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La malattia ti rende la vita impossibile? Parliamone!

Mentre i genitori parlano di HIV, i bambini si ritrovano per cantare e giocare. swissinfo.ch

Il miglior modo per lottare contro l'HIV è discuterne. Insieme e senza vergogna. Ne è convinta l'associazione svizzera François-Xavier Bagnoud, che ha creato gruppi di auto aiuto per assistere i sieropositivi in Myanmar. swissinfo.ch si è recato a uno di questi incontri.

Sul pavimento della modesta abitazione di Ma San San si trova a malapena un posto a sedere. Una quindicina di persone, per lo più donne, si sono accomodate attorno al palo di legno che sorregge il tetto. In silenzio, attendono l’inizio di questo momento particolare.

Per Ma San San, signora sulla quarantina, e i suoi ospiti, la domenica è il giorno della settimana più importante. Possono esprimersi del problema che li accomuna: l’HIV.

«Lo scopo di questi incontri è discutere dei problemi legati alla salute e imparare a convivere con la malattia», afferma a swissinfo.ch Kathy Shein, responsabile in Myanmar dell’associazione con sede a Ginevra François-Xavier Bagnoud (FXB). «In Myanmar nessuno parla del sesso. Lo si fa e basta. Chi scopre di essere sieropositivo preferisce non dire nulla e soffrire in silenzio. Per questa ragione abbiamo creato dei luoghi d’incontro destinati a coloro che non sanno cosa fare».

AIDS? Mai sentito parlare

In Myanmar dal 1992, l’ong elvetica è stata la prima ad affrontare il tema dell’AIDS nell’ex colonia inglese. «Quando siamo arrivati, i generali non conoscevano nulla sull’AIDS», ha detto la fondatrice di FXB Albina du Boisrouvray al britannico The Observer.

Dopo un primo programma di riabilitazione indirizzato ad alcune ragazze costrette a lavorare nei bordelli a cavallo della frontiera thailandese, l’azione di FXB si è estesa a tutte le persone sieropositive. Oggigiorno sono migliaia le prostitute, gli omosessuali, gli orfani e gli adulti a beneficiare dei trattamenti antiretrovirali e delle consulenze offerti da FXB.

Tra i progetti più efficaci vi sono i gruppi di auto aiuto, come quello gestito da Ma San San. «All’inizio ci ritrovavamo nei locali di FXB nel centro città. I partecipanti erano sempre più numerosi. Per molte persone non era però semplice recarsi sul posto siccome non avevano soldi per il trasporto», spiega Kathy Shein.

Terminata la formazione organizzata da FXB, Ma San San ha così creato il suo gruppo nella periferia di Yangon. «Quando abbiamo cominciato nel 2009 eravamo una decina. Ora siamo più di 50», dice. In tutto il paese, sono oltre 5’000 le persone che partecipano a questo programma.

Catastrofe evitata per un pelo

In Myanmar, le persone sieropositive sono circa 216’000, secondo le stime di fine 2011 del Programma delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS (UNAIDS). Una cifra tutto sommato contenuta, se si pensa che nella vicina Thailandia – la quale conta una popolazione simile – i sieropositivi sono oltre mezzo milione.

Tuttavia, la situazione in Myanmar è preoccupante, avverte l’organizzazione non governativa Medici Senza Frontiere (MSF). Solamente un terzo delle persone che hanno bisogno di un trattamento ha accesso ai medicamenti. Inoltre, la prevalenza della tubercolosi (prima causa di decesso tra i sieropositivi) è quasi tre volte superiore alla media mondiale e il Myanmar è tra i paesi con il più alto tasso di tubercolosi multi resistente, aggiunge MSF.

In un rapporto pubblicato nel mese di marzo, MSF ha sottolineato «l’effetto devastante» dell’annullamento di un ciclo completo di finanziamenti del Global Fund. Il Fondo globale per la lotta all’HIV/AIDS, alla tubercolosi e alla malaria, creato nel 2002, è tra gli strumenti finanziari più importanti per facilitare l’accesso alle cure nei paesi in via di sviluppo.

L’11. round del fondo avrebbe consentito a 46’500 pazienti supplementari di iniziare un trattamento antiretrovirale in Myanmar, indica MSF. L’ong, principale fornitrice di cure contro l’HIV/AIDS nel paese asiatico, è così stata costretta a fare «la scelta impossibile» di assistere soltanto i malati più gravi.

La recente decisione dei paesi donatori di partecipare più attivamente al Transitional Funding Mechanism (che sostituisce parzialmente l’11. round del fondo), ha permesso di evitare per un pelo la catastrofe, indica a swissinfo.ch François Verhoustraeten, responsabile dei programmi di MSF Svizzera.

