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Giochi d’inverno all’ombra di una palma

Questo edificio scintillante accoglierà le gare di pattinaggio artistico. AFP

L'organizzazione delle olimpiadi invernali, che si apriranno a Sochi il 7 febbraio 2014, ha dato un nuovo volto alla "terza capitale russa". I numerosi cantieri aperti non fanno però l'unanimità e c'è chi teme per il futuro della regione. Reportage.

Chi visita Sochi per la prima volta, deve sapere una cosa: l’area conosciuta come “greater Sochi” non è una semplice cittadina, ma si estende lungo il litorale del Mar Nero per ben 140 chilometri. In città il traffico è così congestionato che perfino i moscoviti, che di ingorghi ne sanno qualcosa, restano sbalorditi.

Sbarcando all’aeroporto internazionale di Adler, il distretto di Sochi dove è stato costruito il parco olimpico, fatichiamo a conciliare la presenza di palme e magnolie, e le temperature miti, con l’immagine di una capitale olimpica invernale.

«La città si sta trasformando sotto i nostri occhi», ci dice entusiasta il taxista Rafael Chokolyan, che dopo la caduta dell’Unione sovietica ha lasciato l’Abkhazia, un territorio conteso tra Russia e Georgia. «Stanno costruendo nuove strade, nuovi viadotti e nuove infrastrutture».

Sochi si trova ai piedi delle montagne del Caucaso del Nord e costeggia il Mar Nero per 140 km. Ha una popolazione di 430’000 abitanti, per un centinaio di gruppi etnici. Si estende su una superficie di 20’000 ettari, di cui 30’000 sono riserve naturali. La città si trova in una regione umida subtropicale, al 43° parallelo Nord, la stessa latitudine di città come Nizza, Toronto, Almaty e Vladivostok. Secondo la rivista Forbes, nel 2012 Sochi era il miglior posto dove investire in Russia.

Entusiasmo e critiche

Nel centro di Sochi incontriamo Igor Parkhomenko, un imprenditore nato e cresciuto nella regione. Dal suo punto di vista, sarebbe stato meglio se i giochi olimpici si fossero tenuti altrove. La temperatura si avvicina ai 16 gradi e il sole illumina la città. Un cambiamento benvenuto rispetto al grigiore che abbiamo lasciato nella capitale svizzera.

Mentre ci incamminiamo verso il suo ufficio, a due passi dalla stazione, i nostri occhi sono catturati dalle tante gru sparse qua e là e dall’abbondante vegetazione che distingue la regione. «Ci restano ancora molte di queste meraviglie naturali», commenta l’impresario.

Igor Parkhomenko ricorda la reazione poco entusiasta della popolazione locale quando il Comitato olimpico assegnò i giochi a Sochi. Da fuori, i suoi amici non riuscivano a capire quale fosse il problema. «Mi dicevano: “Siete davvero difficili da accontentare. Vi hanno premiato con un grande evento sportivo e non fate altro che lamentarvi”. Per capire ciò che proviamo, basta trascorrere una notte vicino a un cantiere, con quel viavai di camion, il rombo continuo e la polvere nell’aria. Ci sono così tanti cantieri aperti che le infrastrutture continuano a danneggiarsi: un giorno ci tagliano l’acqua, l’altro il gas.  Ci sono così tanti lavori in corso: impianti sportivi, cavalcavia, centri commerciali e alberghi. È da sei anni che vanno avanti».

L’imprenditore Igor Parchomenko ritiene che la sua città sia ormai invivibile. swissinfo.ch

Parola magica: infrastrutture

Il taxista Rafael Chokolyan la pensa altrimenti. «Tutti questi cantieri non causano solo rumore e polvere. Creano nuovi posti di lavoro e la gente è contenta». Le condizioni di impiego sui cantieri sono però fortemente contestate. «Non so quanto vengano pagati gli operai, ma se restano lì significa che sono soddisfatti di ciò che fanno, delle condizioni di lavoro e di salario».

Rafael Chokolyan non nega però che vi sia qualche inconveniente: «Devo lavare la mia automobile due volte al giorno. Ma per l’apertura dei giochi la polvere sarà spazzata via e tutto sarà in perfetto ordine. La nostra Sochi sarà tutta scintillante».

