La Fata verde cerca protezione
L'assenzio dovrebbe essere tutelato dall'indicazione geografica protetta (IGP). È quanto chiedono i produttori della Val-de-Travers, la valle del canton Neuchâtel culla della bevanda. Le opposizioni sono però molte e la battaglia rischia di essere lunga e difficile.
Un bicchiere d’assenzio, non c’è niente di più poetico al mondo. Che differenza c’è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto?
Oscar Wilde aveva ragione. Basta osservare l’acqua ghiacciata che goccia a goccia scioglie lo zucchero sul cucchiaio e diluisce il distillato dalle tonalità bluastre contenuto nel calice, fino a farlo diventare di colore bianco torpido. L’assenzio ha un non so che di incantato.
Ed è forse proprio per questa sua caratteristica che durante la seconda metà del XIX secolo il distillato è diventato la bevanda preferita di molti artisti famosi: Rimbaud, Verlaine, Gauguin, Toulouse Lautrec, Manet, Baudelaire…
Un liquore mitico e maledetto
Nei caffè di Montmartre, l’assenzio colava a fiotti. Fino a quando fu messo al bando in numerosi paesi. In Svizzera il divieto fu iscritto nella Costituzione dal 1908; in Francia nel 1915. Il liquore non era solo considerato poetico, ma anche e soprattutto maledetto.
Oltre a supposte proprietà allucinogene (sembra che l’epiteto Fata verde sia dovuto proprio ad Oscar Wilde), il distillato era considerato come altamente pericoloso e causa di numerose malattie.
La qualità non era sempre delle migliori e all’epoca la gradazione raggiungeva spesso i 70°. Le ragioni di questo divieto vanno però anche ricercate altrove. “A far pressione per vietare l’assenzio, sono state soprattutto le potenti lobby dei viticoltori e dei birrai”, ci spiega Yves Kübler, titolare della più importante distilleria della Val-de-Travers. “All’epoca, l’assenzio era meno caro rispetto alla birra e al vino e quindi rappresentava una concorrenza sgradita. Inoltre a causa della crisi economica di fine ‘800 erano aumentati i problemi d’alcolismo e a farne le spese è stato questo liquore”.
In Svizzera il divieto è stato abrogato nel 2005. Dopo quasi un secolo ci si era finalmente resi conto che l’assenzio non era più pericoloso di un’altra bevanda superalcolica.
Il tujone – una molecola presente nella pianta di Artemisia absinthium, la principale erba che con l’anice e il finocchio entra nella composizione dell’assenzio – può effettivamente avere effetti devastanti sul sistema nervoso. Prima che ciò avvenga, però, bisognerebbe ingurgitare quantità industriali di assenzio. “È stato calcolato che bisognerebbe bere circa un’ottantina di bicchieri al giorno. Inutile precisare che l’alcol causerebbe danni più gravi ben prima”, sottolinea Yves Kübler.
Con un alambicco nel sangue
Malgrado il divieto quasi secolare, nella Val-de-Travers il savoir-faire non è mai andato perso. La bevanda, del resto, è nata qui. Il ‘padre’ fu Daniel Henri Dubied che nel 1797, assieme al genero Henri Louis Pernod, aprì a Couvet la prima distilleria d’assenzio. La storia narra che la ricetta gli fu trasmessa da una guaritrice. Fu poi lo stesso Pernod a conquistare il mercato francese, aprendo nel 1805 una distilleria a Pontarlier, a qualche passo dal confine con la Svizzera.
La messa al bando non impedì ai numerosi distillatori della Val-de-Travers di continuare ad utilizzare i loro alambicchi. Bastava farlo con discrezione. Nella valle nessuno si sarebbe sognato di denunciarli alle autorità.
Yves Kübler gli alambicchi li ha nel suo DNA. Quasi 150 anni fa, nel 1863, uno dei suoi avi creò una distilleria a Travers. Nel 1990 ha ripreso in mano le redini della ditta, che aveva cessato le attività nel 1962. “Quando mio nonno ha smesso, nessuno dei suoi figli ha voluto continuare con la distilleria. A trasmettermi questa passione è stata mia madre e a 15 anni ho comperato il mio primo alambicco con un compagno di scuola “.
Una passione che, grazie anche alla legalizzazione della ‘Bleue’, uno degli altri soprannomi del liquore, si è trasformata in un lavoro a tempo pieno. Le bottiglie di assenzio Kübler oggi sono vendute un po’ dappertutto. Grazie alla sua perseveranza, il distillatore di Môtiers è stato tra i primi a penetrare sul mercato americano, dove il mito dell’assenzio è più presente che mai tra il popolo della notte, anche grazie a personaggi come Johnny Deep o Marylin Manson.
