Ce la faranno i turisti svizzeri all’estero a tornare a casa?
Il governo federale ha invitato i turisti svizzeri all'estero a tornare in patria. Non per tutti la cosa è semplice. Alcuni sono bloccati, altri non hanno informazioni, altri ancora non vogliono assolutamente rientrare.
Negli ultimi giorni Josefine Vifian e Anna Lüthi si sono trovate totalmente isolate dal mondo e prive di notizie “da qualche parte nel nulla” nella campagna bosniaca, durante il loro giro ciclistico. Tornate nella civiltà, in un caffè con Wifi, hanno finalmente avuto accesso alle notizie. “Era completamente assurdo!” raccontano. Attraverso i media e i numerosi messaggi di familiari e amici, sono venute così a conoscenza dell’invito del Consiglio federale fatto a tutti i turisti svizzeri all’estero: “ritornate a casa”.
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Le due donne bernesi sono partite l’8 marzo da Zagabria. Il loro tour in bicicletta doveva durare tre mesi. Sebbene il Coronavirus fosse già oggetto di discussione, le due laureande non si aspettavano che il virus si diffondesse così rapidamente e che le misure in Europa e nel mondo sarebbero state di tale portata. Venerdì sono entrate in Bosnia, “senza problemi”. Da lunedì, tutte le persone in entrata nel paese balcanico sono state messe in quarantena per due settimane.
Ora che molti paesi stanno chiudendo i loro confini, Josefine e Anna non possono ovviamente continuare il loro tour in bicicletta. Anche all’interno della Bosnia, non si può più girare liberamente. Così le due amiche cercano voli di ritorno verso la Svizzera. “Abbiamo cercato online, ma non era chiaro se si potesse prenotare i voli e se fossero davvero operativi”, racconta Josefine Vifian. Chiamano le compagnie aeree, i tour operator – “nessuno risponde al telefono! L’unico numero che risponde immediatamente è quello dell’Ambasciata svizzera a Sarajevo”, continua la 26enne bernese.
(Il video seguente è in tedesco: contiene l’intervento del responsabile del Dipartimento degli affari esteri, il consigliere federale Ignazio Cassis).
L’ambasciata svizzera comunica loro che tutti i voli sarebbero stati cancellati per due settimane a partire da giovedì. Per fortuna, raccontano le due donne, il padre di una loro amica le aiuta nella traduzione e le accompagna in auto all’aeroporto. Cercano di ottenere un posto sull’ultimo aereo per la Svizzera. Ma non ci sono voli diretti e non sanno se rimarranno bloccati a Monaco o a Zagabria.
Le due studentesse alla fine raccontano di non aver avuto paura perché non fanno parte del gruppo a rischio. Tuttavia, hanno la coscienza sporca per aver forse aiutato il coronavirus a diffondersi ancora di più. Soprattutto pensano alle persone anziane che avrebbero potuto incontrare. Così, concludono, è stato naturale decidere di tornare in Svizzera.
Meglio restare nello Sri Lanka
Sempre più paesi in tutto il mondo stanno chiudendo le loro frontiere. Da martedì, anche lo Sri Lanka ha deciso di vietare gli atterraggi sull’isola. Daniel Gehr, 29enne zurighese in viaggio intorno al mondo, dopo aver trascorso gli ultimi mesi in India, si trova nello Sri Lanka dal 3 marzo. In realtà, lo sviluppatore di software voleva restare in giro per il mondo per altri due o tre anni. Tornare in Svizzera dopo pochi mesi, non rientra tra le sue possibilità: “Non ho più un appartamento – racconta – e nemmeno un’assicurazione sanitaria, ho di fatto lasciato la Svizzera”.
Per molto tempo, la crisi del Coronavirus non lo ha preoccupato più di quel tanto, i media locali prestavano poca attenzione al tema. Il giovane però è regolarmente in contatto con la sua madrina svizzera. Così si rende conto della reale portata della crisi. Poi martedì invia un’e-mail all’Ambasciata svizzera a Colombo e riceve velocemente una risposta: “Raccomandano di tornare a casa, ma la decisione spetta solo a me”, dice Daniel Gehr.
Nessun diritto a un viaggio di ritorno organizzato
Conformemente alla legge sugli Svizzeri all’estero (ASG), la Confederazione si aspetta che ogni cittadino svizzero si assuma la responsabilità personale nella preparazione e nello svolgimento di un soggiorno o di un’attività all’estero, che si comporti in modo adeguato ai rischi e che cerchi di superare le difficoltà che si presentano con le proprie forze.