La parola magica “infrastruttura” è sulle labbra di tutti. Malgrado il numero impressionante di raccordi stradali costruiti negli ultimi anni, il traffico resta un problema irrisolto. Anche perché le strade sono state concepite nell’ottica di un luogo di villeggiatura e non di una città con centri commerciali, grattacieli e un intenso flusso viario.

Il taxista Rafael Chokolyan non vede l’ora dell’arrivo dei giochi olimpici. swissinfo.ch

Un progresso atteso da anni?

«C’è da dire che la gente dimentica in fretta», afferma Oleg Smerechinsky, proprietario di una libreria a Sochi. «Due o tre anni prima della decisione del Comitato olimpico, all’ora di punta ci volevano fino a sei ore per percorrere i 3-4 chilometri che dal centro di Adler portano in stazione. C’era un tratto a due corsie, che è stato raddoppiato a quattro. Oggi ci vuole al massimo un’ora».

Il giovane ha una visione pragmatica della situazione. «Quando si spendono miliardi di rubli per costruire un raccordo stradale, è normale chiedersi se il denaro sia stato investito nel modo giusto. Ma non ha senso interrogarsi sulla necessità di questa strada; non c’è dubbio che andava costruita».

Secondo lui, è grazie ai giochi che questo sviluppo è stato possibile. «Dal 1991 non è stata costruita alcuna strada, fatta eccezione per dei grandi progetti federali». Oleg Smerechinsky sottolinea tuttavia che nonostante la costruzione di nuovi raccordi stradali, il problema dei trasporti e delle infrastrutture persiste.

Stazioni sotto controllo

La stazione ferroviaria di Adler è nuovo di zecca. L’inaugurazione risale a due mesi fa, per mano del presidente russo Vladimir Putin. I treni ad alta velocità, pensati per trasportare pubblico e sportivi durante le olimpiadi, sono già in funzione tra l’aeroporto e le stazioni di Sochi e Adler.

Per motivi di sicurezza, si spiega, le stazioni ferroviarie sono state poste sotto stretta sorveglianza. Chi  esce dal terminal anche solo per soli cinque minuti, per poter rientrare deve presentare nuovamente un documento di identità e passare attraverso il metal detector. A sorprendere di più, però, è l’assenza di caffè, ristoranti o di un semplice distributore automatico dove acquistare una bevanda o un panino.

«La stazione è troppo grande e non offre nemmeno un minimo di conforto», commenta Parkhomenko, per poi sottolineare che in ogni caso la maggior parte dei turisti non arriva ad Adler in treno, ma in aereo.

swissinfo.ch

Un centro termale internazionale

A Sochi, il clima è piuttosto insolito per una città russa: d’estate, il mare rende il caldo più sopportabile, mentre d’inverno le temperature scendono raramente sotto i 6 gradi, grazie alle montagne che la proteggono dai venti freddi.

La regione è conosciuta per le sorgenti termali ricche di minerali. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, Sochi accoglieva quasi esclusivamente centri di cura e benessere. Era un luogo di “salute per la gente”, come si legge sullo stemma della città.

«Le cliniche, le infrastrutture ferroviarie e l’aeroporto sono stati costruiti dopo la guerra, in seguito alla valutazione del potenziale della regione», spiega Oleg Smerechinsky, il libraio. «All’epoca, le autorità sovietiche puntarono sullo sviluppo di Sochi, assieme a quello della Crimea e di altri centri termali nel Caucaso. Per questo iniziarono a piovere i finanziamenti, proprio come sta accadendo oggi. In fondo non stiamo vivendo qualcosa di eccezionale: già negli anni Cinquanta la città era un cantiere a cielo aperto».  

Là dove c’era l’erba…

L’ambientalista Olga Noskovets dell’organizzazione EcoWatch spiega come all’inizio la popolazione non fosse contraria ai giochi. «Pensavano che il progetto avrebbe dato lustro a Sochi e che la città sarebbe diventata un centro termale internazionale. Abbiamo tutto ciò che serve: aria pura, acqua, mare e parchi», spiega Olga Noskovets mentre passeggiamo per la valle Imeretin.

«Le opinioni sono però cambiate nel giro di un anno, quando sono iniziati i conflitti e la gente è stata sfrattata per costruire nuove strutture». L’ONG EcoWatch, fondata nel 1997 per proteggere la natura e il paesaggio del Caucaso del Nord, tiene un registro di tutte le violazioni sorte in seguito all’organizzazione delle olimpiadi.

