Erwin Sperisen condannato all’ergastolo
Il tribunale criminale di Ginevra ha condannato venerdì all’ergastolo l’ex capo della polizia guatemalteca. Sperisen, che possiede la doppia nazionalità svizzera e guatemalteca, è stato ritenuto colpevole di aver ordinato l’assassinio di sei detenuti nel carcere di Pavon e di averne ucciso uno lui stesso.
Le prove e le testimonianze presentate dalla pubblica accusa hanno convinto il tribunale criminale di Ginevra. Secondo i giudici, Erwin Sperisen ha effettivamente ordinato l’assassinio di sei detenuti e ne ha ucciso uno lui stesso, con il quale aveva una vertenza personale, durante l’assalto delle forze dell’ordine alla prigione di Pavón nel settembre 2006.
Per quanto concerne il secondo caso, ovvero l’uccisione di tre detenuti fuggiti da un’altra prigione l’anno precedente, i giudici ginevrini, pur giungendo alla conclusione che i tre hanno trovato la morte nel «quadro di esecuzioni extragiudiziali», hanno invece assolto Sperisen per mancanza di prove. La sua implicazione «non ha potuto essere stabilita al di là di ogni ragionevole dubbio», si legge nel comunicato del tribunale.
La sostanza però in definitiva non cambia: poiché la richiesta di condanna all’ergastolo avanzata dal procuratore pubblico Yves Bertossa è infatti stata accolta dal tribunale.
I detenuti della prigione di Pavon – rileva il tribunale – non sono morti nel quadro di uno scontro con le forze dell’ordine, bensì uccisi nel corso di esecuzioni extragiudiziali, un fatto confermato sia dalle testimonianze che dalle perizie medico-legali.
Le autorità giudiziarie ginevrine aprono una procedura penale contro Erwin Sperisen dopo le denunce sporte nel 2007 e nel 2009 da ONG svizzere contro l’ex capo della polizia nazionale guatemalteca.
Nel 2011, in seguito a nuovi elementi di prova forniti dall’ONG TRIAL e a un mandato d’arresto internazionale spiccato dalle autorità guatemalteche, la giustizia ginevrina invia una commissione rogatoria in Guatemala.
Nell’agosto 2012, Sperisen è arrestato a Ginevra e incarcerato preventivamente alla prigione di Champ-Dollon.
Nel gennaio 2014, il procuratore generale ginevrino annuncia l’apertura di un processo prima dell’estate dopo che cinque domande di ricusazione da parte dei legali di Sperisen sono state respinte.
Fonte: TRIAL
Sentenza necessaria, ma ricorso in vista
L’assalto al carcere, affidato alla polizia nazionale civile, ha in pratica posto Sperisen «alla testa delle operazioni». L’alto ufficiale è inoltre stato visto «ai posti cruciali nei momenti cruciali», sottolinea la corte nella sua sentenza. L’unico argomento invocato dall’imputato per la propria difesa – prosegue la Corte – è stato quello di affermare che le testimonianze sono menzognere. In merito agli elementi presentati durante il processo, l’imputato ha fornito dichiarazioni «generali e superficiali».
La corte ha ritenuto «particolarmente odiosi ed egoisti» i moventi di Sperisen e ha indicato – per bocca della sua presidente Isabelle Cuendet – che il modo in cui ha agito denota una totale «mancanza di scrupoli».
La giudice ha poi sottolineato che l’ergastolo era necessario «vista la gravità dei fatti, il numero di vittime e l’assenza di empatia».
Uno degli avvocati di Sperisen ha già annunciato che il suo cliente, rimasto calmo all’annuncio del verdetto, è intenzionato a inoltrare ricorso contro questa sentenza «scioccante».
Altri sviluppi
L’ex capo della polizia del Guatemala attende il verdetto
«Un segnale forte»
L’ONG TRIAL, che ha svolto un ruolo fondamentale nel portare Sperisen davanti ai giudici, ha reagito alla sentenza esprimendo grande soddisfazione: «La dignità umana e la lotta contro l’impunità sono le grandi vincitrici del verdetto odierno», ha commentato in un tweet l’organizzazione con sede a Ginevra.
Una condanna che «invia un segnale forte: gli autori di crimini gravi non sono al riparo da sanzioni penali, anche se ricoprono le più alte cariche gerarchiche», sottolinea la stessa ONG in un comunicato. «Le loro vittime, qualunque siano le loro origini, meritano che giustizia sia fatta».
