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«Mi sento al contempo uomo e donna»

edward
Ci è voluto tanto tempo e dolore prima che i medici diagnosticassero a Edward la sindrome Klinefelter e gli consigliassero una cura adeguata. Thomas Kern/swissinfo.ch

Edward ha scoperto a 16 anni di essere intersessuale, una diagnosi che ha sconvolto la sua vita. Dopo aver attraversato per anni «l’inferno», ha imparato ad accettarsi, ma si sente ancora spesso incompreso. Il ginevrino di 32 anni si rammarica che i dottori non lo abbiano preso più sul serio.  

Tra uomo e donna; tra odio e amore; tra passione e disperazione: tutti antagonismi che caratterizzano Edward, il tipo di persona che spiazza il proprio interlocutore. È la storia di un «un duro troppo sensibile»; la storia di una battaglia per essere capito in una società che fatica ad accettare la diversità.

Edward stona, coi suoi tatuaggi e piercing, seduto di fianco alla madre Kate nel sontuoso appartamento famigliare, con una vista mozzafiato sul lago Lemano. Sopra di lui, i ritratti in bianco e nero degli antenati sembrano porgere l’orecchio al suo racconto.

«Sei un mutante. Non potrai mai avere né bambini, né una vita normale». Sono le parole utilizzate dal medico di Edward quando viene comunicata la diagnosi di intersessualità. Edward ha 16 anni. È seduto nello studio del dottore, solo.

A 32 anni questo responso continua a tormentarlo. La voce si rompe e lascia spazio alla rabbia nei confronti di una medicina che non ha saputo né sostenerlo né proteggerlo. Edward condivide con la madre l’impressione di essere stato trattato come una curiosità medica, piuttosto che come un giovane paziente bisognoso di aiuto.

Un corpo sempre più femminile

Alla nascita, nel 1984, nulla lascia presagire che Edward portasse in sé una variazione dello sviluppo sessuale. Anche se agli occhi della madre è sempre stato un «bambino diverso». Il percorso scolastico di questo ragazzino turbolento si rivela caotico già a partire dall’asilo. «A dieci anni gli è stata diagnosticata la sindrome da deficit di attenzione», ricorda la madre. Edward viene espulso da due scuole, poi mandato in istituto.

Verso i 12 anni, la situazione si complica. Edward cresce. E come i suoi amici aspetta impaziente che la voce si faccia più grave, che spuntino i primi peli, che il suo corpo diventi quello di un uomo. Ma non accade nulla. O peggio, il suo corpo segue un cammino inverso. «I fianchi stavano prendendo forme femminili e mi stava crescendo il seno». Un’esperienza traumatizzante per l’adolescente. «In istituto rifiutavo di farmi la doccia con gli altri. Non mi sentivo né uomo, né donna. Non mi sentivo più nulla».

Al suo malessere si aggiungono quelle parole che fanno male. «Mi chiamavano “frocio schifoso”». Un insulto che Edward non tollera più, non solo perché non accetta che i suoi amici omosessuali vengano denigrati, ma anche perché mette in luce l’incomprensione che circonda l’intersessualità. «Dato che questa parola include il termine “sesso”, la gente pensa che io sia gay. Ma essere intersessuali non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale!», sottolinea Edward alzando la voce, o quasi gridando. Poi si riprende: «Mi spiace, ma dovete assolutamente capire!».

«Senza testosterone, nella testa ero come un bambino di dieci anni: davo fuori di matto senza pensare alle conseguenze dei miei atti. Non avevo alcun limite»

Anni d’inferno

È all’età di 16 anni che i medici scoprono finalmente che Edward è affetto dalla sindrome di Klinefelter, una delle numerose anomalie cromosomiche sessuali. Edward è XXY invece dell’abituale XY. In altre parole, ha un cromosoma in più e il suo corpo non produce sufficiente testosterone per superare lo stadio della pubertà. I dottori gli prescrivono così delle iniezioni ormonali, da fare una volta al mese. «È un processo molto doloroso. Ti iniettano un liquido in fondo alla schiena, ma ci mette molto tempo per scendere perché è oleoso. Non potevo fare niente per tutta la sera o perfino per una giornata intera».

Per diminuire gli effetti secondari, il medico decide di sostituire le iniezioni con un cerotto, meno sgradevole, ma anche meno efficace. «Non vedevo alcun progresso. Inoltre all’epoca avevo incontrato una ragazza molto comprensiva che mi aveva detto che mi accettava così com’ero e che non avevo bisogno di testosterone». Edward si lascia convincere e smette la cura. Una decisione che segna l’inizio di un periodo buio.

Tra i 16 e i 23 anni, Edward attraversa una violenta crisi identitaria. «Senza testosterone, nella testa ero come un bambino di dieci anni: davo fuori di matto senza pensare alle conseguenze dei miei atti. Non avevo alcun limite», ricorda. Assenza totale di fiducia in sé stesso, malessere e aggressività gli causano «innumerevoli problemi». L’odio lo travolge. «Vedevo tutti come nemici, perfino mia madre, ma è stata anche la rabbia ad aiutarmi a sopravvivere».

Una persona, di cui non si vede il viso, ma solo le braccia e le gambe tatuate, in sella a una bici.
La bicicletta e i tatuaggi hanno aiutato Edward ad accettarsi. Le lettere XXY sono ora scritte sul suo braccio sinistro. Natasha Carrion

«Mamma, cosa sono?»

