Insegnanti in fuga
Classi e genitori difficili, compiti sempre maggiori, continue riforme scolastiche. Per sopravvivere, gli insegnanti svizzeri devono grattare il fondo del barile. Molti gettano la spugna e lasciano dietro di sé un vuoto difficilmente colmabile.
Il numero di pedagoghi che abbandona la professione è inquietante. La situazione è particolarmente drammatica nei primi due-tre anni: dal 20 al 50 percento di docenti giovani lascia infatti l’insegnamento dopo le prime difficili esperienze.
Anche a fine carriera, il numero di insegnanti navigati che getta la spugna cresce rapidamente, indica il «Rapporto sul sistema educativo svizzero 2010».
Per Jürg Freudiger, consulente indipendente per la scuola pubblica di Zurigo, le cause di questa crescente defezione sono da ricercare specialmente nell’aumentato carico di lavoro a cui sono sottoposti i docenti.
«La società, le direzioni scolastiche, i genitori hanno costantemente addossato agli insegnanti nuovi compiti e responsabilità. Ciò ha generando situazioni di stress estremo».
«Questo stato di cose può portare al ‘burnout’ e colpisce specialmente i docenti che non riconoscono in tempo i sintomi di tale sfinimento psicofisico», spiega Freudiger. Confrontato a sua volta con tali situazioni durante la sua trentennale carriera di insegnante di scuola media inferiore, ha deciso di aprire uno studio di consulenza in questo ambito e offrire dei corsi di formazione.
Di recente, in occasione dei corsi estivi di aggiornamento per gli insegnanti svizzeri, svolti a Coira, Jürg Freudiger e sua moglie hanno avuto l’opportunità di trasmettere nozioni e strategie volte a evitare l’esaurimento nervoso. Al suo corso hanno partecipato docenti di tutte le fasce d’età: «Dai neodiplomati a quelli di lunga data. Alcuni hanno già sperimentato un ‘burnout’, altri ci sono andati molto vicini».
«Gli insegnanti devono imparare a ritagliarsi delle pause per se stessi e tutelare maggiormente il loro stato psicofisico con attività sportive o sedute di allenamento mentale», sottolinea ancora Freudiger.
La burocratizzazione
Naturalmente questi espedienti non sono una panacea per tutti i mali della scuola. «Il problema va affrontato alla radice – sostiene. La scuola non deve più essere considerata come l’unica istituzione a cui affidare tutti i compiti che genitori e società non vogliono più assumere».
Della stessa opinione è anche Reto Cadosch, insegnante di scuola elementare e responsabile di un corso incentrato sul tema dei compiti prioritari della scuola. «Gli insegnanti devono potersi occupare di nuovo prevalentemente dell’insegnamento e dell’educazione degli allievi. La burocratizzazione della professione, le attività comuni e la formazione continua all’interno dei singoli istituti scolastici hanno ridotto il tempo che i docenti possono dedicare a ciò che piace loro: l’insegnamento».
Questa opinione è stata confermata da uno studio commissionato nel febbraio 2008 dall’Associazione svizzera degli insegnanti (LCH) e svolto online su un campione di circa 5200 docenti di 20 cantoni svizzeri. Rispetto al 1999, il tempo lavorativo degli insegnanti è aumentato del 7%.
Se da una parte le ore dedicate all’insegnamento sono rimaste uguali, dall’altra si è notato il moltiplicarsi dei compiti amministrativi, dei corsi di formazione interna continua, delle attività con i genitori e con gli altri docenti. Lo studio evidenzia inoltre che le riforme scolastiche avviate alla fine degli anni Novanta hanno oberato di lavoro gli insegnanti della scuola pubblica.
Questo peggioramento delle condizioni di lavoro ha causato un’emorragia preoccupante di pedagoghi e un numero crescente di posti vacanti. Soltanto nel 2009, nella scuola pubblica svizzera mancavano 3400 docenti, che vengono occupati da personale proveniente dall’estero o da studenti. Al momento, infatti, le Alte scuole pedagogiche non riescono a formare un numero sufficiente di insegnanti per colmare questo vuoto.
