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La mafia calabrese, così moderna, così tradizionale

L'arresto del capocosca Francesco Vottari nell'ottobre 2007; negli ultimi anni la polizia italiana ha inferto duri colpi alla criminalità organizzata Reuters

La ‘Ndrangheta è diventata l’organizzazione criminale italiana più potente, grazie al traffico di cocaina e alla capacità di sfruttare le opportunità della globalizzazione. Intervista all’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia italiana Francesco Forgione.

Se da qualche anno la ‘Ndrangheta si trova sotto la luce dei riflettori è anche merito suo. Grazie ai lavori della Commissione parlamentare antimafia della XV Legislatura (aprile 2006-aprile 2008) da lui presieduta, l’Europa ha dovuto farsi all’idea che il fenomeno ‘Ndrangheta non riguarda più solo l’Italia.

Nel libro Mafia Export. Come ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra hanno colonizzato il mondo, pubblicato nel 2009, Francesco Forgione traccia un quadro assai preoccupante. Le mafie italiane – e la ‘Ndrangheta in particolare – ormai si muovono a loro agio ai quattro angoli del pianeta, gestiscono traffici e capitali colossali, che incancreniscono l’economia.

Per l’ex deputato di Rifondazione Comunista, i paesi europei e la Svizzera dovrebbero cominciare a riflettere seriamente sull’unificazione delle norme antimafia e sull’introduzione di misure incisive per il sequestro e la confisca dei beni.

swissinfo.ch: Come ha fatto la ‘Ndrangheta a diventare così forte, tanto da scalzare dalla lista delle organizzazioni criminali più potenti Cosa Nostra e Camorra?

Francesco Forgione: Ha sfruttato due sue caratteristiche. Da un lato si è appoggiata sulla grande emigrazione calabrese nel mondo. Ha trasformato questa emigrazione in una vera e propria colonizzazione dei territori. A differenza di altre organizzazioni, quando i calabresi della ‘Ndrangheta arrivano in un posto, non si preoccupano solo di fare riciclaggio, ma insediano le loro strutture, le cosiddette ‘ndrine, costituendo dei nuclei organizzati che strategicamente rispondono comunque sempre alla Calabria.

La seconda caratteristica è la capacità che ha avuto la ‘Ndrangheta di vivere inabissata. Non ha mai sfidato lo Stato italiano, non ha mai fatto stragi come i siciliani con Falcone e Borsellino (i giudici antimafia assassinati con la loro scorta nel 1992, ndr), non ha mai ammazzato politici importanti. Le classi dirigenti e il mondo dell’informazione hanno anche la loro parte di responsabilità, perché non l’hanno mai voluta vedere.

Tutto ciò ha consentito alla ‘Ndrangheta di accumulare capitali, di aumentare la sua forza senza essere sostanzialmente contrastata e di cogliere – a differenza di Cosa Nostra, impegnata prima nella guerra interna tra Corleonesi e vecchia mafia, poi nella stagione delle stragi – le opportunità offerte dalla globalizzazione.

swissinfo.ch: Quali?

F.F.: Almeno due. La prima è stata la possibilità di muovere capitali da una parte all’altra del mondo in tempo reale senza controlli. La seconda è stata il passaggio dal mercato dell’eroina, che per decenni era stato un’esclusiva dei siciliani, a quello della cocaina. Questo cambiamento ha trovato i siciliani impreparati e ha visto invece la ‘Ndrangheta proporsi come il grande broker internazionale, soprattutto nei traffici tra Sudamerica ed Europa.

La ‘Ndrangheta ha così potuto acquisire una grande potenza, non solo sul piano criminale ma anche su quello economico e finanziario. Per questo oggi tutti considerano che la ‘Ndrangheta sia più pericolosa rispetto alle altre due organizzazioni.

swissinfo.ch: Comunque, malgrado questa sua capacità di vivere nascosta, da alcuni anni i riflettori sono puntati proprio sulla ‘Ndrangheta. Cos’è successo?

F.F.: La ‘Ndrangheta ha commesso il più grande errore che poteva commettere, ovvero la strage di Duisburg (sei calabresi uccisi nella città tedesca nell’agosto 2007, ndr). Gli occhi dell’Europa e di parte del mondo si sono così fissati su una mafia che fino a quel momento aveva appunto vissuto inabissata.

A ciò si aggiungono i lavori della Commissione parlamentare antimafia da me presieduta, che per la prima volta della sua storia – esiste dal 1964 – ha pubblicato nel 2008 un rapporto dedicato esclusivamente alla ‘Ndrangheta. Subito dopo, il Dipartimento del tesoro statunitense ha inserito la ‘Ndrangheta nella lista nera delle principali organizzazioni criminali mondiali. Tutto ciò ha fatto sì che ad interessarsi della ‘Ndrangheta non siano più stati solo gli apparati investigativi ma anche le istituzioni e l’opinione pubblica.

swissinfo.ch: Una cosa che stupisce della ‘Ndrangheta è questo suo essere estremamente moderno, questa sua capacità di muoversi senza problemi nel mondo globalizzato e la permanenza al suo interno di riti quasi ancestrali…

F.F.: Credo che sia l’elemento vero della sua forza. Questa sua forte dimensione identitaria, coi sui riti, il rapporto osmotico con la religione, il senso d’appartenenza, le permette di costruire sempre attorno a sé la forza dell’omertà. Nello stesso tempo, ha una grande capacità imprenditoriale, sa utilizzare tutte le opportunità della globalizzazione attraverso una borghesia che si è relazionata non semplicisticamente con la ‘Ndrangheta, ma con la forza economica di questa organizzazione.

swissinfo.ch: Come sono utilizzati la Svizzera e gli altri paesi europei? Sono piuttosto delle basi per riciclare il denaro o anche dei territori dove impiantare traffici illegali?