L’ecologista Olga Noskovets denuncia i danni causati dalle infrastrutture olimpiche. swissinfo.ch

«La valle dell’Imeretin era considerata una regione da proteggere già prima della rivoluzione del 1917. Fino a poco tempo fa qui c’erano ancora delle aziende agricole. Ora non è rimasto più nulla; solo il grigio delle infrastrutture per le olimpiadi».

Come Olga Noskovets, sono in molti a ricordare con un po’ di nostalgia i frutteti e i campi che fino a poco tempo fa caratterizzavano la regione. Ad esempio Krasnaya Polyana, dove si terranno i giochi, era un piccolo villaggio di un migliaio di abitanti.

 «Alla fine degli anni Novanta, Sochi era una piacevole località di villeggiatura. La maggior parte degli edifici era a due o tre piani al massimo. L’ideale, dal mio punto di vista. Krasnaya Polyana era una cittadina tranquilla e isolata. Quando un cane abbaiava, lo si sentiva a chilometri di distanza», racconta Alexander Frolov, manager di una società incaricata del rilievo GPS. Residente a Mosca, ha lavorato a Sochi per diversi anni a cavallo del secolo. «Quando sono tornato a Sochi nel gennaio 2013, ho trovato solo fango, recinzioni e rumore. Mi è parso tutto così spaventoso».

Un secchio d’acqua in un ditale

Oleg Smerechinsky è convinto che valga la pena fare qualche sacrificio. Stiamo percorrendo la strada che collega Adler a Krasnaya Polyana, l’arteria principale durante i giochi. Strada e ferrovia corrono parallele lungo la riva sinistra del fiume Mzymt. Anche la vecchia carreggiata attraversa la valle, ma è piena di curve e dunque più lunga. Per questo librario di Sochi, le olimpiadi hanno permesso di costruire in soli cinque o sei anni ciò che sarebbe stato costruito in ogni caso, ma molto più lentamente. «Ci sarebbero voluti 30 o 50 anni».

Dal canto suo, Alexander Frolov rimpiange i tempi in cui Sochi era ancora una città piccola e vivibile. «Non si può pretendere di mettere un secchio d’acqua in un ditale, come si suole dire. Ma è proprio ciò che le autorità stanno cercando di fare».

«Mi stupisco sempre quando sento la gente dire che se non fosse stato per le olimpiadi, Sochi sarebbe caduta a pezzi. Significa che in fondo ogni città russa avrebbe bisogno dei suoi giochi per svilupparsi».

Altri sviluppi

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Sochi, tra lavoratori sfruttati e cantieri infiniti

Questo contenuto è stato pubblicato al Le Olimpiadi di Sochi dovrebbero essere le più compatte della storia. Per lo meno è ciò che promettono gli organizzatori. Le gare si terranno in due siti principali: uno lungo la costa, nel distretto di Adler, e l’altro in montagna a Krasnaya Polyana. L’evento sportivo è però parte di un progetto più ampio: la Russia…

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La vita oltre le olimpiadi

Oltre alla questione del finanziamento e dello sviluppo della regione, sono in molti ad interrogarsi sul dopo Sochi. Cosa ne sarà della città al termine dei giochi?

Per quanto riguarda i siti olimpici, gli organizzatori spiegano che in alcuni casi le strutture saranno completamente ricostruite al loro interno e trasformate in spazi espositivi. Altre invece saranno mantenute tali e quali e utilizzate per eventi sportivi internazionali oppure per gli atleti locali. La Russia ospiterà la coppa del mondo di calcio nel 2018 e alcuni incontri si terranno a Sochi. Le infrastrutture saranno dunque a portata di mano.

Il post olimpiadi sarà una sfida da cogliere anche per i professionisti del settore alberghiero e della ristorazione, ma soltanto il tempo dirà se Sochi potrà trasformarsi in una destinazione turistica di prima classe.

«Sorvolando Sochi non si vedono più il mare e le piante come un tempo, ma un cantiere dopo l’altro. E molti di questi sono ormai fermi», commenta Frolov. «Mostruosi scheletri di palazzi a venti piani… Chi può mai aver pensato di costruire simili grattacieli in una zona sismica?».

(Traduzione a adattamento, Stefania Summermatter)

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