Contadine in bilico tra modernità e tradizione
Lavorare come contadina, in Svizzera, significa spesso confrontarsi con una scarsa protezione giuridica, una pensione ridotta e un carico fisico e psichico sempre più importante. È quanto rivela un nuovo studio dell'Ufficio federale dell'agricoltura.
Malgrado il loro contributo in termini di tempo e denaro, sono ancora poche le donne che vengono riconosciute legalmente come proprietarie o comproprietarie di un’azienda agricola. La tradizione vuole che un’impresa famigliare venga tramandata di generazione in generazione, da padre in figlio.
Una disequilibrio che può avere conseguenze catastrofiche, sottolinea Christine Bühler, presidente dell’Unione svizzera delle donne contadine. In caso di divorzio o di decesso prematuro del marito, una donna che non figura nel registro fondiario come proprietaria rischia di ritrovarsi senza alcun diritto sull’impresa e le terre.
«Questa è la battaglia più importante che sto combattendo», spiega Bühler. «Le donne devono rendersi conto della loro vulnerabilità legale quando le cose vanno bene e quando possono ancora parlare con i loro mariti. Quando arrivano i problemi, è già troppo tardi».
Le donne che lavorano in una fattoria, senza percepire un altro stipendio, sono inoltre confrontate con una carenza di protezione sociale in caso di separazione, soprattutto per quanto riguarda la previdenza professionale.
Secondo lo studio condotto dall’Ufficio federale dell’agricoltura, su impulso della deputata dei Verdi Maya Graf, una donna su nove non ha un capitale proprio o dei risparmi per la pensione su cui contare in caso di perdita del marito o del partner di lavoro.
Manager alla banca Raiffeisen, cooperativa che finanzia spesso i piccoli contadini, Gabriel Burn tenta di sensibilizzare le sue clienti, spiegando loro l’importanza di essere assunte e stipendiate per il lavoro svolto, anche se il datore di lavoro è il loro marito. In questo modo, spiega, possono determinare in modo chiaro il loro contributo finanziario e fare una distinzione tra queste entrate e quelle che invece concernono tutto il nucleo famigliare.
Tra le altre proposte avanzate vi è quella di una lista di controllo finanziaria per garantire che i contributi femminili alla fattoria siano trattati a parte. Si tratta di elencare separatamente le entrate destinate alle mogli o alle partner di lavoro in tutti i formulari legali. Per fare questo bisognerebbe però anche modificare ciò che viene attualmente insegnato agli uomini nelle scuole di agricoltura, in modo che sappiano come includere le loro mogli nella lista di dipendenti di un’azienda.
Jacques Bourgeois, direttore dell’Unione svizzera dei contadini, sostiene che la promozione di queste nuove strutture e di questi metodi potrebbe portare dei vantaggi alle famiglie contadini, ma rifiuta l’idea di ancorarli nella legge. «Dobbiamo lasciare a ogni coppia la possibilità di decidere da sola come far fronte alla situazione».
Gestione del tempo
Dallo studio emerge inoltre che il 47 per cento delle contadine ha un’attività professionale al di fuori della fattoria, il 3 per cento in più rispetto allo scorso anno. A motivare queste donne è soprattutto la necessità di maggiori entrate finanziarie, ma anche la possibilità di incontrare nuova gente e di trovare nuove soddisfazioni professionali.
Christine Bühler e Maya Graf sottolineano la profonda trasformazione che sta toccando il settore agricolo svizzero: oggi quasi due terzi dei contadini ha una seconda attività lavorativa.
Ciononostante, la deputata dei Verdi mette in guardia le donne dal rischio di sobbarcarsi, oltre a un doppio lavoro, anche i compiti casalinghi. «È importante che niente sia lasciato al caso e che la donna possa discutere con il proprio partner in che modo suddividersi i lavori domestici e la cura dei figli».
Realtà dai mille volti
Se la maggior parte delle donne attive nel settore agricolo è entrata in questo mondo in seguito a un matrimonio, e vi contribuisce con mansioni diverse, il 4 per cento delle persone intervistate gestisce un’azienda per conto proprio, mentre il 3 per cento ha seguito una formazione specifica.
Alla scuola di agricoltura Strickhof, nei pressi di Winterthur, cinque donne stanno seguendo un corso per imparare a gestire un’azienda agricola. Raccontano di essere attratte dall’agricoltura per la sua natura multiforme, che permette loro di fare un giorno una cosa e il giorno dopo un’altra.
«Si sente spesso dire che quello della contadina è un lavoro fisicamente duro, ma questa è soltanto una delle abilità che bisogna avere», spiega una delle allieve. «A volte le donne devono chiedere aiuto per trasportare un macchinario pesante. A volte invece sono gli uomini a rivolgersi alle donne, più calme e brave con gli animali, quando si tratta di affrontare una mucca particolarmente ostinata».
Futuro incerto
Convinte della scelta che hanno fatto, queste cinque donne manifestano però qualche preoccupazione quanto al loro futuro. Una soltanto potrà riprendere l’azienda dei genitori. Le altre non sanno ancora dove andranno a lavorare. Spesso la soluzione più facile è quella di sposare un contadino, raramente invece nascono progetti creativi attraverso partenariati trasversali.
Heidi Bättig, contadina del canton Lucerna, racconta come lei e il suo partner gestiscono assieme le imprese dei rispettivi genitori. Malgrado l’incertezza che le riserva il futuro, Heidi Bättig farà di tutto per conservare ciò che ha potuto costruire finora.
«Visto che non ho fratelli, i miei genitori pensavano che l’azienda sarebbe morta perché non c’era nessuno che poteva portala avanti. Ora qualcuno c’è e non voglio che l’azienda finisca semplicemente nelle mani del mio partner. Anche se penso che molte persone ne sarebbero felici».
Promosso dalla consigliera nazionale Maya Graf e pubblicato dall’Ufficio federale dell’agricoltura, lo studio “Donne nell’agricoltura svizzera” rientra nella Convenzione dell’ONU sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna.
I ricercatori hanno condotto un sondaggio su un campione di 820 donne, provenienti dalle quattro regioni linguistiche, e hanno organizzato diverse tavole rotonde per comprendere le sfide con le quali le contadine di oggi sono confrontate.
I risultati sono stati paragonati a quelli emersi in uno studio analogo del 2002.
Le donne intervistate appartengono a una fascia d’età tra i 31 e i 67 anni. Hanno almeno un figlio. La media è di 2,6.
La maggior parte ha seguito una formazione, in prevalenza come commessa o impiegata di commercio. In poche hanno un’educazione in ambito agricolo o in economia domestica rurale.
(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)
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