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Il mostro non è sempre l’uomo cattivo

Un bambino su quattro tra i 14 e i 16 anni dice di aver subito un abuso nel corso della sua esistenza. Keystone

Gli abusi sessuali su minori sono una realtà scomoda della nostra società. Il miglior modo per far fronte al problema è parlarne senza preconcetti e generalizzazioni, ritiene Thérèse Cuttelod, psicologa dell'associazione Familles Solidaires. Intervista.

L’associazione con sede a Losanna assiste minori vittime di abusi sessuali da quasi vent’anni. Nel quadro di discussioni di gruppo o incontri individuali, i collaboratori di Familles Solidaires aiutano il bambino a superare il trauma e a ricostruire un’immagine positiva di sé stesso.

Avvalendoci della sua esperienza concreta, abbiamo chiesto alla psicologa Thérèse Cuttelod di parlarci apertamente di un tema su cui si discute molto, ma del quale si conosce poco.

swissinfo.ch: Nei media le notizie di abusi sessuali su minori sono ricorrenti. Si può per questo affermare che il fenomeno è in crescita?

Thérèse Cuttelod: È difficile avere una risposta precisa. Diverse indagini evidenziano comunque che gli abusi sessuali non sono in aumento e, anzi, potrebbero forse essere in diminuzione. Ad essere cresciuto è il numero di vittime che osano parlare.

swissinfo.ch: Confidare di aver subito abusi sessuali non è facile. Mancano quindi statistiche attendibili del numero delle persone colpite. Quali sono le vostre stime?

T. C.: Ogni ricerca giunge a percentuali diverse. Possiamo però ritenere che in media, in Svizzera, un bambino su quattro tra i 14 e i 16 anni dice di aver subito un abuso nel corso della sua esistenza.

swissinfo.ch: Abusi da parte di un adulto?

T. C: Non necessariamente. Ci sono casi in cui la differenza di età tra le persone coinvolte è più di tre anni e sono quindi punibili dalla legge. Esistono poi casi di coazione sessuale in cui l’autore è un adolescente.

swissinfo.ch: Il termine “pedofilo” è sempre utilizzato in modo appropriato?

T. C.: Assolutamente no. Non si può affermare che un allenatore sportivo è un pedofilo perché guarda i bambini mentre fanno la doccia. Bisogna dapprima fare delle diagnosi per capire quali sono le ragioni di tale comportamento.

Ciò che mi disturba è che al termine “pedofilo” viene quasi sempre associata la figura di un uomo cattivo e violento, del diavolo in persona. Si tratta in un certo senso di una distorsione della realtà. Nella maggior parte dei casi il pedofilo non agisce in modo improvviso e violento, ma costruisce lentamente la sua tela attorno alla futura vittima.

swissinfo.ch: Come è cambiato il modo in cui la società si pone di fronte al problema degli abusi sui minori?

T. C.: C’è maggiore consapevolezza della dimensione del fenomeno e delle ripercussioni sulle vittime a lungo termine. Rispetto a venti anni fa ci sono oggi anche più strutture che si prendono cura delle vittime.

La nostra associazione ha ad esempio iniziato ad assistere gli adolescenti che hanno commesso abusi. In passato, un abuso di questo tipo non era considerato come qualcosa di grave. Non era neppure oggetto di un procedimento penale.

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swissinfo.ch: Questo significa che un abuso sessuale è meno terribile, se commesso da un adolescente?

T. C.: Per niente. Si tratta certamente di due tipi di abuso diversi, ma la gravità è la stessa: le ripercussioni possono essere altrettanto devastanti di una violenza commessa da una persona di 40 anni.

swissinfo.ch: Per gli adolescenti che abusano di bambini è corretto parlare di pedofilia?

T. C.: La pedofilia è una patologia specifica, che presuppone un’attrazione sessuale verso i bambini. Durante l’adolescenza, l’orientamento sessuale e in generale della personalità sono ancora in fase di sviluppo. È perciò assai azzardato formulare una diagnosi.

Va poi detto che la pedofilia è soltanto uno dei fenomeni che possono condurre a commettere un abuso.