«Ciononostante – sottolinea – la crisi economica mondiale sta congelando considerevolmente gli impegni dei paesi donatori. C’è inoltre un “affaticamento” generale attorno alla problematica dell’HIV/AIDS. Ciò è deplorevole, siccome è dimostrato che le triterapie possono non solo migliorare lo stato di salute, ma pure ridurre la trasmissione del virus».

Incontri meno “nervosi”

Nella capanna di Ma San San, al contrario, nessuno è “stanco” di parlare della malattia. Preferiscono però farlo tra loro, evitando di affrontare un tema sensibile, e personale, con uno sconosciuto (in questo caso il giornalista). Una scelta comprensibile, che ovviamente rispettiamo.

Programma del pomeriggio è una discussione su cosa deve, e non deve fare, una persona sieropositiva. Si affrontano questioni legate all’igiene, alle cure mediche, alla corretta alimentazione e alla vita sessuale, ci dice Kathy Shein. «Chi si guadagna da vivere tirando un risciò o lavorando in fabbrica deve ad esempio sapere che gli sforzi eccessivi vanno evitati».

Il lavoro è tra gli aspetti più importanti per chi ha contratto il virus. È infatti in ambito professionale che le discriminazioni rischiano di avere le conseguenze più pesanti. «Se il datore di lavoro scopre che sei sieropositivo, vieni licenziato. Grazie anche alle nostre campagne di sensibilizzazione, alcuni dirigenti hanno comunque cambiato atteggiamento. La persona malata non viene più allontanata, ma assegnata a un’altra funzione, più adatta alle sue condizioni di salute», afferma la responsabile locale di FXB.

Parlare della malattia, prosegue Kathy Shein, è positivo anche per i figli. «I genitori hanno più fiducia nel futuro. Sono quindi più propensi a mandare i figli a scuola». Alcuni bambini, come la figlia quattordicenne di Ma San San, hanno avuto la possibilità di seguire una formazione professionale al centro di FXB. «Sono fortunata: lei non è sieropositiva», ci dice la padrona di casa.

Al termine dell’incontro, ogni partecipante riceve delle vitamine, una banana, una bibita e ovviamente dei preservativi. Prima di congedarci, Kathy Shein confida uno dei “segreti” alla base del successo dei gruppi di auto aiuto. «Fino a un paio di anni fa, questi ritrovi erano vissuti con un certo nervosismo. Il regime militare vietava infatti ogni assembramento di oltre cinque persone. Oggi, invece, nessuno teme più di farsi arrestare».

In futuro, FXB e le altre associazioni che si occupano di AIDS potranno contare anche sulla figura di Aung San Suu Kyi. Alcuni giorni fa, la leader dell’opposizione in Myanmar ha infatti accettato di diventare l’ambasciatrice di UNAIDS. Il suo obiettivo: eliminare la stigmatizzazione e la discriminazione.

Persone sieropositive nel mondo

 

2001: 28,9 milioni

2006: 31,7 milioni

2011: 34,2 milioni

Oltre il 65% di loro vive nell’Africa subsahariana.

Nuove infezioni di HIV

 

2001: 3,2 milioni

2006: 2,9 milioni

2011: 2,5 milioni

Russia, Europa centrale e Asia centrale sono le regioni che presentano il tasso di progressione più marcato.

Decessi per AIDS

 

2001: 1,9 milioni

2006: 2,3 milioni

2011: 1,7 milioni

Negli ultimi sei anni, il numero di decessi in Africa si è ridotto di un terzo.

Persone che beneficiano di un trattamento nei paesi a reddito basso e medio

 

2003: 400’000

2011: 8 milioni

Negli ultimi due anni, il numero di persone che ha accesso a una terapia antiretrovirale è aumentato del 60%.

(fonte: UNAIDS)

Nella strategia adottata nel 2010, il Programma ONU sull’HIV/AIDS (UNAIDS) si è fissato una serie di obiettivi da raggiungere entro il 2015. Tra questi:

– Fornire un trattamento antiretrovirale a 15 milioni di persone.

– Ridurre la trasmissione sessuale dell’HIV del 50%.

– Ridurre la trasmissione dell’HIV tra i tossicodipendenti del 50%.

– Eliminare le nuove infezioni di HIV tra i bambini.

– Ridurre i decessi dovuti a tubercolosi tra i sieropositivi del 50%.

– Raggiungere un investimento mondiale annuale di 22-24 miliardi di dollari per lottare contro l’HIV/AIDS nei paesi a reddito basso e medio.

– Eliminare la stigmatizzazione e la discriminazione delle persone sieropositive.

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