Un marchio per proteggere una tradizione
Questo mito rischia però di essere fortemente intaccato a causa di quanto viene prodotto in paesi che non hanno nessuna tradizione, sottolinea Yves Kübler. “Oggi con la denominazione assenzio si vende un po’ di tutto. Vi sono dei produttori che utilizzano oli essenziali e non le erbe, altri che non lo distillano ma lo fanno semplicemente macerare. Sono imbevibili. Se un consumatore prova uno di questi ‘assenzi’, sicuramente non si azzarderà più a provarne un secondo”.
Questa situazione ha spinto i membri dell’Associazione interprofessionale dell’assenzio a inoltrare la domanda all’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG) per ottenere l’indicazione geografica protetta (IGP). “In sostanza quello che chiediamo è che le denominazioni ‘assenzio’, ‘fata verde’ e ‘bleue’ siano riservate al prodotto distillato nella Val-de-Travers. Vogliamo salvaguardare la tradizione e naturalmente anche favorire lo sviluppo economico di questa regione”, spiega il presidente dell’associazione Thierry Béguin.
Il termine per inoltrare delle opposizioni è scaduto a fine giugno e l’UFAG ne ha ricevuto diverse, non solo dalla Svizzera, ma anche dalla Francia e dalla Germania. Tra Unione Europea e Svizzera, attualmente non vi è un riconoscimento automatico dei marchi IGP e DOC . In altre parole, un produttore francese potrebbe continuare a vendere i suoi liquori in Europa con il nome assenzio. La situazione potrebbe però cambiare: “Il dossier dei marchi è oggetto di negoziazione tra Svizzera e UE; se verrà trovata una soluzione, l’UE in futuro dovrebbe riconoscere questa protezione anche per i prodotti DOC e IGP svizzeri. Le opposizioni provenienti dalla Francia e dalla Germania sono quindi preventive”, osserva Béguin.
Una battaglia che si annuncia difficile
La battaglia potrebbe risolversi solo al Tribunale federale (la massima istanza giudiziaria svizzera) e si annuncia lunga e difficile. Anche perché tra gli oppositori vi è il gruppo francese Pernod-Ricard (l’azienda fondata da Henri-Louis Pernod nel 1805 si è fusa nel 1975 con la Ricard), uno dei colossi del settore. I circa 20 produttori della Val-de-Travers, insomma, potrebbero pesare ben poco.
“Il dossier che abbiamo preparato è solido e mostra senza ombra di dubbio che la nostra valle è la culla dell’assenzio – dichiara Thierry Béguin. La giustizia, però, non è una scienza esatta. Inoltre vi potrebbero essere anche delle influenze politiche. Ad esempio, se il ministero dell’agricoltura francese, su spinta del gruppo Pernod-Ricard, iniziasse a fare pressione…”.
Gli abitanti della Val-de-Travers non sono comunque persone che si lasciano scoraggiare facilmente. Per quasi un secolo nessun divieto ha impedito loro di perpetuare la tradizione della distillazione della ‘bleue’. E non vi è dubbio che sapranno farlo ancora a lungo. Con o senza IGP.
Daniele Mariani, swissinfo.ch
L’assenzio viene prodotto facendo macerare per qualche ora dell’alcol a 95° con acqua e diverse erbe. In particolare sono utilizzati semi di anice, di finocchio e naturalmente la pianta d’assenzio (Artemisia absinthium). Per il liquore distillato nella Val-de-Travers vengono impiegate solo piante d’assenzio coltivate nella regione. Anice e finocchio sono invece importati, poiché il clima non permette la loro coltivazione.
Ogni produttore aggiunge inoltre altre erbe in quantità minori e secondo la sua propria ricetta. Vengono utilizzate, ad esempio, isoppo, melissa, menta, coriandolo…
Dopo il processo di macerazione, inizia la distillazione vera e propria. L’alcolico così ottenuto (con una gradazione di circa 80°) viene trasferito in un tino, dove viene effettuata la riduzione alcolica, aggiungendo acqua distillata. L’assenzio prodotto da Yves Kübler, ad esempio, ha una gradazione di 53°.
Tra la distillazione e l’imbottigliamento trascorrono circa due settimane. Una volta in bottiglia, il liquore può essere lasciato riposare per due o tre mesi prima di essere bevuto. Il suo gusto sarà migliore.
Rispetto ad altre bevande, l’assenzio ha un mercato di nicchia. Nel mondo sono vendute circa 3,2 milioni di bottiglie all’anno, la metà delle quali negli Stati Uniti, dove una bottiglia è venduta a una cinquantina di dollari, stando al quotidiano francese Libération.
Dal 2004 al 2009 è stata registrata una forte crescita, con un aumento del 25% all’anno.
Il peso massimo del settore è il gruppo Pernod-Ricard, che produce il suo liquore a Marsiglia. In Francia la produzione d’assenzio è autorizzata dal 2001. Sull’etichetta, però, non deve figurare la denominazione ‘assenzio’, bensì ‘estratto d’assenzio’ o ‘alcolico a base di piante d’assenzio’.
Nel 2008 i distillatori svizzeri hanno dal canto loro esportato 824 ettolitri, mentre nel 2009 a causa della crisi economica solo 110 ettolitri.
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