In una situazione di crisi, gli svizzeri all’estero devono informarsi in qualsiasi momento e indipendentemente dalla situazione attuale, in particolare attraverso i media, le comunicazioni delle autorità locali, i siti web delle autorità sanitarie, dell’Ufficio federale della sanità pubblicaCollegamento esterno (UFSP) e del Dipartimento federale degli affari esteriCollegamento esterno (DFAE).
Inoltre, si prevede che le persone interessate cerchino autonomamente soluzioni alternative (sistemazione in hotel, ri-prenotazione, cancellazioni, opzioni alternative di viaggio di ritorno) con l’aiuto della propria assicurazione di viaggio, della compagnia aerea e del tour operator.
Daniel Gehr esita. “Qui mi sento al sicuro e a mio agio. Perché dovrei rientrare in Svizzera quando nel sud dello Sri Lanka la gente è felice che io resti”? Nel frattempo è l’unico ospite dell’hotel, la maggior parte dei turisti ha già lasciato il paese. “Il personale dell’hotel mi sta quasi implorando di restare. Il loro reddito dipende da questo”. Daniel Gehr conosce altri stranieri che stanno valutando l’idea di restare qui durante la crisi”.
Il giovane zurighese però è ancora indeciso sul da farsi. Non ha paura perché non fa parte del gruppo a rischio. Trova rassicurante anche il fatto che lo Sri Lanka sia un’isola e che non permetta più agli stranieri di entrare. “Forse sono ancora più al sicuro qui in isolamento che sul continente, in Svizzera”. Ci sono però state alcune segnalazioni di atteggiamenti razzisti da parte della popolazione locale che avrebbe insultato o evitato i turisti europei. Se l’umore dovesse cambiare, Daniel Gehr è pronto a rientrare in Svizzera. Per ora ha deciso di continuare a monitorare la situazione.
Restiamo in Argentina
Gabriella e Sandro Alvarez-Hummel invece, hanno già deciso: per il momento restano in Argentina. La coppia, meglio conosciuta come VanabundosCollegamento esterno, di solito viaggia con il suo camper e racconta questa sua avventura sui social media. Tuttavia, questo camper è ora parcheggiato in un garage. La 29enne originaria del Liechtenstein e il 40enne zurighese si sono fermati nella capitale argentina, Buenos Aires, dove stanno ristrutturando un appartamento che hanno recentemente acquistato.
“Lavoriamo, indipendentemente dalle località. Inizialmente avevamo programmato di stabilirci in Argentina per quattro mesi prima di partire per gli Stati Uniti e le Bermuda, dopo Pasqua”, dice Sandro Alvarez-Hummel. Ma da venerdì la coppia si è messa in una quarantena autoimposta. “Questo anche se la situazione è tranquilla e ufficialmente l’Argentina ha registrato solo pochi casi. Ma – spiega Sandro Alvarez-Hummel – non vogliamo diffondere ulteriormente il virus e mettere in pericolo altre persone”.
Gabriella e suo marito si tengono aggiornati sulla situazione in Argentina, ma anche su quanto accade in Svizzera. “Per il momento non avrebbe senso tornare in Svizzera. Attualmente è più tranquillo qui. Inoltre, a Buenos Aires abbiamo un appartamento, in Svizzera non più”.
Gabriella e Sandro Alvarez-Hummel non sanno neppure se sia possibile lasciare o meno l’Argentina. I voli in arrivo dall’Europa sono attualmente già sospesi: Edelweiss ha cancellato tutti i voli diretti per Buenos Aires fino all’inizio di maggio. Inoltre è ancora poco chiaro quale sia la situazione con i voli in partenza dall’Argentina. Tuttavia, per ora quella del ritorno in Svizzera non è un’opzione: “Qui ci sentiamo a nostro agio e al sicuro.
La Confederazione interviene in Marocco
In alcuni casi particolari, e la crisi COVID-19 è uno di questi, le autorità svizzere intervengono a sostegno dei cittadini svizzeri all’estero. Il Marocco è un esempio attuale.
Migliaia di turisti stranieri sono interessati, tra cui alcune centinaia di turisti svizzeri. Il DFAE e l’Ambasciata elvetica in Marocco sono in contatto con le autorità locali per facilitare il ritorno dei turisti elvetici in Svizzera, in particolare per quanto riguarda il rilascio dei permessi di volo.
Ciò ha reso necessari passi politici. Il 17 marzo, almeno cinque voli charter hanno potuto decollare da Marrakech. Queste compagnie aeree stanno pianificando ulteriori voli nel corso della settimana. L’Ambasciata elvetica in Marocco è in contatto con i turisti svizzeri e li informa sulle possibilità di ritorno.
Si tratta di voli commerciali. I viaggiatori svizzeri sono responsabili delle prenotazioni necessarie e dei relativi costi.
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