quotidiano della bicicletta non è sempre comodo e proponibile”.
Un piacere più che un rischio
Sarebbe tuttavia ingenuo credere che un potenziamento delle piste ciclabili possa bastare a convincere un numero sensibile di persone a mettersi in sella. Le infrastrutture sono necessarie, rileva Merkli, ma bisogna anche saper promuovere il prodotto che si vuole vendere.
I manifesti diffusi finora dall’Ufficio prevenzione infortuni sull’uso del casco in bicicletta hanno infatti contribuito – loro malgrado – a veicolare un messaggio piuttosto negativo: “Nell’immaginario collettivo la bicicletta viene spesso associata al rischio di incidenti, piuttosto che al piacere di pedalare spensierati per le vie della città”.
Si tratta dunque si spostare l’obiettivo dalla prevenzione degli infortuni alla promozione della bici quale mezzo di trasporto, ricorda Merkli. “Bisogna concepire una pubblicità che giochi sulle emozioni positive, come già accade per il mercato delle automobili”.
Restituire le città a pedoni e ciclisti
Per far fronte all’incremento del traffico nei centri urbani la strategia proposta dai fautori della bicicletta è duplice: oltre ad incoraggiare una mobilità dolce – ad esempio attraverso uno sviluppo delle piste ciclabili – si tratta di rendere meno attrattivo l’accesso alle città in automobile.
Tra le misure avanzate figura anche il “road pricing”, un pedaggio introdotto in diversi centri europei, accolto però con un certo scetticismo dalle associazioni ambientaliste svizzere. “Non c’è alcuna garanzia che questo provvedimento contribuisca a diminuire il traffico, né che i soldi raccolti vengano utilizzati per promuovere il traffico lento”, spiega Herger.
L’accento andrebbe piuttosto messo sullo sviluppo di zone di incontro, dove la priorità è data ai pedoni ma in parte anche ai ciclisti, precisa Herger. Anche perché confrontati con tassi di inquinamento preoccupanti e caro petrolio, la mobilità sostenibile non è più soltanto una realtà ma una necessità.
swissinfo, Stefania Summermatter
Si calcola che in Svizzera ci siano complessivamente 3,9 milioni di biciclette per una popolazione di 7,4 milioni di abitanti.
Nel 2007, sono stati venduti 314’000 esemplari, in crescita di quasi il 5% rispetto all’anno precedente.
Particolarmente gettonato il rampichino (45% della quota di mercato), ma si fa strada anche la bicicletta elettrica (5’800 i pezzi venduti).
Quanto alle piste ciclabili, si contano 9 itinerari nazionali e 55 regionali, per un totale di 225 tappe giornaliere e 8’500 km.
Considerando tutti i mezzi di trasporto, nel 2005 sono stati percorsi in media 19’000 km a persona, in Svizzera e all’estero, pari a mezzo giro del mondo.
I tragitti in bicicletta si sono però limitati a 264 chilometri, ovvero l’1,4% del totale, mentre a piedi sono stati percorsi 493 km (2,6%).
I mezzi di trasporto pubblici sono stati utilizzati per oltre 3’500 km (18,8%).
Il primato resta alle automobili e ai ciclomotori con oltre 10’800 km e una quota del 57% circa.
L’occupazione di un’automobile è in media di 1,6 persone.
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