Intanto, alcuni cantoni svizzeri sono corsi ai ripari, proponendo una formazione speciale e più breve per chi proviene da altre professioni o per i maestri di elementare che intendono passare alla scuola media inferiore.
Il prestigio perso
Reto Cadosch è consapevole delle sfide a cui è confrontato l’insegnante al giorno d’oggi. Durante la settimana di formazione mostra quindi ai corsisti nuove tecniche attraverso le quali i docenti possono ritrovare il piacere all’insegnamento, senza per questo vedere aumentata la mole di lavoro. «Alla fine del corso voglio salutare dei docenti motivati a sperimentare e applicare nuovi metodi e forme d’apprendimento», dice Cadosch.
Cadosch e Freudiger sono concordi su come migliorare l’attrattiva della figura dell’insegnante. «Questa professione deve riguadagnare il suo prestigio, quello che aveva alcune decine di anni fa. Un aumento salariale – argomento perorato recentemente anche dall’Associazione mantello degli insegnanti svizzeri – potrebbe frenare la migrazione dei docenti dal mondo della scuola a quello dell’economia privata», indicano entrambi.
Ma la penuria di insegnanti non è riconducibile a un unico fattore. «Per i giovani insegnanti non è facile farsi una reputazione di questi tempi», afferma Cadosch. «Un insegnante navigato ha alle spalle innumerevoli episodi gratificanti nella sua carriera scolastica a cui attingere nei momenti di difficoltà. Uno giovane, invece, si scoraggia ai primi insuccessi e abbandona l’insegnamento».
«È un vento aspro, duro quello che sferza attualmente la scuola pubblica in Svizzera. Ma io non mollo», conclude Reto Cadosch, un insegnante convinto.
Luca Beti, swissinfo.ch, Coira
Nel 2009, si sono dovuti cercare in Svizzera 3400 nuovi insegnanti per le classi della scuola dell’obbligo. Nel canton Zurigo, per esempio, prima dell’inizio delle vacanze estive rimanevano ancora 250 posti vacanti.
Per far fronte alla carenza di insegnanti, i cantoni Zurigo, Berna, Argovia, Basilea Città, Basilea Campagna e Soletta, hanno deciso di organizzare dei corsi speciali e più brevi per chi proviene da altre professioni o per i maestri di elementare che intendono passare alle scuole medie inferiori.
Stando a Stefan Denzler, coautore del Rapporto sul sistema educativo Svizzero 2010, mediamente le Alte scuole pedagogiche elvetiche formano all’anno il 3,5% del corpo docente attivo nella scuola dell’infanzia ed elementare, cioè circa 2400 nuovi docenti. Sarebbe invece necessario un ricambio che va dal 6% al 7% nella scuola pubblica (circa 5000 insegnanti).
Questa penuria non tocca in ugual misura tutta la Confederazione. Maggiormente colpita è la Svizzera tedesca. In quella romanda, invece, si percepiscono soltanto ora i primi segnali.
Le ragioni di queste differenze geografiche sono da ricondurre a vari fattori.
Il numero di allievi:
Nella scuola elementare diminuirà a medio termine in tutti i cantoni, a parte Zurigo, Vaud, Zugo e Ginevra. Nelle regioni periferiche e di campagna il calo dovrebbe raggiungere prossimamente il 10%.
Nella scuola media inferiore si ridurrà mediamente in tutta la Svizzera del 10%, raggiungendo il minimo nel 2017, stando ai dati più recenti dell’Ufficio federale di statistica (2007).
Il numero di insegnanti:
Nei primi due-tre anni, la percentuale di docenti che lascia la scuola va dal 20% al 50%. Una situazione simile si verifica anche a fine carriera con gli insegnanti con più di 55 anni.
La percentuale di insegnanti con più di 50 anni aumenta continuamente ed è attualmente del 30%. Stando ai dati del 2007, questa percentuale nel canton Ticino è superiore al 40% ed è la più elevata in Svizzera, seguono il canton Zurigo (vicino al 40%) e le regioni tedescofone dell’Altopiano (circa il 33%).
La percentuale degli insegnanti a tempo parziale è cresciuta dal 56 % nel 1999 al 62% nel 2009.
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