F.F.: Per entrambe le cose. Rispetto agli altri paesi europei, la Svizzera ha un problema in più, oltre alle ragioni finanziarie ben note dovute al suo sistema bancario. La Svizzera confina con la Lombardia, regione dove la ‘Ndrangheta ha una forma di controllo del territorio che, secondo i magistrati di Milano, è pari a quella calabrese. Si è arrivati a un punto tale che, come i loro omologhi calabresi, anche gli imprenditori taglieggiati in Lombardia si rifiutano di denunciare o anche di testimoniare.

Per diversi anni in Svizzera e in Europa è prevalsa l’idea che quando arrivano i soldi dei mafiosi, non arrivano i mafiosi. È invece vero il contrario. Le mafie alterano il territorio e colpiscono il rapporto di trasparenza tra l’economia, il sistema delle imprese e quello creditizio.

swissinfo.ch: Ci sono dei rischi di violenza anche in Svizzera?

F.F. Non penso siano così stupidi. La principale violenza è quella che esercitano coi loro capitali sulla trasparenza dell’economia. Non credo che la strage di Duisburg sia riproducibile. Ha fatto troppi danni e ne sono pienamente consapevoli.

swissinfo.ch: A livello giuridico, cosa dovrebbero fare la Svizzera e i paesi europei per lottare più efficacemente contro le mafie?

F.F.: Bisogna compiere degli sforzi per unificare la legislazione antimafia, quindi estendere il reato di associazione mafiosa a tutti gli ordinamenti europei.

Si devono anche mettere a punto delle misure di sequestro e confisca dei beni, come succede in Italia. È necessario che vi sia una riconoscenza reciproca di questi procedimenti. Il tema delle mafie va affrontato se non su scala globale almeno su scala europea.

Nella sua relazione del 2008, la Commissione parlamentare antimafia italiana equipara la ‘Ndrangheta a «una struttura tentacolare priva di direzione strategica, ma caratterizzata da una sorta di intelligenza organica, simile a quella di Al Qaida».

Gli inquirenti concordano nell’affermare che le indagini contro la ‘Ndrangheta sono tra le più difficili. I forti legami famigliari che ancora prevalgono all’interno di questa organizzazione, rafforzati da tutta una serie di riti, rendono molto complicate le operazioni di infiltrazione. Inoltre è molto difficile trovare dei pentiti.

Nel 2007 (ultime cifre di cui siamo riusciti a ritrovare traccia) i collaboratori di giustizia di cui si occupava il Servizio centrale di protezione del ministero dell’Interno italiano erano 785, di cui 268 camorristi, 230 mafiosi, 101 ‘ndranghetisti, 85 uomini della Sacra Corona Unita (mafia pugliese) e 101 appartenenti ad altri ambiti criminali.

Nel 2010, stando al Rapporto della Direzione investigativa antimafia, in Italia sono stati commessi 29 omicidi riconducibili alla ‘Ndrangheta, 20 alla Camorra, 15 alla Sacra Corona Unita e 8 a Cosa Nostra.

In uno studio pubblicato nel 2008, l’istituto di ricerca Eurispes, uno dei più importanti in Italia, ha stimato in circa 44 miliardi di euro il giro d’affari della ‘Ndrangheta. Questa somma è pari al 3% circa del prodotto interno lordo italiano e colloca la ‘Ndrangheta al livello di multinazionali come Renault, Novartis o Nokia.

Quasi due terzi del suo fatturato proviene dal traffico di droga (27 miliardi), il resto da appalti pubblici, prostituzione, estorsione e traffico d’armi.

Il fatturato di tutte le quattro principali organizzazioni criminali italiane (Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita) è invece stimato in 130 miliardi di euro.

Nato nel 1960 a Catanzaro, Francesco Forgione è stato caporedattore e direttore del quotidiano Liberazione e ha militato nelle file di Rifondazione Comunista, partito con il quale è stato eletto nel 2006 alla Camera dei deputati. Durante la XV Legislatura (2006-2008) ha presieduto la Commissione parlamentare antimafia.

Recentemente ha aderito a Sinistra Ecologia e Libertà.

Forgione ha scritto diversi libri sulla criminalità organizzata italiana, tra cui Oltre la Cupola, massoneria, mafia e politica (1994), ‘Ndrangheta. Boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo (2008) e Mafia Export. Come ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra hanno colonizzato il mondo.

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