«Ossa» e «idoli» scatenano la tempesta (MANCANO FOTO)
È un carico pesante quello che il carrettiere Hans Feer trasporta per le strade di Zurigo il 9 maggio 1587. Una cassa pesa quasi sei quintali e ci vogliono due uomini forti per portare le altre due. Le casse provengono dall’atelier di Heinrich Dieffolt, un artista del Vorarlberg che ha realizzato un retabolo per le chiese cattoliche di Sursee e di Merenschwand, su richiesta dell’abate di Muri. Come convenuto, Dieffolt ha depositato le casse in un magazzino di Zurigo, dove il carrettiere è venuto a cercarle. Il carico, però, non è mai giunto a destinazione.
Il cattolico Hans Feer non è del tutto tranquilllo all’idea di trasportare santi e angeli per le vie di Zurigo, dove i riformati hanno bandito tutte le statute di santi dalle chiese. A un passante che gli chiede cosa trascina, risponde subito: «Portiamo via le bare. Non abbiate paura! Quest’anno nessuno vorrà più morire, perché portiamo via tutti i morti». Ma quando un altro passante s’informa sul valore del carico, si lascia scappare che è «prezioso come le ossa dei morti di Zugo». L’atmosfera si fa così improvvisamente glaciale.
Questa dichiarazione disinvolta ricorda infatti una disputa avvenuta tre anni prima tra la cattolica Zugo e la protestante Zurigo. Disputa che aveva mostrato a che punto le relazioni fossero ancora tese tra i vecchi e i nuovi credenti. All’epoca gli zughesi avevano cominciato a dissotterrare le ossa degli zurighesi caduti durante l’ultima guerra di Kappel. Cinquant’anni dopo la battaglia, volevano probabilmente spostare i resti in un ossuario, ma gli zurighesi erano convinti che volessero profanare i loro morti. Alla fine avevano ottenuto che le ossa fossero inumate nuovamente, ma non avevano né dimenticato, né perdonato l’affronto. Non stupisce dunque che ora il carrettiere sia sospettato di deridere gli eroi morti, «con parole beffarde ed umilianti».
Hans Feer è ovviamente turbato da questa ostilità. In caso contrario, sarebbe difficile spiegare come mai, poco tempo dopo, scaccia tre donne zurighesi gridando: «Non avvicinatevi al mio carro o morirete!». Con questa minaccia, ha davvero superato il limite. Alcuni cittadini arrabbiati gli tagliano la strada e sei giovanotti saltano sul carretto per ispezionare il misterioso carico. Rompono le casse e tirano fuori santi colorati, angeli ricoperti d’oro e una corona delicatamente scolpita. Poi sventolano in modo trionfale il bottino, sbeffeggiando queste «belle immagini».
Incoraggiati dalle risate dei presenti, i giovani si spingono oltre. Con l’ausilio di un cavallo portano la carretta fino a una locanda, dove rompono mani, nasi e orecchie delle statue dei santi, per poi buttarle in un pozzo. Mentre lascia cadere Santa Barbara, un giovane grida: «Questo idolo ha contribuito a dissotterrare le ossa dei morti. Ecco perché deve farsi un bagno». La statua ha appena toccato il fondo, che un’altra viene buttata giù. «Questo idolo deve finire nel pozzo, perché ha contribuito a fare il nuovo calendario», grida un altro vandalo in segno di collera per la riforma del calendario voluta da papa Gregorio XIII. Mentre i cattolici hanno introdotto un nuovo calendario nel 1584, i protestanti hanno rifiutato di lasciarsi dettare la gestione del tempo dal capo supremo della Chiesa cattolica. Da allora ci sono due calendari nella Confederazione, che presentano una differenza di dieci giorni. Un’altra ragione per la quale cattolici e protestanti sono ai ferri corti.
La notte è ormai calata, ma i giovani non hanno sbollito la loro rabbia. Nessuno vuole o può fermarli. L’oste di Kindli, davanti alla cui porta si svolgono queste scene volgari, ha mandato il domestico a porre fine alla distruzione. I giovani lo accusano però di essere un «mangiatore di idoli» e minacciano di gettare anche lui nel pozzo. Ragione per la quale torna sui suoi passi senza aver fatto nulla. Nemmeno la guardia inviata da un cittadino inquieto non è d’aiuto. Invece di proteggere questi beni, come è suo dovere, si lascia trasportare e infilza l’alabarda nell’immagine di Sant’Anna. Solo l’orafo Stoffel von Lär riesce a tirar fuori dall’acqua alcuni pezzi e a metterli al riparo, perché in quanto artista riconosce «un lavoro eccellente». Anche il suo vicino, il panettiere Hyler, porta in salvo una statua e la trasporta in municipio. Altri zurighesi sono meno onesti. Approfittando della confusione generale, prendono parti della struttura dell’altare, con la speranza di poterle rivendere più tardi a un buon prezzo.
Questo atto di vandalismo provoca una grave crisi politica nella Confederazione. Per i cantoni cattolici, la distruzione degli altari rappresenta un attacco diretto contro la loro fede. Giurano solennemente di vendicare l’oltraggio, anche pagando coi loro beni o con le loro vite. Basilea e Berna, due cantoni protestanti alleati a Zurigo, sono preoccupati. Avvertono gli zurighesi della sete di vendetta dei cattolici e consigliano loro di rafforzare le difese.
Gli zurighesi cercano in tutta fretta di calmare le acque. Interrogano due dozzine di testimoni, si scusano ufficialmente e promettono di compensare l’artista e di punire i colpevoli. Il carrettiere Hans Feer riparte invece a mani vuote. Malgrado contesti di aver deriso i morti zurighesi, le autorità della città protestante ritengono che abbia provocato i giovani e che è dunque corresponsabile della loro furia iconoclasta.
Traduzione dal tedesco: Stefania Summermatter
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