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La cittadinanza femminile entra nelle scuole

RDB

A quasi 40 anni dall'introduzione del voto delle donne, la politica resta in buona parte un affare da uomini. In Ticino, la lunga strada per la parità passa ora anche dalle scuole, grazie a un programma di educazione alla cittadinanza.

Era il 1969 quando le donne ticinesi ottennero il diritto di voto e di eleggibilità. Preceduto soltanto da altri quattro cantoni, e con due anni di vantaggio dal voto nazionale, il Ticino segnò un primo importante passo verso la parità tra i sessi.

L’esito delle urne, con il 63% dei voti favorevoli, fu però soltanto l’apice di una lunga battaglia. Già nel 1919, le donne ottennero il diritto di voto nell’Assemblea patriziale, una prima assoluta in Svizzera. «Il Ticino è stato piuttosto innovativo, grazie al lavoro di sensibilizzazione di donne e uomini coraggiosi, al di là delle divisioni politiche», spiega la storica Susanna Castelletti. «La forte emigrazione maschile ha portato le donne ad assumere – anche se in modo silenzioso e discreto – gran parte dei ruoli tradizionalmente affidati agli uomini. E questo ha facilitato senza dubbio una presa di coscienza collettiva e una maggiore partecipazione da parte delle donne».

Ci vollero però più di 50 anni e una votazione fallimentare prima di raggiungere l’obiettivo sul piano federale, in imbarazzante ritardo rispetto ad altri paesi europei. Nel 1984 fu eletta la prima donna in Consiglio federale – Elisabeth Kopp – e da allora soltanto altre cinque ministre hanno varcato la porta di Palazzo federale. Oggi la Svizzera conta ben tre donne in governo e una cancelliera federale, ma con una proporzione del 28,5% di deputate nel Consiglio nazionale la politica federale resta soprattutto un affare da uomini.

Se la parità nel Parlamento svizzero appare ancora lontana, anche in quello ticinese la situazione non è delle più rosee. Paradossalmente, infatti, questo cantone all’avanguardia è rimasto fermo ai blocchi di partenza, «con 11 deputate in Parlamento nel 1971 e 11 su 90 nel 2007, la percentuale più esigua di tutto il paese», spiega il politologo Oscar Mazzoleni.

Dalla candidatura all’elezione, il passo è lungo

A quasi quarant’anni dall’introduzione del diritto di voto alle donne, il cammino verso l’uguaglianza politica è ancora lungo e tortuoso. «Anche se negli ultimi anni si sono moltiplicate le candidature femminili ai diversi livelli politici, le donne continuano ad avere minore visibilità», precisa Susanna Castelletti. «Spesso i partiti non garantiscono alle donne lo stesso tipo di sostegno e la loro presenza sulle liste non è che un alibi per raccogliere consensi, sposando almeno superficialmente la causa femminile».

Capita poi che siano le stesse donne a rinunciare a questa sfida civica, per timore di non essere all’altezza o semplicemente perché il modo in cui gli uomini hanno definito finora la politica non sembra convincerle.

A pesare, infine, è il fattore “tempo” e quella ripartizione dei compiti in famiglia che continua a ricalcare i modelli tradizionali. «Come possiamo chiedere a una donna di lavorare, occuparsi dei propri figli, della casa e magari di trascorre l’unica sera libera ad una riunione politica?», si chiede Pepita Vera Conforti, presidentessa della Commissione per la condizione femminile nel canton Ticino. «È una questione di mentalità: la società continua a chiedere molto – forse troppo – alle donne, e noi siamo fin troppo esigenti con noi stesse».

Votare, un’abitudine che diventa senso del dovere

Se le elezioni del Parlamento sono declinate soprattutto al maschile, lo stesso non si può dire per la partecipazione al voto dei cittadini . Lo confermano i dati raccolti nei diversi comuni del canton Ticino, uno dei pochi in Svizzera a disporre di statistiche simili. «Anche se permane una differenza nella partecipazione al voto tra i due sessi, questa si stempera nelle fasce giovanili, soprattutto tra i 20 e i 30 anni», spiega Oscar Mazzoleni.

«Le donne più anziane sono meno propense a recarsi alle urne, proprio perché da giovani non potevano farlo», continua il politologo. «Questo lascia intendere che la pratica del voto è un apprendimento efficace e durevole se acquisito da giovane. Il voto non è soltanto un diritto, ma una pratica che col tempo diventa consuetudine, senso del dovere». Per questo, aggiunge poi Susanna Castelletti, uno dei compiti fondamentali della scuola è di formare i nuovi cittadini, ossia quelle persone che in futuro saranno chiamate a partecipare attivamente alla vita politica».

Educare oggi per cambiare il mondo di domani

A 40 anni dal voto delle donne in Ticino, il Dipartimento dell’educazione – su proposta della Commissione per la condizione femminile – ha deciso di mettere a disposizione dei docenti delle scuole medie e professionali una ricca documentazione didattica per sensibilizzare i ragazzi sul significato storico, sociale e culturale di questa fondamentale conquista civica. «Molti giovani danno per scontato che donne e uomini debbano avere gli stessi diritti, senza rendersi davvero conto di quanto la battaglia per l’uguaglianza sia stata difficile e densa di significato», dice Pepita Vera Conforti.

Se il principio della parità è unanimemente accettato dai giovani, gli stereotipi sono però duri a morire. «Queste schede didattiche serviranno da spunto ai docenti per affrontare la questione della parità tra uomo e donna non solo nella politica, ma anche sul posto di lavoro e in famiglia», conclude Susanna Castelletti. E non si sa mai che un giorno attività come queste possano finalmente spezzare la spirale infinita dei ruoli convenzionali che ancora oggi imprigionano la donna in vesti che non sempre si è scelta.

Stefania Summermatter, swissinfo.ch

1 febbraio 1959: con il 67% di voti contrari, il diritto di voto alle donne viene affossato in una consultazione popolare. Nei piccoli cantoni della Svizzera centrale e orientale, i “no” raggiungono in media l’80%. Il picco assoluto spetta ad Appenzello Interno con il 95% di schede contrarie. L’oggetto viene accolto solo in tre Cantoni romandi: Vaud (51%), Ginevra (60%) e Neuchâtel (52%).

7 febbraio 1971: con il 66% di voti favorevoli, il popolo, o meglio gli uomini svizzeri concedono il diritto di voto e di eleggibilità alle donne. Favorevoli: 15 Cantoni e un semicantone; contrari: 6 Cantoni e un semicantone della Svizzera centrale e orientale.

La Svizzera è stato uno degli ultimi Paesi europei ad aver concesso i diritti politici alle donne, ma il primo ad averlo fatto tramite una votazione popolare.

Ciò nonostante, dovranno trascorrere altri 20 anni prima che il diritto di voto alle donne diventi una realtà in tutti i Cantoni. Appenzello Interno lo introdurrà solo nel 1990 in seguito a una sentenza del Tribunale federale e contro la volontà della maggioranza dei votanti, rigorosamente di sesso maschile.

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