Quando diventa una ragione di vita, l’odio isola: tra il giovane, la famiglia e gli amici si crea una frattura dolorosa. «Sono stati anni orribili. Edward non sapeva più chi era. A volte veniva a trovarmi, travestito da ragazza, e mi chiedeva: “Mamma, cosa sono?”», racconta Kate. La madre si sente sola, impotente e fatica a trovare il sostegno necessario dai medici o psichiatri, che tentano invano di spiegarle lo stato d’animo del figlio con diagnosi psichiche. «È drammatico avere un figlio che continua a ripetere di volersi suicidare», ricorda la donna, con gli occhi lucidi.

Disorientata, Kate comincia allora a cercare informazioni sulle persone intersessuali e decide di scrivere una tesi sull’esperienza materna con un bambino diverso. Scopre così l’impatto psicologico della mancanza di testosterone sulla psiche di un uomo e si convince che il figlio deve riprendere il trattamento ormonale. «Dopo innumerevoli discussioni, grida e pianti, ho finalmente accettato. È soprattutto il rischio di osteoporosi ad avermi convinto», spiega Edward.

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La pubertà a 23 anni

Per il giovane è una sorta di liberazione. Grazie al testosterone, a 23 anni Edward entra a tutti gli effetti nella pubertà. Il suo corpo cambia: la massa muscolare della nuca e delle spalle si sviluppa, la voce si fa più grave. Ma prima di tutto ritrova una certa serenità. «Che sollievo quando sono finalmente diventato adulto», ricorda. Anche per la madre è una liberazione: «Gli ormoni sessuali permettono di sviluppare le facoltà cognitive. Oggi Edward comprende anche di più le conseguenze dei suoi atti».

Gli anni di vagabondaggio e ricerca hanno rafforzato il legame tra Edward e la sua mamma, che ha creato l’associazione SAMEDCollegamento esterno, un gruppo di sostegno rivolto alle madri di bambini diversi. «La mia storia è anche la sua. Ci ha permesso di costruire una corazza», commenta il figlio.

Un futuro da costruire

Quando gli chiediamo del suo futuro, Edward risponde senza esitazione: «Non vedo alcun futuro». Come tutte le persone colpite dalla sindrome di Klinefelter, anche lui è sterile. Una condizione che lo turba molto. «Ho l’impressione che il fatto di non poter avere dei bambini annienti tutte le relazioni con le donne». Il giovane prende così il largo, sogna di viaggiare in Costa Rica e si appassiona per la fotografia.

XXY: Edward ha tatuato queste tre lettere sul braccio. A riprova che oggi riesce ad accettarsi per quello che è: una persona intersessuale. E a vedere perfino dei vantaggi: «Mi sento al contempo uomo e donna, nelle mie scelte e nel mio corpo. Il fatto di prendere decisioni ferme, ad esempio, denota il mio lato femminile. La fragilità è più legata al corpo, il mio lato maschile».

«Sono padrone del mio destino. Sono capitano della mia anima», ha inciso con l’inchiostro nero sul petto. «L’odio non prende più il sopravvento. È sempre presente, ma ho imparato a contenerlo». Una quiete che il giovane trova, in particolare, nella passione per le fixie, le biciclette urbane a scatto fisso.

«I tatuaggi mi hanno aiutato ad accettare il mio corpo, la bicicletta a gestire le mie emozioni».

Cosa significa LGBTIQ ?

L’acronimo LGBTIQ è una sigla utilizzata per designare le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali e queer. Col tempo, sono apparsi altri termini per definire i diversi orientamenti sessuali e affettivi e le identità di genere.

Dietro a queste lettere si trovano tuttavia storie di vita, percorsi a volte tortuosi, a volte più semplici, ma sempre unici. Per questo abbiamo deciso di dedicare un ritratto ad ogni lettera che compone questo acronimo. In questo modo, vogliamo dare la parola alle persone LBGTIQ ed evocarne i sogni, i successi e le rivendicazioni. Una serie che si inserisce in un dibattito di società al centro dell’attualità e che potrete scoprire nel corso delle prossime settimane su swissinfo.ch.

Intersessualità : operazioni dalle pesanti conseguenze

In Svizzera una quarantina di bambini nascono ogni anno senza che i medici possano determinarne chiaramente il sesso. A volte, le variazioni della differenziazione sessuale non sono visibili alla nascita, ma compaiono solo più tardi.

In alcuni casi è necessario un intervento medico immediato, perché il bambino rischierebbe di morire. In altri non è invece giustificato da un punto di vista clinico. In passato molti bambini venivano operati in modo da poter attribuire loro un sesso fin dalla nascita. Operazioni eseguite spesso senza il consenso dei genitori e che hanno portato a conseguenze irreversibili. Dagli anni Novanta, diversi studi hanno dimostrato che i bambini operati alla nascita possono avere gravi conseguenze fisiche e psichiche in età adulta.

In Svizzera il personale medico ha iniziato a cambiare pratica nei confronti delle persone intersessuali, ma non esiste ancora una legge sul tema. Nel 2016, in seguito alla pubblicazione di un rapporto della Commissione nazionale di etica per la medicina umanaCollegamento esterno, il governo svizzeroCollegamento esterno ha sottolineato che gli interventi prematuri o inutili violano il diritto all’incolumità della persona.

(Traduzione dal francese, Stefania Summermatter)

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