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Il boom del servizio civile specchio della crisi dell’esercito

La sanità è uno dei campi d'intervento principali dei civilisti; nella foto un civilista all'opera all'ospedale di Sursee nel canton Lucerna Keystone

I circa 9'000 giovani che ogni anno optano per il servizio civile rappresentano una perdita considerevole per l'esercito. Una perdita però senz'altro sopportabile visto il sovradimensionamento delle forze armate, afferma l'esperto Hans-Ulrich Ernst.

Per decenni gli obiettori di coscienza hanno dovuto subire le ire della giustizia militare, finendo in prigione o, nel migliore dei casi, sobbarcandosi lunghe pene lavorative. La situazione è cambiata solo nel 1996, con l’entrata in vigore della legge sul servizio civile. Chi voleva evitare il servizio militare doveva sottostare a un esame di coscienze davanti a una speciale commissione. Dall’aprile 2009, questo esame è stato sostituito dalla prova dell’atto.

In altre parole, si ritiene che il fatto di dover effettuare un servizio civile lungo una volta e mezzo il servizio militare normale costituisca una prova sufficiente per dimostrare la credibilità del candidato.

La durata non sembra però costituire una barriera sufficiente per scoraggiare gli aspiranti civilisti: il numero di richieste è infatti esploso, passando da 1’800 a quasi 9’000 con l’introduzione della prova dell’atto.

Marcia indietro necessaria?

I parlamentari dell’Unione democratica di centro (UDC, destra nazional-conservatrice) sono saliti sulle barricate, temendo che il successo del servizio civile indebolisca le fondamenta dell’esercito di milizia. In particolare i rappresentanti dell’UDC membri della commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale hanno proposto di ridurre l’attrattiva del servizio civile, ad esempio reintroducendo l’esame di coscienza.

Hans-Ulrich Ernst, ex segretario generale del Dipartimento militare federale (oggi Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport), scuote la testa al pensiero di questi sforzi per riportare indietro le lancette dell’orologio.

“L’esperienza mostra che l’esame di coscienza non è servito a nulla se non a causare grosse spese. Solo una piccola percentuale di candidati al servizio civile falliva questo esame”.

Ernst, che non risparmia le critiche a un esercito troppo grande e inefficiente, osserva inoltre che il problema è forse stato un po’ troppo gonfiato: “Il numero di richieste per il servizio civile sta già scendendo e quindi questo trambusto è infondato”. Secondo Ernst, i tentativi di innalzare nuove barriere per renderlo meno attraente, politicamente hanno poche chance di essere accettate.

Una perdita sopportabile

Un giovane che opta per il servizio civile rappresenta una perdita per l’esercito. Tuttavia, tenuto conto del sovradimensionamento dell’esercito, è una perdita sopportabile. E ciò anche se in un futuro prossimo la diminuzione del numero delle nascite registrata nel recente passato porterà automaticamente a un calo degli effettivi.

“In Svizzera vi sono circa 6 milioni di cittadini col passaporto elvetico. L’esercito ha un effettivo di 140’000 soldati, a cui vanno aggiunti 80’000 riservisti. La Finlandia, con 5,5 milioni di cittadini, ha un esercito di 22’600 uomini”.

Ernst menziona anche l’esempio della Germania: “Il ministro della difesa Guttenberg vorrebbe diminuire gli effettivi della Bundeswehr a 170’000 soldati. La Germania, però, ha un numero di cittadini dieci volte superiore alla Svizzera”.

Crisi esistenziale

Per Hans-Ulrich Ernst, quello che deve far riflettere non è tanto il numero di giovani che opta per il servizio civile. Bensì cosa significhino queste cifre per l’esercito. “Il fatto che dopo aver assolto la scuola reclute circa 4’000 giovani chiedano ogni anno di poter effettuare il servizio civile è un esempio lampante della crisi esistenziale che sta attraversando l’esercito svizzero”.

Troppe unità non hanno un incarico preciso. “I quadri sono pieni di buona volontà ma sono sottoccupati. Il dramma avvenuto sul fiume Kander (nell’estate 2008 cinque militari annegarono durante un’uscita in gommone, ndr) è stata una conseguenza di questa situazione”.

