Il gipeto torna a popolare i cieli alpini
Il bilancio del progetto di reintroduzione del gipeto barbuto nelle Alpi è assai positivo: dal 1986, sono stati liberati in natura oltre 150 esemplari del volatile; l'ultima operazione avrà luogo la prossima settimana.
«L’obiettivo di ricreare una popolazione autonoma di gipeti barbuti nelle Alpi svizzere, italiane e francesi è stato raggiunto», ha affermato martedì Chaspar Buchli in occasione di una conferenza stampa dell’Associazione Pro gipeto.
Se gli uccelli attualmente presenti si riprodurranno normalmente e una decina di giovani gipeti sopravvivranno ogni anno, ha spiegato l’esperto, non sarà necessario eseguire interventi analoghi.
Il gipeto barbuto, la cui apertura alare può raggiungere 2,70 metri, è il più grande volatile presente in Svizzera. Alla fine del diciannovesimo secolo è scomparso dal paese, vittima della diceria che lo voleva predatore di agnelli. In realtà, il gipeto si nutre essenzialmente di ossa.
Stomaco e cervello
Grazie a efficaci succhi gastrici, il gipeto è in grado di digerire anche le ossa più grosse. Il suo apparato digerente gli consente dunque di approfittare di questa fonte di nutrimento senza dover entrare in concorrenza con altri animali.
Da un’altezza di 50-80 metri, l’uccello lascia cadere sulle rocce le ossa al fine di frammentarle e renderle così adatte a essere inghiottite.
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