Il direttore dell’Organizzazione mondiale contro la tortura, Gerald Staberock, ha dal canto suo dichiarato di sperare che questa sentenza costituisca «un segnale chiaro per le autorità guatemalteche, affinché facciano tutto il possibile per porre fine all’impunità e garantire alle vittime delle violazioni dei diritti umani l’accesso a una giustizia imparziale».
Rifugiato in Svizzera nel 2007
Nominato alla testa della polizia nazionale civile del Guatemala nel luglio 2004, all’età di 34 anni, Erwin Sperisen si è dimesso tre anni più tardi, nel marzo 2007, dopo l’assassinio di tre parlamentari salvadoregni, ad opera presumibilmente di membri delle forze dell’ordine guatemalteche. Lo stesso mese si è rifugiato con la famiglia in Svizzera, «in seguito a minacce di morte», ha dichiarato durante il processo.
Dopo aver vissuto cinque anni indisturbato in Svizzera, Sperisen è stato arrestato il 31 agosto 2012 con l’accusa di aver organizzato, pianificato e diretto «operazioni volte ad eliminare dei detenuti» mentre era a capo della polizia.
Due, appunto, i casi passati al setaccio dalla giustizia ginevrina. Il primo – per il quale è stato assolto – è avvenuto nell’ottobre 2005, quando tre detenuti evasi dal carcere dell’Infiernito sono stati uccisi dopo apparentemente essere stati catturati.
Il secondo è avvenuto nel settembre dell’anno seguente. Per riprendere in mano il controllo della prigione di Pavón, che da diversi anni era di fatto un feudo dei narcotrafficanti, Sperisen e le forze di sicurezza guatemalteche hanno organizzato una spettacolare operazione, intervenendo con 3’000 uomini appoggiati da blindati.
Durante l’operazione, sette detenuti sono stati giustiziati in maniera sommaria. Uno di loro è stato ucciso dallo stesso Sperisen, ha stabilito venerdì il tribunale criminale di Ginevra. Per dissimulare queste esecuzioni, i membri delle forze dell’ordine hanno in seguito manipolato la scena del delitto allo scopo di simulare uno scontro fra gli agenti e i prigionieri.
Un processo con una vasta eco
Il processo contro Erwin Sperisen è stato seguito con grande interesse sia in Svizzera che in Guatemala.
Per la prima volta, infatti, un cittadino svizzero era giudicato per fatti molto gravi commessi in un paese dove vige una situazione d’impunità quasi sistematica.
Sévane Garibian, docente all’Università di Ginevra ed esperta di diritti umani e di giustizia penale, aveva indicato a swissinfo.ch che il processo contro Sperisen «può essere visto come la materializzazione della competenza penale svizzera (a causa della nazionalità elvetica dell’imputato) e, nel contempo, come un contributo della Confederazione alla lotta contro l’impunità per gravi violazioni dei diritti umani». La Svizzera – aveva ricordato l’esperta – partecipa da anni agli sforzi in corso in Guatemala per rielaborare il passato e le atrocità commesse durante la guerra civile tramite un programma di sostegno alla giustizia transnazionale.
Ramon Cadena, direttore in America centrale della Commissione internazionale dei giuristi (ICJ), aveva dal canto suo sottolineato l’importanza di questo processo per la lotta contro l’impunità in Guatemala. «Per la prima volta viene giudicata una persona che aveva un grande potere politico e che era strettamente legata al potere economico in Guatemala. Qualcosa di impossibile in questo paese, a causa del rigido sistema di impunità».
Un processo analogo a quello di Ginevra si è svolto nel 2013 in Austria. Sul banco degli accusati vi era Javier Figueroa, ex vice capo della Polizia nazionale civile (PNC) del Guatemala dal 2004 al 2007.
Figueroa doveva rispondere in sostanza degli stessi crimini di cui è stato accusato Erwin Sperisen a Ginevra, ossia dell’omicidio di detenuti delle prigioni di Pavón e El Infiernito.
L’amico d’infanzia di Sperisen è stato assolto dalla corte austriaca per mancanza di prove sulle sue responsabilità in tali vicende.
In Spagna è previsto invece un processo analogo a carico di Carlos Vielmann, ex ministro dell’interno del Guatemala dal 2004 al 2007.
L’ex superiore diretto di Sperisen, che ha oggi la doppia nazionalità guatemalteca e spagnola, dovrà rispondere a sua volta dei crimini commessi dalla polizia in relazione alle prigioni di Pavón e El Infiernito.
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