Il fatto di poter disporre di un numero di importante di militari non è però sinonimo di capacità d’intervento, rileva l’ex “eminenza grigia” del Dipartimento militare.

“Durante le alluvioni del 1999, hanno potuto essere mobilitati solo la metà degli uomini di un battaglione di salvataggio. Gli altri non erano sufficientemente motivati, ma non avevano potuto rinviare il loro corso di ripetizione”.

Servizio in una volta sola

Malgrado sia critico nei confronti dell’esercito, Ernst non è sicuramente un rappresentante della sinistra che vorrebbe abolire l’obbligo di servire. Il suo modello di esercito di milizia adattato al XXIesimo secolo prevede che il numero delle persone chiamate alle armi rimanga uguale.

“Il 40% di loro effettuerebbe però il servizio di leva in una volta sola. Ciò permetterebbe di avere a disposizione un numero di militari sufficiente per delle emergenze, ad esempio come nel caso delle alluvioni del 1999”.

Questa è comunque musica d’avvenire. Anche se esiste già la possibilità di effettuare i 260 giorni obbligatori di servizio militare in una volta sola (in caso di ferma continuata, però, i giorni di servizio diventano 300), la maggior parte dei coscritti opta per il percorso abituale, ossia la scuola reclute e le tre settimane annuali di corso di ripetizione.

Tra un corso e l’altro, il cittadino soldato deve conservare a casa sua materiale militare per un valore di 5’000 franchi, tra cui il fucile. Il resto dell’equipaggiamento viene depositato negli arsenali. “Migliaia di posti di lavoro dipendono dall’esercito. Anche per questa ragione molte persone difendono con così tanto ardore il sistema di milizia”, spiega Hans-Ulrich Ernst.

Civilisti al posto dei soldati

La crisi esistenziale attraversata dall’esercito è palese quando si pensa ad alcuni dei compiti che i militari hanno dovuto effettuare negli ultimi anni, come ad esempio la preparazione delle piste di sci per le prove di coppa del mondo in inverno o gli incarichi nel quadro dei campionati europei di calcio del 2008.

Questi servizi giovano sicuramente agli organizzatori delle manifestazioni e all’esercito stesso, che in tal modo cerca di migliorare la propria immagine in seno alla popolazione. Ma hanno poco a che vedere con la missione intrinseca dell’esercito.

In questi casi i civilisti sarebbero senz’altro le persone giuste al posto giusto. “Poiché anche il servizio civile dispone di quadri, è senza dubbio possibile impiegare queste persone per compiti come la preparazione delle piste a Wengen ed Adelboden, sgravando così l’esercito da questi incarichi”. Ed il servizio civile è pronto, come lo ha assicurato il suo responsabile Samuel Werenfels.

Renat Künzi, swissinfo.ch
(traduzione ed adattamento di Daniele Mariani)

In Svizzera l’obbligo generale di servire risale alla prima Costituzione elvetica del 1798. All’epoca suscitò l’opposizione di alcuni mennoniti e anabattisti.

Nel 1903, il socialista Charles Naine fu il primo cittadino svizzero a fare obiezione per ragioni non fondate su credenze religiose, ma per motivi di coscienza più ampi.

Le basi del servizio civile furono poste nel 1966, ma solo 30 anni dopo, nel 1996, divenne realtà grazie all’entrata in vigore di un decreto federale del 1992.

Nel frattempo erano state depositate varie iniziative popolari, fra cui quella “per un vero servizio civile basato sulla prova del fatto“, bocciata nel febbraio 1984 con il 64% dei voti.

La sostituzione dell’esame di coscienza con la prova dell’atto è stata approvata dalle Camere federali nell’ottobre 2008.

Dall’introduzione della prova dell’atto, il numero di richieste è fortemente aumentato, passando da 1’800 a oltre 8’500 all’anno.

Questa evoluzione suscita i timori di una parte dei parlamentari. La maggioranza dei membri della commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale ha chiesto di rivedere le condizioni per poter accedere al servizio civile, segnatamente di reintrodurre l’esame di coscienza.

Il governo è dal canto suo convinto che a medio termine il boom delle richieste per il servizio civile non mette in pericolo l’esercito.

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