Un villaggio bombardato come campo d’addestramento per le operazioni di soccorso
In Svizzera c'è un villaggio in rovina dove soccorritori e soccorritrici internazionali possono svolgere le loro esercitazioni in vista di operazioni in territori colpiti da un terremoto o distrutti dalle bombe.
Una stradicciola piena di curve porta a Epeisses. Si tratta di un villaggio del Canton Ginevra che si trova in riva al Rodano, nei pressi del confine con la Francia. In realtà non si può parlare di un vero e proprio villaggio. Infatti, nella cava di ghiaia in disuso sono stati collocati una dozzina di strutture in cemento, carcasse di automobili e alcuni container. Dalla finestra dell’albergo nelle vicinanze si vedono solo alcuni massi e un’insegna sbilenca. Se le case in rovina fossero più alte si avrebbe davvero l’impressione di trovarsi in un paese colpito dai mortai.
Un cane supera blocchi di calcestruzzo, annusa resti di immondizia e mette il muso in una fessura, poi si mette sull’attenti e inizia ad abbaiare. Il suo naso ha sentito l’odore di una persona.
Si tratta di un soldato delle truppe di soccorso dell’esercito svizzero che svolge un corso di ripetizione. In una grigia giornata di novembre, nascosto tra le macerie, l’uomo ha atteso per ore l’arrivo del suo salvatore a quattro zampe.
Il militare ha trascorso la notte nel suo sacco a pelo sotto tonnellate di macerie senza connessione ad internet e per combattere la noia ha riguardato le immagini del suo archivio fotografico. “Ho eliminato migliaia di fotografie”, dice sorridendo. Dopo l’esercitazione ha potuto finalmente placare la fame con un piatto di carne e patate fumanti.
I soccorritori non dovrebbero essere un peso
A pochi metri di distanza, alcune persone vestite d’arancione mescolano cibo liofilizzato con acqua bollente. Sono i membri di truppe di salvataggio di vari Paesi che a Epeisses vengono esaminate dall’ONU in vista di un’eventuale partecipazione a una missione internazionale. Anche il vettovagliamento fa parte della certificazione.
Se inviate all’estero dopo un terremoto, un’alluvione, incendi o esplosioni, le squadre di soccorso devono essere d’aiuto alle autorità locali e non di peso perché necessitano di pasti e camere d’albergo. Per questo motivo, durante le esercitazioni devono essere autosufficienti per dieci giorni.
L’esercizio deve essere il più possibile vicino alla realtà: un terremoto di magnitudo 7,1 ha colpito la regione di Ginevra. Squadre di soccorso di Francia, Germania e Svizzera devono estrarre le vittime dalle macerie.
L’esercizio dura 48 ore ed è stato organizzato dall’Aiuto umanitario della Svizzera e dall’esercito elvetico. L’intervento dei Pompiers de l’urgence international, dei @fire Germany e della Catena svizzera di salvataggio viene valutato dall’ONU. Le squadre di Olanda, Armenia e Lussemburgo svolgono solo gli esercizi senza essere giudicati. Tutto deve avvenire come nella realtà. Solo le “vittime” possono usare un tunnel di emergenza se non resistono più sotto le macerie.
Simulare una situazione reale
Ad alcune centinaia di metri dal villaggio sono state allestite alcune tende. Non dobbiamo fare rumore. “La squadra Alpha sta dormendo”, spiega Martina Durrer, caposquadra della Catena svizzera di salvataggio. “Le squadre Alpha e Bravo sono impiegate in turni da otto a dodici ore”.
“A Ginevra non possiamo simulare lo stress che si vive quando si è chiamati a salvare vite umane.”
Manuel Bessler, Corpo svizzero d’aiuto umanitario
Nella tendopoli si dorme e si mangia. Chi vi accede, deve prima di tutto lavarsi e disinfettarsi. Non solo a causa del nuovo coronavirus, ma anche per gli eventuali residui di amianto che possono essere presenti tra le macerie di un terremoto o di un bombardamento.
Si cerca di riprodurre la realtà. Per questo motivo non c’è latte fresco da aggiungere al caffè, ma solo latte in polvere o condensato. Infatti, non è possibile portarsi un frigorifero sul luogo dell’intervento. Addirittura, anche il contenuto del gabinetto a secco viene portato via dopo l’esercitazione poiché non si vuole lasciare nulla sul posto.
Ciò che non si può ricreare è la polvere, il fetore dei cadaveri in putrefazione e le urla dei sopravvissuti che ti implorano, in una lingua magari incompressibile, di cercare i loro cari sotto le macerie. “A Ginevra non possiamo simulare lo stress che si vive quando si è chiamati a salvare vite umane, il confronto con la sofferenza e la morte”, dice Manuel Bessler, capo del Corpo svizzero d’aiuto umanitario. Invece, gli aspetti tecnici possono essere sperimentati anche in una situazione fittizia.
Villaggio in macerie molto realistico
La ricostruzione di un villaggio colpito da un terremoto o dalle bombe è talmente realistico che squadre di soccorso di mezzo mondo raggiungono Epeisses per le loro esercitazioni. “L’aspetto del paese in rovina è molto vicino alla realtà”, dice il tenente colonnello Frédéric Wagnon dell’esercito svizzero.
La Confederazione ha ricreato le macerie e le case distrutte rifacendosi alle immagini raccolte nell’ambito delle missioni di salvataggio all’estero tra il 2000 e il 2008. Gli edifici sono stati fatti saltare in aria usando dell’esplosivo affinché le squadre di soccorso potessero muoversi ed esercitarsi tra case pericolanti come quelle che si incontrano nella realtà.
Stando a Wagnon, le squadre internazionali sono impressionate da quanto il villaggio assomigli alla realtà. “Una situazione simile è unica in Svizzera, probabilmente in Europa o addirittura anche al mondo”, sostiene Wagnon.
Alcuni Paesi, ad esempio la Germania o il Marocco, vorrebbero ricostruire un villaggio analogo a quello di Epeisses. Alla fine di ogni esercitazione, il paese viene riportato alla situazione iniziale affinché sia pronto per il prossimo intervento.
“Vogliamo rafforzare la cooperazione a livello nazionale e internazionale”, dice Wagnon. Oltre all’esercito e alle organizzazioni della società civile, quali la polizia e i pompieri, il villaggio viene usato anche da organizzazioni internazionali come il Comitato Internazionale della Croce Rossa CICR o l’Organizzazione Internazionale della Migrazione (IOM).
Formare invece di intervenire
Vicino agli edifici in rovina, dove le vittime vengono estratte dalle macerie o portate via in barella, uomini in gilet blu seguono con attenzione le squadre d’intervento. Sono esperti dell’ONU che esaminano l’operato dei soccorritori e delle soccorritrici. La valutazione viene ripetuta ogni cinque anni.
“L’ONU vuole diffondere standard internazionali per migliorare la cooperazione tra le squadre durante le loro missioni”, spiega Simon Tschurr dell’Aiuto umanitario della Svizzera. La valutazione è utile anche per le autorità locali perché così sanno che i team soddisfano i requisiti internazionali. “È una sorta di lingua comune internazionale, come quella usata da medici e ingegneri”, dice Tschurr.
L’interesse nei confronti delle squadre di soccorso internazionali è diminuito. “I Paesi si sono dotati di team propri”, spiega, ricordando che è più sensato istruire squadre estere che recarsi sul posto con i soccorritori e le soccorritrici dalla Svizzera. “Non c’è tempo da perdere in caso di catastrofe”, ricorda Tschurr.
Traduzione dal tedesco: Luca Beti
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