A Familles Solidaires abbiamo osservato che questi adolescenti hanno sistematicamente una storia difficile alle spalle, segnata da traumi o violenze. Un terzo di loro è stato a sua volta vittima di abusi sessuali.

Durante il mio lavoro ho avuto l’impressione che per molti sembra trattarsi di un errore di percorso e non di un primo passo verso una carriera di violentatore. Sappiamo però che molti autori adulti dicono di aver già commesso abusi sessuali durante l’adolescenza. È quindi fondamentale agire con i giovani.

swissinfo.ch: La facilità con la quale si può accedere alla pornografia, ad esempio tramite Internet, non è quindi all’origine di violenze sessuali?

T. C.: La pornografia può ovviamente avere un impatto sullo sviluppo di un minore. In alcuni adolescenti con un passato traumatico può essere la scintilla che fa poi passare all’atto. Ma non è perché si guardano dei filmati pornografici che si finirà per commettere un abuso.

swissinfo.ch: La prevenzione si basa molto sulla comunicazione. Come è possibile parlare di sessualità a un bambino?

T. C.: L’importante è fargli capire che ha il diritto di dire “no”, di dire che non gli piace. Nella stragrande maggioranza dei casi l’abuso sessuale è l’atto finale di un processo che può durare anche mesi. Il bambino ha quindi il tempo per parlare del suo disagio. Deve però essere consapevole che le sue parole saranno ascoltate.

swissinfo: Lei parla spesso al maschile… gli autori di abusi sono tutti uomini?

T. C.: Le statistiche dicono che le donne sono all’origine di abusi nel 5% dei casi. Questa cifra è però secondo me molto sottovalutata. Non c’è alcuna ragione di credere che tra i colpevoli ci siano più uomini che donne.

Per due anni ho seguito undici persone vittime di abusi durante l’infanzia. La maggior parte ha subito abusi da più persone. In tre casi, tra queste persone c’erano anche donne.

L’aspetto interessante è che spesso la vittima non identifica la donna in quanto aggressore. Discutendo emerge però che la donna è molte volte complice: la mamma non è costretta dal marito, ma assiste e partecipa volontariamente all’atto.

L’associazione nasce nel 1993, anno di entrata in vigore della Legge federale sull’aiuto alle vittime di reati.

Il suo scopo, che si rifà al programma nordamericano Parents United, è di fornire un sostegno e un aiuto specializzato ai bambini e agli adolescenti vittime di abusi sessuali, così come alle loro famiglie.

Su richiesta del Tribunale dei minori assiste anche gli adolescenti autori di abusi sessuali.

Nel 2010 si è presa cura di 73 persone.

In Svizzera i crimini pedofili sono perseguibili a vita. Il popolo elvetico ha accettato l’iniziativa sull’imprescrittibilità dei reati di pornografia infantile proposta dall’associazione Marche Blanche nel novembre 2008.

A fine aprile di quest’anno, sempre Marche Blanche ha depositato un’altra iniziativa che chiede di introdurre il divieto di esercitare una professione a contatto con i bambini per tutti coloro che hanno abusato sessualmente di fanciulli o di persone dipendenti.

Per prevenire gli atti di pedofilia e gli abusi su persone incapaci di intendere e di volere, il governosvizzero ha posto in consultazione una sorta di controprogetto.

Le proposte di inasprimento del Codice penale prevedono, tra l’altro, il potenziamento del divieto di svolgere certe professioni.

In futuro, un giudice penale potrà inoltre proibire non soltanto l’esercizio di un’attività professionale, ma pure le attività extraprofessionali (svolte ad esempio in seno ad un’associazione).

In Svizzera l’articolo 187 del Codice penale fissa a 16 anni l’età minima in materia di sessualità.

Chi compie un atto sessuale con una persona minore di 16 anni è punito con una pena detentiva fino a cinque anni o con una pena pecuniaria.

Non vi è però reato se la differenza di età tra le persone coinvolte non eccedei i tre anni.

L’articolo 188 punisce dal canto suo gli abusi commessi sui minori con più di 16 anni se esiste un rapporto di dipendenza tra l’adulto e la vittima (insegnate-allievo, allenatore-giocatore,…).

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